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mercoledì 11 aprile 2018

L'UOMO DI ALCATRAZ

129_L'UOMO DI ALCATRAZ (Birdman of Alcatraz). Stati Uniti, 1962;  Regia di John Frankenheimer

Il giovane regista John Frankenheimer fonda il suo L’uomo di Alcatraz sulle possenti spalle di Burt Lancaster, e l’attore non  delude le attese ma sostiene come un vero baluardo il peso di una pellicola nient’affatto semplice. Nel cast ci sono altri attori di grande personalità come Karl Malden o Terry Savalas, o anche Thelma Ritter, ma nessuno riesce a scalfire minimamente il carisma che emana la possente figura morale di Robert Stroud, il personaggio storicamente esistito, interpretato in modo magistrale dall’attore nato nel quartiere newyorkese di Harlem. L’uomo di Alcatraz è infatti un film basato su un romanzo biografico che racconta la vita di un ergastolano che, condannato al perenne isolamento, si dedicherà all’allevamento dei canarini, divenendo nel tempo il massimo esperto mondiale per ciò che concerne le malattie di questi volatili. Il racconto filmico si snoda lungo una gran parte della vita di Stroud e, nel corso del lungometraggio, possiamo assistere ad una trasformazione lenta ma continua nel carattere del protagonista, che per altro riesce a rimanere sempre fedele alla propria indomita dignità. E proprio questo suo non piegare mai il capo gli crea più di un problema; infatti, se il cattivo carattere col tempo gli si smussa, e l’uomo impara a riconoscere i propri errori, di contro Stroud non rinuncerà mai ad essere e a ritenersi un uomo con la propria indipendenza e dignità. Concetti che, se riferiti ad un pluriomicida condannato all’ergastolo, suonano un po’ difficili da accettare per le autorità del tempo, Harvey Shoemaker (interpretato in modo impeccabile da Karl Malden) in primis.
Shoemaker è il direttore del penitenziario in cui viene incarcerato per la prima volta Stroud e con il quale si innescherà subito un rapporto difficile. Pur se dai toni e dai modi paternalistici, il direttore è un uomo inflessibile che sogna di redimere a forza ogni detenuto, piegando ogni istinto e inclinazione ad un modello conformato di recluso: nessuna possibilità di intesa con Robert birdman Stroud che, specie nei suoi primi anni di soggiorno forzato, era davvero un osso duro impossibile da addomesticare. Shoemaker verrà trasferito a Washington, al dipartimento dei Penitenziari in un primo momento (e troverà il modo di vendicarsi su Stroud), e ad Alcatraz poi, dove ritroverà lo stesso birdman, stavolta in apparenza più accomodante. In realtà Stroud sta’ lavorando ad un testo, in questo caso non di ornitologia ma sulla condizione carceraria, che rinverdirà gli antichi contrasti tra i due uomini.
Il film, girato con mano solidissima da Frankenheimer e ripreso in uno splendido bianco e nero, procede con ritmo implacabile, forse un po’ lento ma senza cedimenti. D’altra parte al centro della scena c’è Burt Lancaster che non molla mai un millimetro: straordinaria la parabola che tratteggia, partendo da un personaggio granitico, assolutamente arroccato su stesso e inattaccabile da qualsivoglia cosa, a uomo sensibile e attento all’importanza delle più piccole sfumature.

Ma sempre con la stessa incrollabile, individualistica dignità del tipico eroe del cinema americano.
Già, eroe: nonostante le condanne per due omicidi. Perché il film di Frankenheimer dell’eroe (e quindi dell’uomo) celebra la tempra ad una propria etica e morale, piuttosto che la capacità di essere ligi alla legge e al conformismo.  














    






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