Translate

domenica 23 febbraio 2025

PAPER DOLLS

1627_PAPER DOLLS . Stati Uniti 1982. Regia di Edward Zwick

Ambientato nel mondo della moda newyorkese, Paper Dolls è un interessante film televisivo che ispirò, in seguito, una serie, Il profumo del successo, trasmessa anche in Italia. Il film pilota è, come spesso accadeva alla televisione americana dell’epoca, un lavoro ben fatto, con buon ritmo e cast di assoluto livello. A partire dalle modelle protagoniste: Daryll Hanna era al tempo una giovanissima attrice in rampa di lancio (è Taryn) mentre Alexandra Paul (è Laurie) era addirittura all’esordio sullo schermo. In effetti, nella storia, le due ragazze hanno sedici anni quando, in realtà, di anni ne avevano 22 Dayll e 19 Alexandra. Per altro, la fresca bellezza di entrambe, unita ai miracoli dei truccatori televisivi, rende credibilissimo questo passaggio narrativo non del tutto secondario. Perché il fatto che le due modelle siano decisamente minorenni, sebbene già perfettamente «formate», almeno sotto il profilo fisico, si rivelerà essere, sorprendentemente, il punto cruciale del film. Sorprendentemente perché lo sguardo di Zwick è pesantemente critico nei confronti del mondo della moda e della pubblicità che veicola contenuti sessuali utilizzando l’ingenuità legata alla giovane età delle modelle. Questo aspetto emerge solo nel finale, quando il patrigno di Laurie, Michael (Craig T. Nelson) interviene per difendere la ragazza dalle spudorate avances dell’agente Wesley Miles (Marc Singer). In precedenza, il dorato mondo della moda dei favolosi anni 80 viene mostrato con le sue brave magagne ma, in buona sostanza, niente di sconvolgente. Taryn, il personaggio della Hanna, bella, biondissima, occhi azzurri, slanciata, è nel mondo della moda fin da bambina e, a questo punto, vorrebbe fare un salto di qualità e diventare attrice. Sua madre Julia (Joan Hackett) da quest’orecchio non ci sente e cerca piuttosto di capitalizzare gli investimenti fatti fin lì in questo specifico settore. Lo scarso entusiasmo dell’insofferente Taryn durante le sessioni fotografiche indispettisce Miles, l’agente, che cerca una soluzione per la sua campagna pubblicitaria, magari un volto diverso. Tuttavia il contratto con Taryn non gli consente di cambiare modella; tra l’altro, un volto nuovo, fresco, con quella ingenuità che funga da «cavallo di Troia» pubblicitario, era stata anche trovato. Il fotografo Oliver (Antonio Fargas, il mitico Huggy Bear, l’informatore della serie Starsky e Hutch) se n’era reso conto subito, quando aveva inquadrato Laurie col suo obiettivo. Le foto con la giovane studentessa, totalmente estranea al mondo della moda, erano arrivate sulla scrivania di Racine (interpretata da una Joan Collins assolutamente misurata) che a sua volta ci aveva scorto qualcosa di speciale. La Collins, anche quando si trattiene, dà sempre l’idea di essere un passo avanti ed è infatti un’intuizione di Racine, il suo personaggio, che sblocca lo stallo. Invece che una testimonial, la nuova campagna pubblicitaria ne avrà due, Taryn e Laurie: semplice e geniale. In realtà, qui cominciano i problemi per i personaggi del film, che non sono, per la verità, connessi a questa scelta ma sono di portata assai più ampia. 

Certo, in prima istanza Taryn, e soprattutto sua madre Julia, non sopportano l’idea di condividere le copertine con una illustre sconosciuta, ma l’arrivismo che muove i loro sentimenti era comunque già presente. Intanto, il mondo di Laurie va in pezzi: si lascia con Steve (Eric Stolz), le sue amiche sono invidiose e, fatto questo meno scontato, sua madre Dinah (Jennifer Warren) entra in crisi con il suo nuovo marito Michael. Questi non è il padre di Laurie ma, essendo comunque affezionato alla ragazza, non gradisce il modo in cui l’industria della moda stia strumentalizzando la sua giovinezza. Questo è un aspetto molto interessante, ben più delle questioni di invidia e gelosia che sono anche manifestazioni a loro modo naturali e superabili senza grossi problemi a patto di non farne una ragione di vita come la competitività della società tende ad indurre. In effetti, dopo un gustoso «catfight» (letteralmente «combattimento tra gatti», termine utilizzato in gergo per le zuffe tra ragazze), le due modelle diventano amiche e anche con Steve, prima della fine, le cose si sistemeranno. La questione della strumentalizzazione del sesso nella pubblicità è naturalmente assodata ma, molto spesso, come nel caso del film, si ricercano soggetti giovanissimi o dall’aspetto molto giovanile per assecondare i gusti o le tendenze dei consumatori. In Paper Dolls, il tentativo da parte di Miles di approfittare del momento di sconforto di Laurie giustifica la reazione violenta del patrigno della ragazza, che gli rifila un sonoro cazzotto. Ma si tratta di una semplificazione eccessiva e, francamente, inutile. Michael aveva infatti già manifestato il suo dissenso sulla situazione: inserire una ragazza tanto giovane in un contesto così tendenzioso come quello della pubblicità, significava far bruciare le tappe a Laurie negandole una crescita graduale e formativa. Questo problema, sollevato in un film televisivo americano degli anni 80 che sembra, a tutti gli effetti, un enorme spot per il mondo della moda, lascia spiazzati. In effetti, Paper Dolls coglie, meglio di tanti altri prodotti successivi, alcune criticità della odierna realtà che, purtroppo, con gli imperanti social network toccano chiunque e non solo la fortunata ragazza più bella della scuola.  






Nessun commento:

Posta un commento