1613_AMERICA DI NOTTE . Italia, Francia, Brasile, Argentina 1961: Regia di Giuseppe Maria Scotese e C.A. Souza Barros
Seppure non paragonabile minimamente a quella di Alessandro Blasetti, la
carriera cinematografica di Giuseppe Maria Scotese, agli inizi degli anni
Sessanta, era già più che rispettabile. Il successo di Europa di notte
ispirò Scotese e il suo socio Angelo Faccenna della Ital Caribe per una
produzione che si inserisse nella scia del documentario sexy di Blasetti: America
di notte. Nella preziosa intervista rilasciata a Daniele Aramu e pubblicata
su Nocturno Book – Mondorama [Daniele Aramu, Apocalisse domani, Nocturno
Book n.9 – Mondorama, Nocturno Edizioni, Milano pagina 27], Scotese racconta
delle particolari condizioni che accompagnarono l’esperienza nelle sale di America
di notte, a partire dalla spiacevole concomitanza di uscita con il
successivo film di Blasetti, Io amo, tu ami. Il patriarca del cinema
italiano, nonostante il successo di Europa di notte, non volle insistere
sulla stessa formula, e cercò un approccio diverso, focalizzandosi più che
sull’aspetto erotico o sessuale, sul sentimento dell’amore. Il film non ebbe un
grande riscontro di pubblico e Scotese, nella citata intervista pubblicata su
Mondorama, sembra quasi dispiaciuto che, al contrario, America di notte
andò benissimo al botteghino. Quasi che, essere un prodotto simile e nelle sale
nello stesso momento, rendesse America di notte in qualche modo
responsabile del fallimento di Io amo, tu ami. All’apice del successo,
sempre stando alle parole dello stesso regista, America di notte venne tuttavia
sequestrato perché, all’interno di uno spettacolo di danza folcloristica
ambientato a Rio de Janeiro, si intravvedeva un capezzolo di una delle
ballerine, per non più di qualche fotogramma. Curiosamente, lo stesso destino
capitò anche a Io amo, tu ami, il film di Blasetti, che fu forzatamente
ritirato il 18 aprile a Milano, nonostante il documentario non fosse
particolarmente piccante: tuttavia alcune immagini girate in un locale notturno
di Londra furono ritenute oscene dalla Procura della Repubblica di Foggia. Questo
per dire il clima che si respirava, in quei primissimi anni Sessanta, nello
Stivale.
Per quel che concerne America di notte, alla cui regia
collaborò Carlos Alberto de Souza Barros, si può
lasciare idealmente parola a Scotese: “Ho girato questo film ben sapendo che il titolo e il genere non sono
di mia invenzione, ma negli ultimi anni, visitando le due Americhe, ho visto
tanti spettacoli e cose interessanti ed ho pensato che valesse la pena di
raccontarle. Mi sono soffermato non soltanto sui balli, le musiche e le
attrazioni dei locali notturni da New York a Buenos Aires, ma anche su una
certa America che si è spesso trascurato di conoscere. E quest'ultima è un’America
incredibile, in cui la tradizione sbuca fuori ad ogni angolo di strada. Cosi se
ho visitato Reno e i suoi nights con molte coppie in attesa di divorzio, mi
sono anche fermato a lungo a New Orleans, nel vecchio e pittoresco quartiere
francese. Sono stato a Virginia City, una città abbandonata che sembra la
ricostruzione per un film western, fatta per 50.000 abitanti e ora ridottasi a
non più di mille. E mi sono spinto, tra l'altro, fino alla «Boca», il piccolo e
vecchio quartiere di Buenos Aires dalle casette dipinte”. [Gino Barni, Ha narrato in un film le meraviglie dell’America notturna,
Stampa sera, anno 93, n. 67, lunedì 20-martedì 21 marzo 1961, pagina 9]. Contrattempi giudiziari a parte, il film convincerà un po’ tutti, dal
pubblico alla critica: “Alla miglior tradizione della documentaristica italiana
(…) si salda America di notte del regista Giuseppe Maria Scotese, il
quale ha felicemente adattato alle due Americhe la stessa formula che è servita
a Blasetti per le sue meritamente fortunate «antologie» europee. (…) New York,
Chicago, Las Vegas, San Francisco, Nuova Orleans, Trinidad, Cuba, Caracas, Rio
de Janeiro, Buenos Aires, sono le tappe di questo viaggio attraverso le
frenesie notturne di un intero continente; frenesie che hanno per termini fissi
il ballo e lo spogliarello (qui davvero tutto il mondo è paese), ma che,
improntandosi di razze, costumi e ambienti diversissimi, e passando dai locali
più scalcinati ai più lussuosi, dalle più sofisticate élites alle più chiassose
promiscuità, dal jazz al tango, alla samba e alla carioca, danno per forza al
film la dilettosa, volubilità del caleidoscopio”. [l. p., America di notte: danze e spogliarelli, La Stampa, anno
95, n. 94, giovedì 20 aprile 1961, pagina 4]. Ci
furono anche commenti meno lusinghieri, e tra le cose a lasciare qualche
perplessità fu probabilmente il commento, letto dal popolare conduttore
televisivo Corrado (al secolo Corrado Mantoni). Indubbiamente fare dell’ironia
per un’ora e mezza di filmati grosso modo monotematici non è impresa semplice,
in ogni c’è almeno un passaggio che, nel suo essere piuttosto schietto, con
passaggi assai poco ‘politicamente corretti’, rende però bene lo spirito
dell’intera operazione. Siamo sull’isola di Trinidad, nei Caraibi: “Miramar Night
Club, poco lontano dal porto; un locale frequentato dal pubblico di ogni ceto.
Trinidad, colonizzata dagli inglesi, è un felice crogiolo delle razze più
diverse, favorito dalla politica di immigrazione britannica, e portato
facilmente al ‘punto di fusione’, sia dal clima che dall’incalzare di ritmi
(musicali, NdA) come questo. Che avranno da dirsi la florida negrotta e il
segaligno inglese byroniano? Moltissimo, a quanto pare”. E il segmento filmico prosegue
descrivendo pittorescamente altri avventori del locale, prima che Corrado chiuda
così il passaggio: “Di che colore verranno fuori i figli? Nessuno se ne
preoccupa, in questo paese che è il meno razzista del mondo”.
In definitiva non si tratta certo di un film imprescindibile, tuttavia, soprattutto da un punto di vista musicale, America di notte è sicuramente un’opera godibile e nettamente superiore alla media dei prodotti simili del tempo.
In definitiva non si tratta certo di un film imprescindibile, tuttavia, soprattutto da un punto di vista musicale, America di notte è sicuramente un’opera godibile e nettamente superiore alla media dei prodotti simili del tempo.
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