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mercoledì 23 settembre 2020

ORGOGLIO E PASSIONE

639_ORGOGLIO E PASSIONE (The Pride and the Passion); Stati Uniti1957. Regia di Stanley Kramer. 

Pastrocchione storico intriso di poco di orgoglio e appena spruzzato di passione, Orgoglio e passione di Stanley Kramer è la dimostrazione dei rischi che sono connaturati con il cinema hollywoodiano. Quando in California puntano tutto sulla maestosa messa in scena e sui nomi altisonanti del cast, il pericolo sono i biscottoni come quello che ci propina il regista statunitense in questa occasione. Kramer arriva dalla produzione (tra i suoi lavori in questa mansione da citare almeno Mezzogiorno di fuoco) e questo Orgoglio e passione è il suo secondo film come regista: l’idea è che si sia focalizzato troppo sui dettagli più costosi (le scene di massa, l’impatto visivo dell’opera, il cast) finendo per trascurare i dettagli che sono invece i maggiori contribuenti alla riuscita di un film. Certo, il pubblico sarà rimasto a bocca aperta, guardando le maestose scene di battaglia, o gli evocativi esterni girati in Spagna; oppure si sarà innamorato dei divi, Cary Grant, Sophia Loren e Frank Sinatra. Se non ci si sottrae a questo sognante ipnotismo, il film funziona, anche per via del suadente commento sonoro di George Antheil, che propone un tema musicale che ricorda ossessivamente il Bolero di Maurice Ravel. Chissà, forse negli anni cinquanta era davvero anche così che funzionava il cinema, sebbene il film in questione non fu certo un successo al botteghino. Visto oggi, però, le troppe inesattezze e i passaggi incoerenti (penne d’oca che scrivono senza bisogno di essere intrise nell’inchiostro, giganteschi cannoni che precipitano oltre un fosso e nella scena dopo sono invece dentro a quello stesso avvallamento, spari dello stesso enorme cannone fuori sincrono con le esplosioni) e la recitazione dei divi poco partecipativa (Grant imbalsamato, Sinatra svogliato, la Loren capace soltanto di sembrare una martire addolorata) mandano a picco la visione. Volendo essere maliziosi, ma forse in modo fuori luogo, del triangolo melodrammatico si può ricordare la battuta della Loren, che chiarisce a Sinatra che Grant deve rimanere in quanto è l’unico che sappia far funzionare il cannone. Cannone che, tornando a riferirsi all’arma bellica al centro del lungometraggio, è gigantesco e certamente è uno degli elementi che si ricordano del film, unitamente ad alcune spettacolari sequenze, che conservano ancora intatta la maestosità dell’impatto scenico. Ma è troppo poco e, anzi, le grossolane incongruenze urtano proprio con la presunta sponda storica del film che, a quel punto, sembra davvero un imbroglio. Imbroglio e (poca) passione, nel qual caso.



Sophia Loren











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