1773_SANDOKAN - SINGAPORE , Italia, Francia 2025. Regia di Luca Bernabei e Nicola Abbatangelo
Chissà se
è un caso, ma l’avvicendamento in regia, con Nicola Abbatangelo al posto di Jan
Maria Michelini, segna un cambio di passo stilistico: Singapore, il
quarto episodio della serie Sandokan, perde del tutto i banali connotati
da fiction televisiva per proporre, se non un impatto cinematografico, quanto
meno un aspetto da serie TV di prima categoria. L’ambientazione nella Singapore
del XIX secolo aiuta, con costumi e scenografie che creano la giusta atmosfera,
ma anche le scelte di regia, meno lente panoramiche grandangolari dall’alto in
favore di riprese che seguono i personaggi da vicino, aiutano a dare forza alla
narrazione. Che, dal punto di vista del soggetto, è perfino esagerata: d’accordo
che già la sigla con immagini bidimensionali sovrapposte ci introduce nel tono
della serie, ma Singapore è davvero un super concentrato di azione e
sentimento. Infatti, proprio come le scene che supportano i titoli di testa
sono fotografie e disegni che scorrono su più livelli, anche Sandokan,
da un punto di vista narrativo, presenta figure simboliche, stilizzate, che si
muovono all’interno di un castello narrativo a più piani. La traccia portante,
quella avventurosa, punta diritta al momento in cui Marianna verrà riscattata
da Brooke; per sapere come ci si arrivi occorre passare attraverso altre trame
di cui quella sentimentale è, ovviamente, la più intensa. Sandokan e la Perla
di Labuan giocano a fare i fidanzatini adolescenti –all’interno di una trama
decisamente forte, con morti ammazzati come corollario– ma gli allibratori non
accetterebbero scommesse sugli sviluppi. Le scene del ballo alla Festa della
Luna, peraltro, sono comunque emozionanti, segno che Can Yamal e Alanah Bloor
hanno la giusta intesa tra loro e con il contesto. Ma, se si parla di emozioni,
la parte del leone la fa Nur (Anja Bourdais), che scopriamo essere la madre di
Sandokan. Anzi, no; perché lo si è detto, i colpi di scena emozionanti sono
finanche eccessivi, in Singapore. Perché, dopo aver appreso che Sandokan
ha una madre, si scopre –e lui con noi, sempre in tema di pathos grondante– che
Nur non è la sua vera genitrice. Non prima che la povera donna venga colpita a
morte da un proiettile destinato a Marianna e che Sandokan aveva tratto in
salvo, decidendo, di conseguenza, la sorte di sua madre. Perché
all’appuntamento del riscatto, si erano presentati –non invitati– i terribili uomini
in nero, una sorta di ninja, del sultano Muda Ashim. Risultato: Brooke rimane
ferito, infuriato e con un pugno di mosche in mano, avendo perso l’oro del
riscatto senza aver salvato Marianna. La quale, dopo il rocambolesco scontro,
avrà ben capito il simbolismo della situazione: Nur era l’unica donna nella
vita di Sandokan e ora era morta al posto suo. Oltretutto, si ritrova di nuovo
sul praho dei pirati; ma mentre ci si interroga se questo metterà già fine ai
bisticci da innamoratini tra lei e la Tigre della Malesia, un cliffhanger
clamoroso scuote il finale di Singapore. Sandokan aveva infine
rinunciato ad aiutare Sani, la ragazza Dayak che era stata fondamentale per
liberare Yanez e i pirati nel secondo episodio. Quest’ultimo, manifestando un
filo – giusto un filo, eh – di ingratitudine, aveva convinto la Tigre che non
c’era modo di liberare il popolo della giovane, tenuto in schiavitù dagli
inglesi nelle miniere di antimonio. Ma c’è da giurare che, dopo l’ultimo colpo
di scena di questa puntata, il pirata riveda le sue posizioni in merito: sua
madre, in punto di morte, gli restituisce il ciondolo che aveva al collo quando
fu trovato sulla spiaggia, e quindi adottato. Sani riconosce subito la foggia
del monile: Sandokan è un Dayak tanto quanto lei.


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