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mercoledì 8 aprile 2020

L'ULTIMO COLPO IN CANNA

548_L'ULTIMO COLPO IN CANNA (Day of the evil gun); Stati Uniti, 1968. Regia di Jerry Thorpe.

Se Glenn Ford è un’autentica star della Hollywood classica, dal suo canto Arthur Kennedy è un attore in grado di reggere la scena alla grande nel ruolo di coprotagonista. L’ultimo colpo in canna, regia professionale a cura di Jerry Thorpe, si fonda praticamente sulla contrapposizione tra i due protagonisti interpretati dai formidabili attori. Lorn Warfield, il personaggio di Ford, è un ex pistolero che, dopo una lunga assenza, torna a reclamare moglie e due figlie, nel frattempo rapite dagli apache. Warfield ha una reputazione non troppo buona ma si dimostrerà uomo di valore e deciso a smettere i modi violenti. L’attore di origine canadese è perfetto per questo tipo di personaggio, perché ha l’apparenza di una brava persona nella quale si annida però una tendenza pericolosa. In L’ultimo colpo in canna il suo ruolo prevede il tentativo, riuscito, da parte dell’uomo di disinnescare questa sua deriva violenta. Sullo schermo l’operazione regge alla grande, con la tensione sostenuta dalla temuta esplosione di Warfield (nome che, letteralmente, significa campo di guerra, campo di battaglia), il cui carattere è ben sfaccettato da Ford. Il personaggio di Kennedy è Owen Forbes: individuo apparentemente più inserito nella comunità e di conseguenza più conforme alle consuetudini sociali, ha già nell’aspetto un po’ curvo, tipico del portamento dell’attore americano, qualcosa di infido, di sottilmente pericoloso. Durante l’assenza di Warfield, sua moglie Angie, ora rapita dagli indiani, credendosi vedova, si era risposata proprio con Forbes; e questi non è intenzionato a lasciare campo libero, nella ricerca della donna, al primo marito. 

Quello di Thorpe è un western crepuscolare, il film esce nelle sale nel 1968 e anche sullo schermo quello che vediamo è un periodo che si colloca alla fine della conquista del west. I pistoleri stanno uscendo di scena, per quanto la legge fatichi a farsi strada: ci sono ancora indiani ostili, (gli Apache, che storicamente furono tra gli ultimi nativi ad arrendersi), e anche il grado di moralità dei protagonisti è piuttosto scarso. Warfield, che è il personaggio principale, non esita a derubare i soldi di Forbes: quando sottrae al rivale la fotografia che ritrae sua moglie e le sue figlie è forse meno condannabile, come comportamento; ma vederlo prendere i soldi dalla tasca dell’uomo inerme a terra, lascia piuttosto perplessi. 


Almeno al cinema, nel western americano, rubare è un atto quasi più vile e ignobile perfino di uccidere. E’ una società, quella dei western del cinema, dove, se rubi un cavallo, ti appendono per il collo in un amen. Certo, la storia è ben differente nei coevi spaghetti-western; ma Glenn Ford è Glenn Ford e vederlo derubare vigliaccamente il rivale fa un certo effetto. Inoltre la questione ritorna fuori nel finale, prima del passaggio decisivo: il proprietario dell’emporio fa notare a Warfield che, al tempo, se ne andò dal paese lasciando il conto da pagare. Insomma, sembra quasi che il nostro eroe ce l’abbia per vizio. Va beh, d’accordo, ci saranno stati motivi contingenti a spingere l’uomo ad abbandonare il paese in fretta e furia, ma nel film abbiamo visto Warfield rubare senza alcuno scrupolo, e questo non depone certo a suo favore anche nei confronti della questione dei debiti col commerciante. Comunque l’uomo promette di pagare i conti in sospeso: intende cambiare, in sostanza. Un cambiamento che in parte ha già messo in atto: è arrivato alla fine del film cercando di evitare di seminare violenza e ora paga all’emporio con la sua pistola. Simbolicamente, in un colpo solo si libera dell’arma e paga il conto. Il commerciante accetta, sebbene rimarchi la sua contrarietà all’uso delle armi da fuoco. Warfield esce dal negozio disarmato e si incammina con un pacco sotto braccio. E’ una scena identica a quella che apre la pellicola: nell’incipit, un giovanotto lo riconosce come il pistolero più veloce della zona e lo sfida a duello. 

Ora è Forbes che vuole chiudergli il conto; del resto, già nel corso della storia, mentre Warfield cercava di contenersi, lo avevamo visto lasciarsi prendere via via da un certo compiacimento nell’uccidere. La circolarità della trama, alla fine ci troviamo nella stessa situazione dell’inizio del film, ci dice che siamo in una società in cui non si stanno facendo grandi progressi. Il west è un paese selvaggio e non sembra ci siano le condizioni per progredire: e il west, al cinema, rappresenta l’America. Intanto anche se Warfield è disarmato, Forbes è risoluto a eliminare il rivale amoroso; a salvare l’ex pistolero è proprio quel commerciante così contrario all’uso della violenza.

A vederla così, purtroppo per lui, in America pare non ci fossero, ne ci saranno in futuro, molte alternative.





Barbara Babcock



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