1575_I FUCILIERI DELLE ARGONNE (The Fighting 69th). Stati Uniti, 1940; Regia di William Keighley
Cosa ci fa un gangster alla Prima Guerra Mondiale? James Cagney nel ruolo di Jerry Plunkett in I fucilieri delle Argonne ne dà un
esauriente saggio. Il film di William Keighley, come altri film americani
inerenti alla Grande Guerra, è diviso
in due parti: l’addestramento e il fronte. Per gli americani sembra sempre
importante sottolineare, anche narrativamente, con un preambolo in cui si
evidenzi in modo chiaro come la guerra sia già in corso, che il loro intervento
avvenga solo in un secondo momento. Quasi un modo un po’ infantile per dire non abbiamo cominciato noi. In ogni caso
questa tipica struttura narrativa permette a Cagney di sviluppare in modo
completo la personalità di Plunkett, vero mattatore dell’opera. Ad onor di
cronaca il film è un omaggio a due figure storiche della Prima Guerra Mondiale a stelle e strisce: la dedica esplicita è per
padre Duffy (Pat O’Brien), il cappellano, ma un posto di rilievo nell’opera ce
l’ha anche Wild Bill Donovan (George
Brent), il comandante del 69° reggimento. Il titolo originale è, in effetti, The Fighting 69th e c’è una certa
attenzione, specie nella fasi di addestramento, per l’indole un po’ esuberante
di questo corpo d’armata composto in gran parte da newyorkesi di origine
irlandese. Tuttavia Plunkett, che è invece un personaggio di fantasia, è usato dal regista come sorta di testa
d’ariete per dimostrare come i temperamenti più insubordinati possano alfine
essere sempre ricondotti nella giusta direzione. Un messaggio di matrice
cattolica, di qui l’importanza del cappellano, assai utile in un 1940 dove, in
America, c’era bisogno della massima adesione allo sforzo bellico allora in
corso. Il personaggio di Cagney è quindi il simbolo dei litigiosi ma combattivi
soldati del 69° e l’attore, chiamato a recitare un suo classico ruolo fuori
contesto, da grande interprete qual è, non si lascia certo sfuggire
l’occasione. Il suo Plunkett comincia
subito a piantar grane e viene presto preso di mira dal sergente istruttore Big Mike Wynn (Alan Hale) tanto che la
loro diatriba sarà costante per tutto il lungometraggio. Il ruolo previsto per Cagney
gli consente di recitare perennemente sopra le righe e questo, oltre a
riuscirgli benissimo, tiene vivace il ritmo della pellicola anche durante l’addestramento.
In questa fase Keighley, anche perché, come accennato, il film esce in piena Seconda Guerra Mondiale, ricorre spesso
ad un certo retorico patriottismo, per altro nemmeno troppo fastidioso perché
concretizzato prevalentemente nelle parate a suon di marce militari anche
godibili, in particolare Garry Owen e
I wish i was in Dixie Land. I due
pezzi musicali erano stati rispettivamente tra i principali inni militari di
nordisti e sudisti nella tutto sommato neppure troppo lontana Guerra Civile Americana. In effetti il
reggimento agli ordini di Wild Bill
Donovan vedrà confluire reparti da New York e dall’Alabama, quasi a sancire la
definitiva unione del paese a fronte di una causa comune. Un’unione battezzata
da una mega rissa appena le reclute vengono a contatto e si rammentano le ruggini
della Guerra Civile, dove i sudisti
dell’Alabama misero in fuga i nordisti di New York. Arrivati al fronte questi
aspetti vengono presto dimenticati: gli americani non sono preparati alla
realtà della Grande Guerra e si
trovano di fronte ad una situazione tragica. Il primo a cedere è proprio il più
spaccone: Plunkett combina subito un disastro, causando la morte di alcuni
commilitoni e nascondendosi vigliaccamente nel momento cruciale. Padre Duffy
cerca di sostenerlo ma per Plunkett è difficile ravvedersi, dopo una vita a
fare lo sbruffone senza mai essere stato messo veramente alla prova. Il fronte
è per lui un’esperienza insostenibile e si copre ancora di atti vili, con altri
compagni morti a suo carico: insomma, non sembra esserci per lui nessuna via di
uscita. Poi, mentre infuria una furibonda battaglia, il suo storico nemico, il sergente Big Mike Wynn, è colpito al braccio e non può più azionare il
mortaio. Qualcosa scatta nella testa di Plunkett e, sebbene ormai totalmente
perduto per la causa militare, salta nel fosso a fianco del sottoufficiale e
comincia un micidiale fuoco d’artiglieria che apre voragini nel reticolato
tedesco. Il riscatto non è ancora completo, tante sono le colpe a carico di
Plunkett, che non lo potrà dirsi che in un unico modo. Ecco quindi la provvidenziale bomba a mano tedesca che arriva
nella buca e il nostro eroe cerca di contenerne l’effetto mettendoci sopra
l’elmetto e buttandocisi sopra: l’esplosione lo dilania, ma il sergente Big
Mike, il suo migliore nemico, è
salvo. Ed è salvo anche l’onore di Jerry Plunkett, vero simbolo dei gloriosi Fucilieri delle Argonne.
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