1627_PAPER DOLLS . Stati Uniti 1982. Regia di Edward Zwick
Ambientato nel mondo della moda newyorkese, Paper Dolls è un
interessante film televisivo che ispirò, in seguito, una serie, Il profumo
del successo, trasmessa anche in Italia. Il film pilota è, come spesso
accadeva alla televisione americana dell’epoca, un lavoro ben fatto, con buon
ritmo e cast di assoluto livello. A partire dalle modelle protagoniste: Daryll
Hanna era al tempo una giovanissima attrice in rampa di lancio (è Taryn) mentre
Alexandra Paul (è Laurie) era addirittura all’esordio sullo schermo. In
effetti, nella storia, le due ragazze hanno sedici anni quando, in realtà, di anni
ne avevano 22 Dayll e 19 Alexandra. Per altro, la fresca bellezza di entrambe,
unita ai miracoli dei truccatori televisivi, rende credibilissimo questo
passaggio narrativo non del tutto secondario. Perché il fatto che le due
modelle siano decisamente minorenni, sebbene già perfettamente «formate», almeno sotto il profilo fisico, si
rivelerà essere, sorprendentemente, il punto cruciale del film.
Sorprendentemente perché lo sguardo di Zwick è pesantemente critico nei
confronti del mondo della moda e della pubblicità che veicola contenuti
sessuali utilizzando l’ingenuità legata alla giovane età delle modelle. Questo
aspetto emerge solo nel finale, quando il patrigno di Laurie, Michael (Craig T.
Nelson) interviene per difendere la ragazza dalle spudorate avances dell’agente
Wesley Miles (Marc Singer). In precedenza, il dorato mondo della moda dei
favolosi anni 80 viene mostrato con le sue brave magagne ma, in buona sostanza,
niente di sconvolgente. Taryn, il personaggio della Hanna, bella, biondissima,
occhi azzurri, slanciata, è nel mondo della moda fin da bambina e, a questo
punto, vorrebbe fare un salto di qualità e diventare attrice. Sua madre Julia
(Joan Hackett) da quest’orecchio non ci sente e cerca piuttosto di capitalizzare
gli investimenti fatti fin lì in questo specifico settore. Lo scarso entusiasmo
dell’insofferente Taryn durante le sessioni fotografiche indispettisce Miles, l’agente,
che cerca una soluzione per la sua campagna pubblicitaria, magari un volto
diverso. Tuttavia il contratto con Taryn non gli consente di cambiare modella;
tra l’altro, un volto nuovo, fresco, con quella ingenuità che funga da «cavallo
di Troia» pubblicitario, era stata anche trovato. Il fotografo Oliver (Antonio
Fargas, il mitico Huggy Bear, l’informatore della serie Starsky e Hutch)
se n’era reso conto subito, quando aveva inquadrato Laurie col suo obiettivo. Le
foto con la giovane studentessa, totalmente estranea al mondo della moda, erano
arrivate sulla scrivania di Racine (interpretata da una Joan Collins
assolutamente misurata) che a sua volta ci aveva scorto qualcosa di speciale. La
Collins, anche quando si trattiene, dà sempre l’idea di essere un passo avanti
ed è infatti un’intuizione di Racine, il suo personaggio, che sblocca lo
stallo. Invece che una testimonial, la nuova campagna pubblicitaria ne avrà due,
Taryn e Laurie: semplice e geniale. In realtà, qui cominciano i problemi per i
personaggi del film, che non sono, per la verità, connessi a questa scelta ma sono
di portata assai più ampia.
Certo, in prima istanza Taryn, e soprattutto sua
madre Julia, non sopportano l’idea di condividere le copertine con una illustre
sconosciuta, ma l’arrivismo che muove i loro sentimenti era comunque già
presente. Intanto, il mondo di Laurie va in pezzi: si lascia con Steve (Eric
Stolz), le sue amiche sono invidiose e, fatto questo meno scontato, sua madre Dinah
(Jennifer Warren) entra in crisi con il suo nuovo marito Michael. Questi non è
il padre di Laurie ma, essendo comunque affezionato alla ragazza, non gradisce il
modo in cui l’industria della moda stia strumentalizzando la sua giovinezza. Questo
è un aspetto molto interessante, ben più delle questioni di invidia e gelosia
che sono anche manifestazioni a loro modo naturali e superabili senza grossi
problemi a patto di non farne una ragione di vita come la competitività della società
tende ad indurre. In effetti, dopo un gustoso «catfight»
(letteralmente «combattimento tra gatti», termine utilizzato in gergo per le
zuffe tra ragazze), le due modelle diventano amiche e anche con Steve, prima
della fine, le cose si sistemeranno. La questione della strumentalizzazione del
sesso nella pubblicità è naturalmente assodata ma, molto spesso, come nel caso
del film, si ricercano soggetti giovanissimi o dall’aspetto molto giovanile per
assecondare i gusti o le tendenze dei consumatori. In Paper Dolls, il
tentativo da parte di Miles di approfittare del momento di sconforto di Laurie
giustifica la reazione violenta del patrigno della ragazza, che gli rifila un sonoro
cazzotto. Ma si tratta di una semplificazione eccessiva e, francamente,
inutile. Michael aveva infatti già manifestato il suo dissenso sulla
situazione: inserire una ragazza tanto giovane in un contesto così tendenzioso
come quello della pubblicità, significava far bruciare le tappe a Laurie negandole
una crescita graduale e formativa. Questo problema, sollevato in un film televisivo
americano degli anni 80 che sembra, a tutti gli effetti, un enorme spot per il
mondo della moda, lascia spiazzati. In effetti, Paper Dolls coglie,
meglio di tanti altri prodotti successivi, alcune criticità della odierna realtà
che, purtroppo, con gli imperanti social network toccano chiunque e non solo la
fortunata ragazza più bella della scuola.
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