1566_A PICTURE TO REMEMBER. Ucraina, Francia, Germania 2023; Regia di Olga Chernykh
Ogni
film, ogni opera degna di interesse, lascia qualcosa di peculiare nello
spettatore. Da un testo che ci racconta di una guerra, in genere, siamo
abituati ad attenderci le più diverse reazioni, che naturalmente dipendono
dalla sensibilità di ognuno. Se è possibile ipotizzare un tratto comune, tra
queste risposte ad un evento traumatico come la guerra, si potrebbe pensare
allo stupore, alla sorpresa. Soprattutto se ci si riferisce all’Europa, che,
dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha fatto di tutto, almeno a livello di
intenzioni programmatiche dichiarate, per evitare nuovi sanguinosi conflitti
sul proprio suolo. In fondo la Comunità Europea nasce da questi intendimenti,
evitare una nuova guerra mondiale tra i paesi europei. E, da quel che si può
intendere, anche Olga Chernykh non si aspettava l’escalation del 24 febbraio
2022, con l’aggressione russa e l’invasione su larga scala nella sua Ucraina. Eppure,
la sensazione che emerge da A picture to remember, documentario con cui
la Chernykh racconta, tra le altre cose, di questi tragici avvenimenti, non è
quella che ci si aspetta a fronte di una sorpresa. Tutt’altro: quello che
filtra dalle variegate immagini che compongono il film, è un misto di rassegnazione
e consapevolezza, quasi di prevedibilità o conoscenza a priori di quello che
sta accadendo. La regista è originaria di Donetsk e ci ricorda che il motto
della regione, il Donbas, è “Nessuno ha mai messo in ginocchio il Donbas, e
nessuno lo farà mai”. Esaltante, certo, come proclama, ma viene da chiedersi
perché mai un territorio debba aver issato un simile vessillo a difesa della
propria indipendenza, se non che la vita abbia insegnato ai cittadini di questo
martoriato lembo di terra che la liberà sia, se non proprio una chimera,
certamente una conquista da mantenere con i denti ad ogni svincolo della
Storia. Ma quello di Olga Chernykh non è un documentario storico o bellico: è
un ritratto famigliare, perché il Donbas, come tutti i territori e a maggior
ragione quelli sofferti, non è tanto un’entità politica quanto l’umanità che lo
abita o lo ha abitato. Non tutti sono rimasti, infatti: ad esempio Olga,
insieme alla madre Alyona, se n’è andata a Kyiv, lasciando nonna Zorya a Donetsk.
Alyona, un’anatomo patologa che lavora in un obitorio nella capitale, sempre
super attiva e professionalmente indaffarata, può essere un buon esempio di
donna ucraina: sgobba sodo ed è capace nel proprio lavoro. Come tutti gli
abitanti del Donbas immigrati nell’ovest dell’Ucraina –ci fu un grande esodo
dopo il 2014 legato ai primi scontri negli Oblast’ orientali– non era vista di
buon occhio, dagli emancipati cittadini della capitale. Si son dovuti
ricredere, a conti fatti. Ma, forse, è nonna Zorya ad incarnare meglio lo
spirito del Donbas e, per estensione, dell’intera Ucraina. La simpatica
vecchietta, che vediamo dialogare in videochiamate con figlia e nipote, è
sempre pronta a stemperare la tragicità della situazione –“bombardano giorno e
notte” è la sua descrizione dello stato delle cose a Donetsk– con una
rassegnata ironia intrisa di fatalismo. Attraverso il racconto filmico di A
picture to remember possiamo arrivare a comprendere l’origine di questa
desolata accettazione delle avversità: Olga sfoglia l’album di famiglia e nei
filmini amatoriali facciamo conoscenza anche con gli uomini della famiglia, il
padre Oleg, dinamico ed elegante, e nonno Stasik, un marcantonio che amava gli
affreschi di Giotto e ridere e scherzare. Piccole vicende che scorrono davanti
alla Storia dell’Ucraina, il socialismo, l’industrializzazione di stato,
illusioni che nel tempo si sono sgretolate. Mentre a Kyiv figlia e nipote malinconicamente
festeggiano il fatto di essere vive nonostante i bombardamenti arrivati fino
alla capitale, bevendo uno champagne tirato fuori da chissà dove, nonna Zorya,
nella sua Donetsk, non molla. Ha cambiato i vetri alle finestre, il
riscaldamento del suo appartamento non funziona ma il suo spirito non si è
affatto piegato. Lo dice anche il motto del Donbas, no?
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