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giovedì 17 settembre 2020

DOV'E' ANNA?

636_DOV'E' ANNA?  Italia, 1976. Regia di Piero Schivazappa.

L’epoca d’oro degli sceneggiati Rai fu tra gli anni sessanta e i settanta e, in quest’ultimo, decennio vennero prodotti alcuni assoluti capolavori di questo format televisivo. Eppure già in opere in genere considerate riuscite come Dov’è Anna? di Piero Schivazappa si intuiscono i primi segnali che il momento culminante è ormai alle spalle. Siamo nel 1976, quando la Rai manda in onda questo sceneggiato giallo in sette puntate, nel pieno dei seventies quindi, ma Dov’è Anna? anticipa alcuni limiti tipici delle produzioni televisive che esploderanno compiutamente dagli anni 80 in poi. Intendiamoci, quello di Schivazappa è nel complesso un buon lavoro, avvincente quasi fin da subito e con un finale desolante che, nel suo pessimismo, denota un certo coraggio da parte degli autori. Il racconto è incentrato sulla misteriosa sparizione di Anna (Teresa Ricci), una giovane donna che vive a Roma. Il marito Carlo (Mariano Rigillo) si metterà sulle sue tracce, soprattutto quando il commissario Bramante (Pier Paolo Capponi) alzerà bandiera bianca non riuscendo a cavare un ragno dal buco; a suo fianco, Paola (Scilla Gabel) collega di Anna segretamente innamorata di lui. Questi aspetti, l’ambientazione nella quotidianità italiana di un racconto giallo e soprattutto l’intraprendenza del privato cittadino a fronte dell’incapacità delle forze dell’ordine, possono aver aiutato lo spettatore del tempo, che si ritrovava in quegli anni in una società che stentava a riconoscere come ambito di appartenenza. Tuttavia un caso di una donna che sparisce senza lasciare traccia, in qualunque contesto, desterà sempre l’attenzione; e questa leva rimante l’elemento di maggior peso di Dov’è Anna? 

In generale, la produzione è di buon livello, ancora fortemente ancorata alla tradizione Rai che, non lo si dirà mai abbastanza, fino a quegli anni era davvero eccellente; basti pensare all’efficacia dell’ossessivo tema musicale dello sceneggiato, opera di Stelvio Cipriani. Dal canto suo, il pubblico rispose in modo assolutamente positivo, con ascolti record ancora oggi lusinghieri; lo si è detto, il tema giallo di una persona scomparsa è, in Italia, il paese del mistero, un argomento che suscita sempre interesse. In questo quadro generale certamente positivo, ci sono alcune note stonate che, lì per lì, poterono passare anche inosservate, ma che invece erano intuizioni negative degli autori. Ad esempio l’uso strumentale di situazioni sociali inserite alla bisogna nei vari episodi, quasi ad allungare il brodo in salsa politicamente corretta di una storia che avrebbe dovuto avere uno sviluppo naturalmente più stringato. Questo rifacendosi, ovviamente, agli elementi forniti dagli autori stessi nella storia da loro raccontata: Anna era, stando a quanto si apprende, una donna semplice e normale che, ad un certo punto, sparisce. A quel punto si scopre che poteva essere la possibile amante del suo datore di lavoro, il signor Lari (Marco Guglielmi), ma si tratta di una falsa pista. Fin qui niente di strano, sia chiaro; la storia di Lari e dei suoi ricatti ai danni del suocero si snoda nella seconda puntata, Anna era stata presa a pretesto e la cosa finisce lì. Anna rimane comunque introvabile. 


 
I problemi incominciano quando lo stratagemma narrativo portante della seconda puntata, una vicenda diversa ed estranea ai reali motivi della scomparsa di Anna che vi si innesta in modo un po’ pretestuoso, è ripetuto dagli autori nei successivi tre capitoli dello sceneggiato. La cosa viene un po’ a noia, si potrebbe dire, tanto è scolastico e palese l’intento degli autori. Il terzo episodio si scopre che Anna voleva adottare un figlio, non potendone avere; nel quarto la gelosia di Guido (Silvano Tranquilli), amico di Paola, si mette di traverso, arrivando ad accusare falsamente Carlo di uxoricidio con una lettera anonima; poi è la volta dell’amante di infanzia di Anna che si rifà vivo per dare corpo al quinto episodio. 

Ma sono tutte trovate estemporanee e poco convincenti e che hanno lo scopo di rivelare, spesso in modo falso, aspetti nascosti nella personal
ità di Anna; se i primi dubbi di Carlo nello scoprire nuove caratteristiche della moglie possono essere un argomento interessante, che ci dice quanto sia difficile riuscire a conoscere una persona, nel corso dello sceneggiato si esagera. Certo, è curioso notare anche come il nostro protagonista sia pronto a cambiare idea sulla propria moglie, dando retta alle varie ipotesi che si profilano in un racconto del genere; ma la ripetizione eccessiva dello stesso meccanismo narrativo finisce per svilire la storia nel suo complesso. L’altro elemento che mina decisamente la riuscita dell’opera è la prestazione d’attori. 

Quasi nessuno è all’altezza del compito e, se Rigillo è sostanzialmente anonimo, ben peggio fa la Gabel. La sua dizione fortemente accentata è resa plausibile dall’origine romagnola del suo personaggio ma non aiuta a rendere credibile la sua performance: certo, in realtà è perfettamente plausibile che una ragazza romagnola che vive a Roma parli con l’accento dialettale delle sue origini ma lo sceneggiato, come del resto anche il cinema, ha le sue regole, la sua alchimia, perché un prodotto di finzione non è tale e quale alla realtà ma deve piuttosto veicolarne l’idea. In effetti, per fare un esempio, negli sceneggiati (
Dov’è Anna? compreso) gli interni soffrono sempre di una certa artificiosità che denota una parentela col teatro, che viene perdonata dallo spettatore perché compensata da altro; ad esempio dall’enfasi recitativa degli interpreti, che è sbilanciata nel senso opposto. Qui, invece, ad una sciatteria (gli interni posticci) se ne somma un’altra, con la Gabel che, pur essendo un’attrice tutto sommato di nome, parla come una banalissima vicina di casa. L’aspetto avvenente dell’attrice acuisce questa sua scarsa preparazione come interprete e peggiora eccessivamente l’effetto definitivo sullo schermo. Ecco, la sua prestazione è un po’ lo specchio dell’intero sceneggiato Dov’è Anna?: si notano più le lacune che gli aspetti positivi. 


Scilla Gabel






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