Translate

sabato 24 marzo 2018

EASY RIDER - LIBERTA' E PAURA

120_EASY RIDER - LIBERTA' E PAURA (Easy Rider). Stati Uniti, 1969;  Regia di Dennis Hopper.

Film culto per eccellenza della cultura hippy, Easy Rider è un'opera che colse perfettamente lo spirito di quel tempo e di quella generazione che andavano in controtendenza rispetto agli ideali borghesi della cultura americana (e occidentale in generale). Dal punto di vista cinematografico questo aspetto è sancito in modo emblematico dal viaggio che i due protagonisti compiono: Wyatt (Peter Fonda) e Billy (Dennis Hopper, anche regista della pellicola), vanno infatti da Los Angeles alla Louisiana, ovvero compiono il percorso inverso di quello che, ai tempi della conquista del west, sancì l’ideologia del sogno americano. Sebbene la contestazione sia, quindi, almeno a livello simbolico, radicale, non c’è però traccia di violenza da parte dei due giovani, che rappresentano in modo ideale due tipici figli dei fiori. Hopper è però onesto nella sua rappresentazione e non manca di mostrare come, nella storia raccontata, la scelta di vita sconclusionata dei due ragazzi si fondi su una premessa equivoca e discutibile; che poi era la caratteristica, grosso modo, del fenomeno culturale stesso. Ovvero, nello specifico del film c’è un guadagno illecito e moralmente criticabile come il commercio di droga, a dare il alla vicenda. Infatti, se è vero che Wyatt e Billy fumano tranquillamente marijuana (e pare fosse autentica quella usata dai due attori sul set), non ricorrono all’uso di droghe pesanti: è però con la vendita di cocaina che riescono a racimolare i soldi per comprarsi le motociclette (due appariscenti chopper) e ad intraprendere il proprio viaggio.
C’è quindi all’interno stesso di questo esplicito manifesto che è appunto Easy Rider, una onesta ammissione dei limiti e dell’ipocrisia di fondo che lo stesso movimento aveva: d’accordo sull’insofferenza per le convenzioni borghesi, ma il tema della libertà era vissuto dalla corrente rivoluzionaria sessantottina in modo sostanzialmente un po’ troppo di comodo, come del resto viene mostrato dal film. Ad onor del vero, il fatto che il regista insista su un montaggio schizzato e indugi poi nel farci vivere un trip da parte dei nostri baldi giovanotti, evidenzia come, per poter apprezzare pienamente la controcultura del periodo, sia necessario perlomeno l’aiuto di quei prodotti della cannabis che erano uno dei fondamenti di quello stesso movimento. Che, in fin della fiera è anche il limite di Easy Rider: divertente, godibile, con gran belle canzoni (la più famosa è naturalmente Born to be wild degli Steppenwolf) sicuramente rappresentativo di un certo mondo, ma leggero come un boccata di fumo.
D’hashish, naturalmente.








Karen Black






Nessun commento:

Posta un commento