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lunedì 11 novembre 2024

I FUCILIERI DELLE ARGONNE

1575_I FUCILIERI DELLE ARGONNE (The Fighting 69th). Stati Uniti, 1940; Regia di William Keighley

Cosa ci fa un gangster alla Prima Guerra Mondiale? James Cagney nel ruolo di Jerry Plunkett in I fucilieri delle Argonne ne dà un esauriente saggio. Il film di William Keighley, come altri film americani inerenti alla Grande Guerra, è diviso in due parti: l’addestramento e il fronte. Per gli americani sembra sempre importante sottolineare, anche narrativamente, con un preambolo in cui si evidenzi in modo chiaro come la guerra sia già in corso, che il loro intervento avvenga solo in un secondo momento. Quasi un modo un po’ infantile per dire non abbiamo cominciato noi. In ogni caso questa tipica struttura narrativa permette a Cagney di sviluppare in modo completo la personalità di Plunkett, vero mattatore dell’opera. Ad onor di cronaca il film è un omaggio a due figure storiche della Prima Guerra Mondiale a stelle e strisce: la dedica esplicita è per padre Duffy (Pat O’Brien), il cappellano, ma un posto di rilievo nell’opera ce l’ha anche Wild Bill Donovan (George Brent), il comandante del 69° reggimento. Il titolo originale è, in effetti, The Fighting 69th e c’è una certa attenzione, specie nella fasi di addestramento, per l’indole un po’ esuberante di questo corpo d’armata composto in gran parte da newyorkesi di origine irlandese. Tuttavia Plunkett, che è invece un personaggio di fantasia, è usato dal regista come sorta di testa d’ariete per dimostrare come i temperamenti più insubordinati possano alfine essere sempre ricondotti nella giusta direzione. Un messaggio di matrice cattolica, di qui l’importanza del cappellano, assai utile in un 1940 dove, in America, c’era bisogno della massima adesione allo sforzo bellico allora in corso. Il personaggio di Cagney è quindi il simbolo dei litigiosi ma combattivi soldati del 69° e l’attore, chiamato a recitare un suo classico ruolo fuori contesto, da grande interprete qual è, non si lascia certo sfuggire l’occasione. Il suo Plunkett comincia subito a piantar grane e viene presto preso di mira dal sergente istruttore Big Mike Wynn (Alan Hale) tanto che la loro diatriba sarà costante per tutto il lungometraggio. Il ruolo previsto per Cagney gli consente di recitare perennemente sopra le righe e questo, oltre a riuscirgli benissimo, tiene vivace il ritmo della pellicola anche durante l’addestramento. In questa fase Keighley, anche perché, come accennato, il film esce in piena Seconda Guerra Mondiale, ricorre spesso ad un certo retorico patriottismo, per altro nemmeno troppo fastidioso perché concretizzato prevalentemente nelle parate a suon di marce militari anche godibili, in particolare Garry Owen e I wish i was in Dixie Land. I due pezzi musicali erano stati rispettivamente tra i principali inni militari di nordisti e sudisti nella tutto sommato neppure troppo lontana Guerra Civile Americana. In effetti il reggimento agli ordini di Wild Bill Donovan vedrà confluire reparti da New York e dall’Alabama, quasi a sancire la definitiva unione del paese a fronte di una causa comune. Un’unione battezzata da una mega rissa appena le reclute vengono a contatto e si rammentano le ruggini della Guerra Civile, dove i sudisti dell’Alabama misero in fuga i nordisti di New York. Arrivati al fronte questi aspetti vengono presto dimenticati: gli americani non sono preparati alla realtà della Grande Guerra e si trovano di fronte ad una situazione tragica. Il primo a cedere è proprio il più spaccone: Plunkett combina subito un disastro, causando la morte di alcuni commilitoni e nascondendosi vigliaccamente nel momento cruciale. Padre Duffy cerca di sostenerlo ma per Plunkett è difficile ravvedersi, dopo una vita a fare lo sbruffone senza mai essere stato messo veramente alla prova. Il fronte è per lui un’esperienza insostenibile e si copre ancora di atti vili, con altri compagni morti a suo carico: insomma, non sembra esserci per lui nessuna via di uscita. Poi, mentre infuria una furibonda battaglia, il suo storico nemico, il sergente Big Mike Wynn, è colpito al braccio e non può più azionare il mortaio. Qualcosa scatta nella testa di Plunkett e, sebbene ormai totalmente perduto per la causa militare, salta nel fosso a fianco del sottoufficiale e comincia un micidiale fuoco d’artiglieria che apre voragini nel reticolato tedesco. Il riscatto non è ancora completo, tante sono le colpe a carico di Plunkett, che non lo potrà dirsi che in un unico modo. Ecco quindi la provvidenziale bomba a mano tedesca che arriva nella buca e il nostro eroe cerca di contenerne l’effetto mettendoci sopra l’elmetto e buttandocisi sopra: l’esplosione lo dilania, ma il sergente Big Mike, il suo migliore nemico, è salvo. Ed è salvo anche l’onore di Jerry Plunkett, vero simbolo dei gloriosi Fucilieri delle Argonne.     



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