1573_IL MONDO DI NOTTE. Italia, 1960; Regia di Luigi Vanzi
Già aiuto-regista di Michelangelo Antonioni in un paio di occasioni e assistente di Blasetti per Europa di notte, Luigi Vanzi venne incaricato di dirigere un documentario che, sul modello del citato capostipite, portasse sullo schermo gli spettacoli di varietà notturna, stavolta potendo spaziare per tutto quanto il globo. Per presentare il film, lasciamo parola ad Alessandro Blasetti, l’autore da cui aveva appunto avuto inizio il genere, seppure questi avesse preso, in seguito, una deriva, a suo dire, fuorviata. Tuttavia, Il mondo di notte, secondo il vecchio cineasta, non rientrava in questa deleteria categoria. “(…) sono venuti fuori i due «Mondo di notte» (Il mondo di notte, appunto, e Il mondo di notte numero 2, dell’anno successivo, regia di Gianni Proia, NdA), che, in sostanza, conservano ancora qualcosa di importante, molti documenti, molti artisti noti, e rappresentano comunque un grosso materiale documentario su un certo modo di intendere il teatro di Varietà, il quale pure ha diritto di cittadinanza”[1]. Il commento di Blasetti è di un paio d’anni successivo all’uscita del film di Vanzi, e c’è da credere che sia, quindi, anche abbastanza ponderato. Il titolo del film, Il mondo di notte, è quanto mai esplicito e a nessuno, probabilmente, venne in mente di dubitare della sua attendibilità. Se non fosse che, in seguito, i Mondo movie diverranno famosi –per non dire sin da subito famigerati– proprio per la capacità di porci costantemente in una condizione di scetticismo nel considerarne la veridicità. Quando non passibile del “reato più grave imputabile a un documentarista: la falsificazione dei documenti, la contraffazione della realtà a scopi sensazionalistici”, come sentenzia a proposito Morando Morandini nel suo citato dizionario[2]. È questo, infatti, il nodo cruciale del genere, sempre bistrattato dalla critica e che, al contrario, può essere utile proprio per questa sua innata ambiguità. Si potrebbe obiettare, comprensibilmente, che queste tematiche si manifesteranno solo più tardi, e, nello specifico, con il vituperato Mondo cane[3] e, invece, già Il mondo di notte ci mette più di una volta sull’avviso in tal senso. Ma, innanzitutto, andiamo a vedere chi, accanto al regista Vanzi, fu coinvolto nel progetto. Il mondo di notte, come del resto Europa di, notte, è una specie di collage di segmenti filmati, e, quindi, è evidente l’importanza del montaggio: cruciale sempre nel cinema, pur restando in controluce, in questo caso, è perfino messo in bella vista. Considerato il buon lavoro svolto per il film di Blasetti, in sala taglio venne confermato Marco Serandei, mentre alle musiche venne chiamato il bravissimo Piero Piccioni, intuendo, sin da allora, l’importanza del supporto sonoro per questo tipo di produzioni. Se la resa delle immagini di Gábor Pogány in Europa di notte era stata premiata ai Nastri d’Argento, la manifestazione romana ribadì l’anno successivo di tenere in buona considerazione questi documentari notturni, selezionando Il Mondo di notte tra i candidati per la miglior Fotografia a colori, opera ancora di Pogány insieme a Tonino Delli Colli. Ma l’elemento che balza maggiormente all’occhio, tra i vari collaboratori di Vanzi, è, manco a dirlo, Gualtiero Jacopetti. Già cosceneggiatore e autore del commento nel film di Blasetti, il giornalista e futuro regista toscano prese campo ne Il mondo di notte. Di nuovo alla sceneggiatura, stavolta da solo, accreditato di un fugace passaggio anche sullo schermo, è nel commento che Jacopetti cominciò a mettere in moto le sue idee a proposito di documentari. Ironico, in qualche caso anche troppo spregiudicato, il racconto preparato per accompagnare le immagini lascia, in qualche passaggio, a dir poco esterrefatti. D’accordo, che quelli “notturni” non fossero documentari alla Folco Quilici, si poteva anche intuire, ma definire più volte la balena “pesce” è abbastanza sconcertante. Jacopetti, ovviamente, sapeva che la balena è un mammifero e, in effetti, nel commento è anche definita come tale –anzi, in un caso il narratore vi si riferisce ancor più accuratamente come «cetaceo»– tuttavia la stessa «voce over», con malcelata superficialità, in un paio di occasioni compie il clamoroso svarione. L’errore macroscopico ed evidente diverrà un cliché dei Mondo movie e il fatto che queste imprecisioni siano tanto grossolane quanto lampanti, rivela forse la volontà degli autori di metterli bene in luce. Si tratta di una sorta di monito, probabilmente, a non fidarsi troppo di quello che vediamo e che, soprattutto in un documentario, siamo portati a pensare sia vero e indiscutibile. Nei Mondo movie, in ogni caso, si imparerà che quello che si vede sullo schermo va sempre preso con le pinze. Anche ne Il mondo di notte, basta un semplice approfondimento, per cogliere qualche situazione non proprio lineare. Ma va dato atto a Jacopetti che spesso è lui stesso, in questo caso con il suo commento fuori campo, a metterci la pulce nell’orecchio. Ad esempio, Ricky Renée, presentata come stripper somigliante a Kim Novak, si esibisce in un locale di Amburgo, città che apprendiamo essere famosa per aver per prima portato sul palcoscenico le donne nell’austera Germania. In precedenza, l’informato commento ci racconta come, per interpretare le fanciulle sui palchi di cabaret e teatri tedeschi, si ricorresse a uomini in abiti femminili. Intanto Ricky, che, ad onor del vero, si era presentata come una vegliarda imbacuccata, ha sfoderato un personale che lascia a bocca aperta gli spettatori, stupiti della sua trasformazione. Ma questo è ancora niente: quando lo strip-tease è quasi completo –come l’archetipo di Blasetti, anche Il mondo di notte non si spinge oltre il lecito– si scopre che Ricky Renée è un female-impersonator, in pratica un uomo vestito da donna. Ricordando come questo segmento narrativo del documentario intendesse celebrare Amburgo, la prima città a fare a meno degli uomini en-travesti, allo spettatore può sorgere lo scrupolo per un ulteriore controllo. E così, sul sito dedicato all’artista Ricky Renée[4], scopriamo che le foto dello spettacolo ne Il mondo di notte furono girate a Cinecittà, a Roma, altro che Amburgo. Insomma, già alle radici del genere, appare chiaro che coloro i quali definiranno “pseudo documentari” i Mondo movie, non è che fossero andati troppo lontani dal vero. Tuttavia, seppure ogni tanto il suo ironico commento possa anche risultare irritante o superficiale, è innegabile che il lavoro di Jacopetti, il suo mischiare realtà e invenzione, ha un suo fascino. Il fascino del cinema.