1730_CAROVANA D'EROI (Virginia City), Stati Uniti 1940. Regia di Michael Curtiz
L’anno successivo al suo esordio con il genere, Gli avventurieri [Dodge City, 1939], Michael Curtiz si cimenta nuovamente con il western con Carovana d’eroi, riuscendo anche stavolta a portare a casa il risultato. In realtà Carovana d’eroi è un western atipico, in quanto ambientato durante la Guerra Civile Americana, un elemento storico sempre piuttosto ingombrante al cinema hollywoodiano. In effetti non sembra affatto un caso che l’anno di uscita del film sia di poco precedente all’entrata in guerra degli Stati Uniti nel secondo conflitto mondiale. Anche in quell’occasione gli States avevano soppesato la cosa per un certo tempo e il film di Curtiz sembra proprio un appello all’unità nazionale di fronte ad una difficile scelta. Al di là di questi elementi in qualche modo condizionanti, il regista di origine ungherese, pur non essendo acclamato come uno dei maestri del cinema autoriale, sapeva il fatto suo e raramente non coglieva nel segno. Carovana d’eroi è un film che supera le due ore ma Curtiz, una volta impostato il suo ritmo, non concede nemmeno un minuto alla noia: l’impressione, guardando queste sue vecchie pellicole, è che il regista di Casablanca sia stato un cineasta sottovalutato. In Carovana d’eroi Curtiz si permette anche alcune citazioni illustri, come la scena della galleria scavata dai galeotti che ricorda nientemeno che La grande illusione [La grande illusion, Jean Renoir, 1937] o quella più inerente al genere dell’uomo che si getta tra i cavalli di una diligenza lanciata a tutta velocità [lo stesso stuntman Yakima Canutt l’aveva girata l’anno prima in Ombre rosse, (Stagecoach), John Ford]. Ma la qualità migliore di Curtiz anche in questa pellicola è probabilmente sempre quella di assoggettare tutti gli elementi a sua disposizione alla riuscita di un film che funziona come un meccanismo oliato e perfettamente registrato. Solida sceneggiatura, opera di Robert Buckner e Howard Koch, musiche classiche di Max Steiner, fotografia stilosa in bianco e nero di Sal Polito: dal punto di vista tecnico non ci sono pecche, tutt’altro.
Sul cast, che è comunque sontuoso, qualche appunto si può fare, ma il terzetto d’assi è davvero ragguardevole: Errol Flynn è Kerry Bradford, ufficiale del controspionaggio nordista; Randolph Scott è Vance Irby, suo corrispettivo sudista; Humphrey Bogart è il bandito John Murrell. Come sempre, la sfacciata ed esuberante personalità di Flynn annichilisce chiunque gli capiti a tiro, tuttavia sia Scott che Bogart sono buoni incassatori. Il primo riesce ad essere credibile come avversario che, col tempo, si guadagna il rispetto dell’eroe del film, che è ovviamente il personaggio di Flynn, e, pur essendone sempre secondo, non ne viene sminuito in modo eccessivo. Diversamente da Scott, Bogie non aveva una presenza scenica per reggere il protagonista ma, a quel tempo, era ancora utilizzato come villain, ruolo che, in Carovana d’eroi, ricopre con particolare efficacia. Il suo Murrell è un tipo viscido e infido che ispira assai poca fiducia, soprattutto per il ghigno sinistro che era uno dei segni distintivi del Bogart prima maniera. Ad affiancare poi Kerry Bradford, il protagonista, ci sono un paio di spalle comiche: Alan Hale è Olaf e Gun «Big Boy» Williams è Marblehead, inserite nel copione per non far calare mai il tono del racconto. Curtiz, ancora una volta, dimostra la capacità di gestire con grande profitto il cast che la Warner Bros gli aveva concesso: Flynn era libero di scorrazzare a piacimento, Scott era comunque bravo a non farsi pestare i calli, Bogart sapeva stare defilato, con fare insidioso, mentre Hale e «Big Boy» Williams intervenivano nei momenti opportuni per alleggerire il racconto e prepararne il rilancio.
Probabilmente, Carovana d’eroi è troppo influenzato dal peso del tema principale per poter essere ascritto a qualche corrente del western: la «guerra tra gli stati», rammentata per fare appello, per contrasto, all’unità nazionale in vista dell’entrata in guerra, era come detto troppo ingombrante. Tuttavia il film risente comunque del clima generale che era diffuso nel genere, sebbene poi ne tradisca l’elemento cardine. Per il cinema western gli anni 40 furono caratterizzati da una fortissima deriva romantica che, in effetti, non manca nemmeno in Carovana d’eroi, anzi, tutt’altro. Del resto Errol Flynn era la tipica faccia da schiaffi che incarnava perfettamente l’ideale romantico di questo tipo di racconti. Tuttavia l’argomento principale, la Guerra Civile, non permetteva troppe divagazioni per cui, Carovana d’eroi non è propriamente un western romantico, corrente che altri titoli interpretarono in modo più fedele. Anche perché la protagonista, la pur valida Miriam Hopkins (è Julia), è lasciata da sola a fronteggiare troppi personaggi maschili. La Hopkins era una grande attrice, aveva recitato con registi del calibro di Ernst Lubitsch e Howard Hawks ma, nonostante bravura, bellezza, charme, intensità, non le manchino nemmeno in quest’occasione, non riesce a rendere davvero indimenticabile il suo personaggio. E, a ben vedere, in questo senso Carovana d’eroi è allora un perfetto Western Romantico, perché le sue sorti dipendono più dall’attrice che non dall’attore protagonista, cosa che nel successivo periodo, quello «classico» del genere, non sarà più vera.
E Carovana d’eroi, sebbene sia senza ombra di dubbio un film godibile, non va oltre quello; il che, stante tutti gli elementi a disposizione, qualche rimpianto lo lascia. A prima vista, a tradire è proprio il personaggio di Julia: il problema, probabilmente, non risiede nelle qualità dell’attrice, dal momento che la Hopkins era interprete di talento e non mancava del physique du rôle, come si può vedere nelle piacevoli scene del saloon dove si esibisce nei tipici abiti succinti. Così come difficilmente può essere Curtiz in regia a fare un passo falso: forse non avrà mai raggiunto le vette dei più grandi, ma ben raramente il cineasta nato a Budapest metteva il piede in fallo. Il punto è che Carovana d’eroi, come tutti i prodotti della grande Hollywood, coglie gli spunti del momento, che erano appunto quelli del western romantico: quindi, giovanotti ribelli ben oltre il consentito e ragazze gagliarde in grado di tener loro testa che, per ricondurli sulla retta via, ricorrevano alle loro classiche armi, bellezza e sensualità. Ma, in Carovana d’eroi, non succede niente di ciò: le schermaglie tra Kerry e Julia sono legate alle questioni politiche della Guerra Civile e, oltretutto, a stare con il Sud, e quindi dalla parte del torto –almeno a rigor di Storia ufficiale– è la ragazza. In sostanza il personaggio maschile, che nel western rimane comunque il riferimento, non ha alcuno sviluppo, nella vicenda; e, quello femminile, che in questi casi è il vero e proprio motore della storia, non ha che un pallido ruolo sentimentale da compiere. Nonostante tutto, Curtiz riesce a dare confezione formale di grande livello e Carovana d’eroi non delude certo lo spettatore; ma rimane forte il dubbio che sia un’occasione sprecata.
Miriam Hopkins
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