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lunedì 3 novembre 2025

MISS MARPLE - GIOCHI DI PRESTIGIO

1755_MISS MARPLE - GIOCHI DI PRESTIGIO (They do it with Mirrors)Stati Uniti, Regno Unito 2010. Regia di Andy Wilson

Il terzo episodio della quarta stagione della serie televisiva britannica Miss Marple è tratto dal romanzo di Agata Christie Giochi di prestigio, nell’originale They do it with mirrors, di cui conserva, tutto sommato, l’elaborata trama. Julia McKenzie, nel ruolo di Miss Marple da questa stagione, è sempre convincente, anche perché ha una innata modestia che le permette di «tirare le redini» del giallo stando sempre un passo indietro. Il che è un po’ lo stile di questo tipo di storie, dove una innocua vecchietta è in grado di bagnare il naso a navigati inquirenti. Lo stile discreto della McKenzie risulta evidente nel finale, quando «spiega» al detective di turno, l’ispettore Curry (Alex Jennings) la soluzione degli omicidi accaduti a Stonygates, la residenza degli Serrocold: ma, a quel punto, l’ispettore ha già capito che l’anziana signorina è avvezza a risolvere gialli e non si scompone più di tanto, del resto è il tipico inglese d’inizio XX secolo dotato del caratteristico aplomb. In un passaggio precedente, quando il poliziotto interroga la Marple –tra l’altro, è curioso che non sia a lui nota, visto i tanti i casi già risolti dalla donna– lei quasi si diverte e, con malcelata noncuranza, centellina quelle informazioni che, argutamente, aveva fin lì già raccolto. In questo atteggiamento di modestia un po’ di maniera tipico di questi personaggi, la McKenzie è molto brava ma il suo approccio, diciamo così, umile, sembra sincero e professionale e lo si vede anche nel rapporto con la guest star dell’episodio. In effetti Miss Marple: Giochi di prestigio è noto per la partecipazione di Joan Collins e non è mai semplice, per gli interpreti regolari di una serie o per gli autori, gestire la presenza di star del calibro della diva inglese. Anche nel romanzo di Agata Christie, Ruth Van Rydock, il personaggio interpretato dalla Collins, è descritto come una donna ancora bellissima e il fatto di essere coetanea di Miss Marple, che quasi sembra la sua anziana madre a confronto, ne enfatizza il fascino. La scena è ripresa anche nel film, con una sorta di «aggravante» per la povera McKenzie: se Miss Marple appare decisamente più attempata di Lady Van Rydock nonostante abbiano la stessa età, l’attrice protagonista deve sostenere questa parte pur avendo otto anni in meno della Collins. Joan, 76 anni portati sospendendo il passaggio del tempo, è relegata in una parte secondaria –il suo ormai tipico ruolo di donna ricca e cinica, almeno in apparenza– ma quando è in scena si mangia ovviamente il film, attori compresi. 
In effetti, nessuno del cast è nemmeno lontanamente paragonabile al suo status di stella di prima grandezza di Hollywood e il film appare forse più coerente quando la diva è assente dalla scena. Tuttavia Joan è adorabile, come suo solito, ed è particolarmente piacevole rivederla nell’incipit, la scena dell’incendio, nel quale sembra di ritornare ai suoi horror inglesi degli anni Settanta. Il film, nel complesso, restituisce abbastanza fedelmente sia il romanzo all’origine che il tipico mondo di Agata Christie, fatto di situazioni intricate ed elaborate colme di bizzarrie che necessitano di pazienza e apposita predisposizione per lasciarsene catturare, dopodiché immergono completamente il lettore, o lo spettatore in questo caso, nel microcosmo creato ad arte dall’autrice inglese. Tra le note più curiose di questo film c’è il cancello d’entrata di quella sorta di riformatorio che sorge accanto a Stonygates ma, prima di chiarire perché, occorre inquadrare un minimo la vicenda. La proprietaria della residenza, Carrie Louise Serrocold (Penelope Wilton), sorella di Ruth Van Rydock, è una filantropa al centro di una famiglia allargata e, accanto alla sua elegante casa, ha allestito un istituto per recupero di detenuti. Qui c’è un primo livello della riflessione della Christie sull’origine del Male: nonostante i pregiudicati nelle vicinanze abbondino, gli «ospiti» dell’istituto, il punto nevralgico dell’intrico delittuoso sarà ovviamente trovato all’interno della famiglia. Una famiglia articolata quanto le trame della scrittrice inglese, dove abbondano mariti, ex mariti, figlie naturali, figlie adottive, figliastri e via di questo passo. Il citato cancello di ingresso reca una scritta che rielabora un verso della Divina Commedia di Dante, “Lasciate ogni speranza voi che entrate” [Dante Alighieri, La Divina Commedia, Terzo canto dell’Inferno], cambiato in questo caso in “Recover Hope All Ye Who Enter Here” (Traduzione: Ritrovate la speranza o voi che entrate). È una bella intuizione e, in effetti, l’istituto per il recupero dei criminali sembra in anticipo sui tempi, visto che il romanzo uscì nel 1952. Tuttavia, al netto della citazione esplicita di Dante, l’ingresso del cancello ricorda molto di più quello dei campi di concentramento nazisti con l’insegna “Arbeit macht frei” (Traduzione: Il lavoro rende liberi). Un cortocircuito concettuale interessante, sebbene molto inquietante.    



Joan Collins 


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