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martedì 14 gennaio 2025

FALLING

1607_FALLING . Ucraina 2017: Regia di Maryna Stepanskaya

C’è un proverbio italiano che recita «la necessità aguzza l’ingegno». Chissà se in Ucraina hanno qualcosa di simile che spieghi in poche parole come, a fronte di una situazione che non sembra offrire soluzioni comode, le persone finiscano per trovarne di geniali. Questa cosa è clamorosa nel cinema ucraino, che sta attraversando un momento di grande fermento proprio quando il Paese è nella situazione conosciuta con una guerra terribile che l’attanaglia. Ma le difficoltà furono precedenti a questa escalation e anche agli eventi di Euromaidan, anzi si può dire che i dubbi e le incertezze dei giovani dell’epoca furono una delle cause scatenanti le proteste di Piazza Indipendenza. Marina Stepanska, la sorprendente regista dello splendido Falling, ennesimo capolavoro del cinema ucraino di questi anni, a proposito del suo esordio al lungometraggio, ricorda anche quei giorni con queste parole: “Questo film parla di me e dei miei amici; nel 2013 vivevamo tutti a Kiyv, anche se ora nessuno di noi è più là. Il sentimento più forte che avevo in quei giorni era una sorta di disorientamento. C’era un’enorme differenza tra quello che provavo e quello che avrei dovuto provare. Stavo tutto il tempo seduta in cucina, che è per tutti il luogo sacro della casa, a leggere notizie e opinioni sul futuro del nostro paese, e mi sono resa conto che pensavo al futuro di una persona in particolare. Questa persona ha assorbito il mio dolore e i miei momenti di gioia. Ne è venuta fuori la storia di un ragazzo di 26 anni, perché conoscevo quel tipo di persona, ma sono giunta alla conclusione che se fosse stata una ragazza, sarebbe stata la stessa cosa”. [dall’intervista alla regista Marina Stepanska sul sito Cineuropa, pagina web https://cineuropa.org/it/interview/330804/, visitata l’ultima volta il 24 dicembre 2024]. Il ragazzo in questione è il protagonista di Falling, Anton (Andriy Seletskiy), un compositore enfant prodige che, non riuscendo a gestire la sua ossessione per la musica, si era rifugiato nell’alcol e nella droga. Dopo un lungo periodo di riabilitazione torna dalle sue parti, in periferia di Kyiv, dove incontra Katya (Daria Palkhtii, bravissima, e in grado di bucare lo schermo in almeno un paio di occasioni), apparentemente una normalissima ragazza. 

In realtà, Katya, ha qualcosa di speciale, non a caso il fotoreporter tedesco Johann (Christian Borys), quando la immortalò ai tempi delle proteste di Piazza Indipendenza, l’aveva definita la “Principessa di Maidan”. In effetti, nella scena forse più iconica del film, la Palkhtii che fuma mezza nuda, con il solo pellicciotto a coprirne le grazie, sfodera un fascino che giustifica il nobile soprannome. Anche per via della giovane età, l’attrice ucraina ha un minimo di carriera alle spalle mentre il coprotagonista Andriy Seletskiy è all’esordio sullo schermo: la mancanza di esperienza non è però un limite per la loro prestazione attoriale, tutt’altro. A questo proposito, la Stepanska spiega così come sia riuscita ad ottenere un risultato eccellente proprio grazie alle caratteristiche dei suoi interpreti: “Questo è il metodo che ho usato in Falling, si è trattato veramente di ricostruire uno scenario di vita reale a partire da dettagli reali, durante le riprese. Le storie di questi attori sono in parte simili a quelle dei personaggi che interpretano, ma possono modificarle come se fossero strumenti in mano a loro stessi. Non credo nella cosiddetta manipolazione della realtà da parte del regista, soprattutto quando sono coinvolti attori non professionisti. Non ho ancora visto un risultato che mi abbia convinto. Se hai una scena precisa in mente, prendi degli attori e ricostruiscila con loro; se però vuoi indagare la vita vera, prendi attori non professionisti, ma non credere di dar vita alle tue idee grazie a loro. Bisogna aver rispetto della realtà, perché trova sempre il modo di sovrastarti”. [Ibidem]. Come accennato, i protagonisti della storia d’amore del film sono due personaggi un po’ incerti e spaesati: Anton torna alla vita normale dopo la disintossicazione in clinica e, comunque, in precedenza era stato un bambino prodigio, non un tipo ordinario e inquadrato. Katya è una bella ragazza, “Principessa di Maidan” mica per niente, e, ora, insieme a Johann, il fotografo tedesco, è in procinto di lasciare l’Ucraina per trasferirsi in Germania. In teoria, se Anton ha tutte le ragioni per essere frastornato, la posizione della ragazza non sembra poi così indecisa, si appresta piuttosto a cambiare radicalmente vita. Ma, forse, per Katya, la realtà non è così lineare come per il suo fidanzato tedesco Johann, che non riesce a comprenderla fino in fondo così come non riesce a cogliere le sfumature delle storie che la ragazza ama raccontare. Come quella con il rimando all’oppressione del regime sovietico, una eredità che l’Ucraina non si è riuscita a scrollare di dosso e, quando ci stava provando con più decisione, ci ha pensato Putin a rinfrescarle la memoria. Geopolitica a parte, Katya incontra per caso Anton, troppo perso nei suoi labirinti interiori per corteggiarla seriamente, ma la ragazza è intraprendente e coraggiosa, e la storia sentimentale, pur faticando a carburare, in qualche modo si avvia. L’ex musicista prodigio, oltre ai suoi problemi è, tra l’altro, alle prese con una madre alcolizzata e abbandonata al suo destino (Larysa Rusnak) e un nonno autoritario, (Oleh Mosiichuck), che lo accoglie in casa ma non sembra perdonagli tutto quel talento sprecato. Katya ha comunque fatto la sua mossa, lasciando ampiamente intendere l’interesse per Anton, che, tuttavia, ha sempre un atteggiamento ambiguo. Poi, quando il nonno sta male e la ragazza mostra la sua capacità di affrontare la situazione, il giovane cala le sue carte, proiettando nel futuro la loro ipotetica storia d’amore. E non è una previsione ottimistica: Anton è un ex alcolista e drogato, conosce le proprie debolezze e cosa gli riserva il futuro e non può certo augurare ad una ragazza, di cui con ogni evidenza è innamorato, di condividerlo. “Perché una cosa è pulire il vomito di un alcolista, un’altra è salvare un genio. Vuoi davvero pulire vomito tutta la vita?” È un tremendo knockout per la storia d’amore dei due protagonisti e arriva proprio quando questa sembrava poter decollare. Nel finale, gli scossoni narrativi del soggetto, dopo che la vicenda sentimentale si è sviluppata sottotraccia a fronte di un’apparente stagnazione, si susseguono e la chiamata alle armi di Anton ribalta completamente la situazione. Nel suo citato slancio di sincerità, il giovane aveva confessato quanto fosse opportunista per indole, oltre che per via delle dipendenze di cui era stato afflitto, e la trama ne offre la conferma: Anton si mette alla ricerca di Katya, la ritrova, e la love-story può finalmente incendiarsi. Poi, dopo l’amore, il ragazzo confessa di essere stato richiamato dall’esercito lasciando sgomenta la povera giovane. L’ultimo colpo di scena è quasi beffardo, e il montaggio, non cronologico, serve forse a confermare le parole di Anton: nel loro vagare senza meta, i giovani ucraini sembrano davvero degli spettri, incapaci di governare il proprio talento o le opportunità che la vita ti offre. Il film è giocato tutto sull’espressività dei volti dei due attori, Daria Palkhtii e Andriy Seletskiy con risultati sorprendenti, come sottolinea Jessica Kiang nella sua recensione per Variety: “le scene dell’attrazione iniziale di Katya e Anton sono meravigliose. Stepanska tiene un’inquadratura di loro che si guardano l’un l’altra attraverso una piccola cucina e, sebbene rimangano in silenzio, le informazioni trasmesse nei loro sguardi e nel sottile movimento dei loro corpi sembrano una conversazione densa”. [Jessica Kiang, Karlovy Vary recensione: Falling, Variety, pagina web https://variety.com/2017/film/reviews/falling-review-1202486202/, visitata l’ultima volta il 24 dicembre 2024]. Per ottenere questo risultato in termini di espressività di volti e immagini, è stato importante anche il contributo del direttore della fotografia, Sebastian Thaler, anche lui al sorprendente esordio. Tutto questo talento per un film pessimista, quindi? E non tanto perché il protagonista muoia, ma perché la storia d’amore finisce quasi prima di cominciare, anzi, è fatta cominciare con la consapevolezza che fosse già finita. È un film intimo, Falling, e racconta il destino dei suoi protagonisti, e non del loro Paese; oltretutto la guerra, pur se presente e determinante, è lasciata sullo sfondo. Al centro della scena ci sono i personaggi, certo: nessuno dei quali particolarmente fortunato. La madre ubriacona e abbandonata alla sua sorte, il nonno che la combina grossa proprio per la sua testardaggine e Anton, che ci lascia stupidamente le penne ma, forse, è proprio quello che ha meno rimpianti. Chi ha un destino atroce è Katya: e dire che stava per andare a Berlino, a vivere una vita probabilmente normale; prevedibile, forse non felice, ma almeno non una tragica. Sarà anche un film intimo, Falling, ma serve ricordare che Berlino è in Europa o la metafora è già abbastanza chiara? 


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