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sabato 3 ottobre 2020

A SUD OVER DI SONORA

644_A SUD OVEST DI SONORA (The Appaloosa)Stati Uniti, 1966. Regia di Sidney J. Furie.

Il titolo originale di A Sud Ovest di Sonora, film di Sidney J. Furie, è The Appaloosa; in sostanza si riferisce al cavallo del protagonista, che è appunto un animale di detta razza. La cosa non sembrerebbe nemmeno tanto sorprendente; è nota l’importanza che avevano i cavalli nel west, un luogo selvaggio dove avere un buon destriero poteva fare la differenza tra cavarsela o rimanere appiedati in mezzo ad un deserto o alla mercé di qualche malintenzionato. Ma qui si sottolinea una razza di cavalli che è tipicamente indiana, quindi le cose tutto sommato meno consuete cominciano ad essere due: è comunque strano che il film sia intitolato al cavallo e non al suo cavaliere, e poi si privilegia qualcosa riferito ai nativi e non agli americani, intesi come bianchi. E proprio la carnagione pallida ‘poco centrale’ in quest’opera è un indizio ribadito in modo esplicito, quando Matt/Mateo (Marlon Brando) si tinge coi fondi di caffè il volto per sembrare messicano. Perché tutti i personaggi che popolano A Sud Ovest di Sonora vengono dal Messico, e spesso vi risiedono anche, visto che il film comincia in un paesino di frontiera ma prevede una lunghissima escursione a sud del confine. Praticamente l’unico gringo della storia è il citato Matt, ma va considerato che è un ex confederato, e quindi non propriamente uno yankee, ovvero un nordamericano di quelli vincenti. No, Matt la Guerra Civile l’ha persa e ora ritorna al suo paese, a Ojo Prieto, con un cavallo e 200 dollari per provare a metter su, con l’amico fraterno messicano e la sua famiglia, un rancho

Il cavallo è un animale notevole e desta l’attenzione di Trini (la bella Anjanette Comer), che vuole usarlo per scappare da Chuy Medina (un John Saxon alquanto su di giri), che invece blocca la donna e, in fin della fiera, si tiene l’appaloosa per ripagarsi del fastidio. Ovviamente Matt è di diverso avviso, ma Chuy Medina è il classico bellimbusto messicano sempre spalleggiato da almeno un paio di sgherri. L’americano non è il tipo che ingoia facilmente il rospo, ma dovrà sudarsela per rimettere le cose a posto, recuperando il cavallo e ottenendoci anche Trini come premio finale. Il film è del 1966 e come aspetto della pellicola e commento sonoro a prima vista potrebbe sembrare un western classico, non fosse per le inquadrature bizzarre che il regista ogni tanto si inventa. 

Un particolare della sella in primo piano, sfocato, che occupa una parte consistente dello schermo, e altre stramberie simili che sono di difficile interpretazione. Vezzi registici a parte, l’ambientazione messicana ma anche la presenza di Marlon Brando, lo ascrivono però pienamente alla corrente dei tardo-western, se non proprio ad uno di quelli definiti crepuscolari. Pur se di grande carisma, Brando è già un attore della generazione che portava in dote i primi dubbi, le prime contraddizioni, e in effetti anche Matt, il suo personaggio, non è certo un eroe tutto d’un pezzo. (Va detto che l’attore non sembra particolarmente coinvolto, e si dice che abbia preso parte all’opera solo per scopi alimentari). Il regista Sidney J. Furie rincara la dose in questo senso, nel presentare cioè un America un po’ alternativa all’idea classica: l’eroe è un bianco, ma non certo un vincente, alla fine si trova una donna messicana, così come il socio in affari, mentre è indiano il cavallo su cui intende fondare il suo business. Insomma, il cinema western come esempio di melting pot. E, da questo punto di vista, A Sud Ovest di Sonora riesce anche ad essere interessante. 



Anjanette Comer









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