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giovedì 27 novembre 2025

LA SPIA DELLE GIUBBE ROSSE

 1763_LA SPIA DELLE GIUBBE ROSSE (The Pathfinder)Stati Uniti 1952. Regia di Sideney Salkow

C’è un aspetto che salta subito all’occhio, guardando La spia delle Giubbe Rosse di Sidney Salkow: si intuisce, infatti, che il soggetto abbia una struttura perlomeno solida e, a quel punto, la messa in scena quasi amatoriale desta una certa perplessità. Anche perché sono troppi elementi che concordano a creare un certo disagio visivo per poter soprassedere: la prima nota stonata riguarda unicamente l’uscita italiana, ma cronologicamente, è solo il primo motivo di perplessità che si incontra. Il film è degli anni 50, nel pieno del momento d’oro dei Mountie Movie e, per quanto si trattò di un filone poco conosciuto, probabilmente i distributori del Belpaese provarono a sfruttarne l’effetto traino. Perché, perlomeno in Italia, quando si parla di «giubbe rosse» si pensa sempre al glorioso North West Mounted Police, la polizia canadese a cavallo, mentre i soldati in casacca scarlatta del film di Salkow sono i militari inglesi del XVIII secolo. Niente di grave, per carità, ma suscita sempre un certo fastidio accorgersi che ci sia una informazione fuorviante proprio nel titolo, che spesso è il primo elemento che si prende in considerazione per decidere la visione di un film. Nel quale, l’ambientazione è dunque quella delle Guerre di Frontiera nordamericane che vedeva fronteggiarsi Inglesi e Francesi che si disputavano la supremazia anche in ambito coloniale. Questi continui conflitti videro coinvolti, da una parte e dall’altra, gli Indiani, che ne La spia delle Giubbe Rosse hanno naturalmente un ruolo rilevante. E qui veniamo al vero punto debole del film, perché la razzia nel campo mohicano ad opera dei guerrieri Mingo è realizzata in modo davvero poco convincente e per nulla evocativo. Il film di Salkow delude in modo particolare nelle scene con protagonisti i nativi americani, raffigurati in modo troppo semplicistico ma, in generale, tutte le riprese in esterni non riescono a persuadere nemmeno il più ben disposto spettatore. Le foreste del nord est americano, che sono il teatro degli avvenimenti narrati, hanno, al solo parlarne, un fascino che, ne La spia delle Giubbe Rosse, è totalmente assente. 
Vanno un po’ meglio le scene d’interni e le sequenze che vedono all’opera i soldati europei, gli Inglesi in divisa rossa e i Francesi in completo bianco: si tratta forse di un’impressione opinabile, ma una ricostruzione posticcia è più credibile se raffigura quei militari in uniforme che siamo abituati a vedere nei musei o sui libri di scuola. Per la storia americana, a cui, in qualche modo La spia delle Giubbe Rosse fa riferimento, il rimando comune è il cinema e la pellicola di Salkow, spiace dirlo, non onora a dovere il media stesso a cui appartiene. Non si è fatto ancora menzione di quella che forse è la fonte di maggiore scorno, per lo spettatore appassionato ai temi nordamericani, guardando La spia delle Giubbe Rosse. Il soggetto del film è, infatti, il romanzo La staffetta di James Fenimore Cooper, in pratica uno dei capitoli della saga di cui è parte anche il notissimo L’ultimo dei Mohicani. In effetti, nell’originale, il titolo è The Pathfinder, ovvero lo stesso del testo di Fenimore Cooper, e protagonisti del racconto sono Pathfinder (George Montgomery), che altro non è che Occhio di Falco, Nathaniel Bumppo o Calzadicuoio, ovvero l’eroe con più soprannomi della letteratura americana, e Chingachgook (Jay Silverheels), il suo padre putativo mohicano. Occhio di Falco e Chingachgook sono i protagonisti anche de L’ultimo dei Mohicani, vicenda nella quale perderà la vita Uncas (Edward Coch), che qui vediamo ancora bambino. Come lascia intendere, stavolta giustamente, il titolo italiano, nella storia ci sono elementi tipici dello spionaggio e, come facile intuire, il soggetto, avendo solida origine letteraria, è ben costruito. Il che è pienamente avvertibile ma, purtroppo, questa valida impostazione alla base non fa che acuire il disappunto e la delusione per una messa in scena tanto fiacca in troppi passaggi. Insomma, un film ambientato nelle tenebrose foreste della Guerra di Frontiera americana che difetta proprio da un punto di vista scenico è un autentico delitto cinematografico.




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