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domenica 18 marzo 2018

IL MATTATORE

117_IL MATTATORE . Italia 1960;  Regia di Dino Risi.

Il regista Dino Risi e gli abili collaboratori (al soggetto, tra gli altri, Ettore Scola e il duo Age & Scarpelli) mettono a disposizione del vulcanico Vittorio Gassman una vicenda che permette all’istrionico attore di mostrare tutto il suo esuberante e camaleontico talento. La storia è divertente, Gassman, come abbiamo detto, ci sguazza a piacere, ma in generale tutto il cast è ben calibrato. Peppino de Filippo, abituato a fare la spalla ad un altro attore sempre sopra le righe come Totò, non ha difficoltà a ritagliarsi il suo spazio dove Gassman lascia qualche spiraglio. Dorian Gray è sempre bella, ma convince obiettivamente meno che nel ruolo della malafemmina; sempre simpatico e divertente Luigi Pavese; Mimmo Carotenuto e Anna Maria Ferrero offrono prove professionali. Il punto cruciale di tutta la vicenda narrata è l’inclinazione a delinquere, nello specifico all’arte dell’imbroglio, del protagonista, Gerardo Latini, detto appunto il mattatore (interpretato ovviamente da Gassman); a nulla valgono gli sforzi della fidanzata Annalisa (la Ferrero) di portarlo sulla retta via. Si tratta  quindi della solita esaltazione tipicamente italiana della capacità di fare fesso il prossimo: attività che trova il consenso del pubblico che da sempre premia questo tipo di produzioni, e che i registi, anche dotati come Risi, ben si guardano da mettere in discussione. Anzi, l’impressione è che il nostro cinema non si lasci scappare occasione per lisciare il pelo all’italico pubblico, forse in ossequio a quei timori evocati dal detto del lupo che lo perdeva. Il lupo perde il pelo ma non il vizio: e, in Italia, la preoccupazione generale sembra appunto per il pelo. Nessuna speranza, in simili condizioni, che si possa dunque perdere il vizio: il nostro cinema continua a ripeterci che, in Italia, o rubi o sei fesso.




Dorian Gray



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