1609_VOLCANO (Vulcan). Ucraina, Germania 2018: Regia di Roman Bondarchuk
L’inquadratura dall’alto di una pozzanghera, scarsamente illuminata mentre cade una lieve pioggia. No: non stiamo affatto guardando una pozzanghera, perché quell’acqua dev’essere assai profonda, visto che quella che vediamo passare sotto il nostro punto di vista, scorrendo verso l’alto, è una barca. Beh, più che una barca una nave; si muove lentamente verso la parte superiore dello schermo e se ne distinguono perfettamente tutti i minimi particolari al punto che, quasi, non si notano i membri dell’equipaggio indaffarati nelle loro manovre. Solo allora ci si rende conto di quanto è grande questo cargo: è l’ennesima piccola sorpresa con cui Roman Bondarchuk, giovane regista ucraino, si diverte a infarcire i primi quattro minuti scarsi di Volcano, dove, in buona sostanza, non succede niente. Non che nel resto del lungometraggio accadano cose così imprescindibili da conoscere, per la verità, ma il film di Bondarchuk è decisamente interessante, divertente e graffiante, oltre ad essere, a suo modo, rivelatorio. Del resto il regista nato a Kherson ha già mostrato il proprio valore con Euromaidan – Rough cut [Euromaidan – Rough cut, autori vari, 2014] dove ha diretto e coordinato un lavoro collettivo, e, soprattutto con Ukainian Sheriffs [Ukainian Sheriffs, Roman Bondarchuk, 2015]. Volcano segna un significativo cambiamento, nel cinema di Bondarchuk, perché è un film di finzione, nel quale l’autore può dar quindi sfogo alla sottile vena surreale già intravvista nel film degli sceriffi ucraini. Interessante la definizione del recensore di The Guardian: “Questo cumulo di eccentricità rende Volcano il cugino obliquo di Donbass di Sergei Loznitsa”. [Phil Hoad, Recensione di Volcano: l’avventura ucraina prende una piega surreale, The Guardian, pagina web https://www.theguardian.com/film/2021/nov/09/volcano-review-ukrainian-adventure-takes-a-surreal-turn, visitata l’ultima volta il 13 gennaio 2025].
Per poterne meglio coglierne la portata, prima di approfondire questa spiazzante deriva del film, è utile prendere giusto qualche coordinata narrativa: Lukas (Serihy Stepansky), funzionario OCSE [Organizzazione per Cooperazione e Sviluppo Economico] nato a Kyiv, rimane sperduto nella steppa della remota periferia di Kherson, nel sud dell’Ucraina. Se già non si trattava di aree particolarmente emancipate, la guerra con la Russia, forse anche la separazione della vicina Crimea, hanno ulteriormente finito per isolare queste desolate lande. Lukas vorrebbe rientrare immediatamente a Kyiv ma una serie di grotteschi contrattempi lo costringono a rimanere nella fatiscente abitazione di Vova (Viktor Zhdanov). L’uomo vive con la giovane e graziosa figlia Marushka (Khrystyna Deylyk) e l’opprimente madre (Tamara Sotsenko) e si mantiene raccogliendo rottami e con una piccola bancarella al mercatino locale. A questo proposito, gustoso l’aneddoto della «colla molecolare» raccontato da Bondarchuk, che evidenzia come il surrealismo non sia tanto una cifra del racconto di finzione ma, piuttosto, dell’ambientazione reale del film. “Due dei nostri attori principali hanno provato la vendita della colla nel bel mezzo del mercato. E i clienti reali hanno iniziato ad avvicinarsi a loro e a chiedere il prezzo. Abbiamo realizzato una scena in cui i passanti casuali hanno comprato quasi tutti gli oggetti di scena. Quando volevamo fare un’altra ripresa e abbiamo chiesto ai clienti di restituire la «colla», la gente è scappata, perché non credeva che si trattasse di un film. Un uomo ha gridato: «Cerco questa colla dal 1995 e non do niente a nessuno!» Dopodiché, l’intera città puzzava di plastica che veniva fusa sui fornelli a gas, secondo le istruzioni sulla confezione, perché si è scoperto che i nostri produttori di oggetti di scena, non trovando la colla vera e propria, avevano usato una plastica come finta colla”. [Intervista VIFF 2018: Roman Bondarchuk, regista di Volcano, dal sito Getreel Movies, pagina web https://getreelmovies.com/viff-2018-interview-volcano-director-roman-bondarchuk/, visitata l’ultima volta il 13 gennaio 2025]. In Volcano c’è la giusta alchimia tra la vena surrealista delle situazioni e il background fortemente realistico, un connubio che funziona alla perfezione sia per la capacità documentaristica di Bondarchuk, sia per il particolare contesto. Dice, a questo proposito ancora il regista: “Un’altra sfida era che volevo che la gente del posto interpretasse personaggi locali. Parlano in modo diverso, si muovono in modo diverso”. [Ibidem]. Come già anticipato nella breve scena iniziale descritta in apertura di questa recensione, non è però così semplice e banale intuire il senso del cinema di Bondarchuk: Volcano non è, insomma, una commedia demenziale che ridicolizza gli abitanti della steppa dell’Ucraina del sud, tutt’altro. Intanto perché il giovane regista è un assoluto maestro nella composizione delle inquadrature, che raccontano la storia parallelamente al classico canovaccio, amplificandone le possibilità.
Tra le tante belle e intriganti immagini, si può scegliere quella in cui Lukas seduto è ripreso riflesso nello specchio su una mensola o un ripiano, in modo che l’uomo sembri un soprammobile o un’immaginetta. Se ad un primo livello questo indica il suo essere imprigionato in quello sperduto angolo di mondo, in modo più sottile sottolinea l’inutilità che ha un importante funzionario dell’OCSE una volta che venga tolto dalla sua zona di confort. La storia sentimentale tra Lukas e Marushka, che procede in verità in modo assai stentoreo, può sembrare un diversivo per portare aventi la storia nella seconda parte, quando ormai gli ingredienti più sostanziosi sembrano già essere stati profusi nel racconto. In realtà c’è almeno un elemento che non è trascurabile, ovvero quando la ragazza rinfaccia all’uomo di aver incominciato lui il gioco di seduzione. Alle successive avances di Marushka, Lukas, infatti, resistite, adducendo il fatto di essere sposato. La ragazza incassa il momentaneo «due di picche» ma sottolinea come non sia stata lei ad innescare il flirt; il tipico gioco maschile di «tirare il sasso e nascondere la mano» somiglia guarda caso alla strategia di quelle organizzazioni e associazioni –forse come la stessa OCSE?– del mondo occidentale progredito a cui piace studiare, curiosare e indagare come si vive nelle aree meno emancipate ma senza mai effettivamente sporcarsi le mani. Un po’ come si guarda un acquario e, in effetti, Lukas per compiere il suo passo decisivo, posto che l’abbia poi compiuto, finirà in acqua. E Volcano? Siamo sicuri che il film di Bondarchuk non sia altro che uno sguardo divertito alle spalle dei personaggi del racconto? Beh, tanto per cominciare, che il regista sia nativo di Kherson, ovvero di quella stessa regione, è un indizio da non sottovalutare. E poi, com’è che ha definito il film il recensore di The Guardian? «Il cugino obliquo di Donbass». E com’è che questo sguardo sbilenco ci sembra, a suo modo, tanto famigliare? Forse perché, in fondo, sotto i nostri aspetti conformisti, siamo tutti «cugini obliqui».
Khrystyna Deylyk
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