1634_IO NON CREDO A NESSUNO (Breakheart Pass). Stati Uniti 1975. Regia di Tom Gries
Per una volta il titolo della distribuzione italiana
sembra quasi più azzeccato dell’originale; Breakhearts
Pass fa riferimento infatti alla meta del treno su cui si svolge
praticamente l’intero film, ma la frase che è stata usata per la versione
italiana, Io non credo a nessuno, è
in sostanza addirittura la chiave di lettura dell’opera. Sebbene non è poi così
chiaro a cosa si riferisca: probabilmente è il motto del protagonista, l’agente
segreto Deakin (Charles Bronson) che deve investigare sul traffico d’armi con
gli indiani indagando su personaggi illustri e rispettabili. La frase però
calza a pennello anche per lo spettatore, nel momento in cui quasi tutto ciò
che viene mostrato nel film è ingannevole: in primo luogo lo stesso personaggio
protagonista, interpretato da Bronson. Vedere come si fa pescare a barare alle
carte, come rimane passivo di fronte alle minacce, come si professa “contrario alla violenza”, proprio
lui, il «giustiziere della notte» per antonomasia, suona credibile come una banconota
da 3 dollari. Ma Deakin, non è il solo a presentare false piste, d’altronde è
una spia; alla fine Io non credo a
nessuno sembra quasi più un film di spionaggio, ambientato nel Far West, che
un western vero e proprio, e quindi la doppiezza dei personaggi è generalizzata.
Ad esempio suona sempre un po’ strano vedere Ben Johnson nei panni dello
sceriffo corrotto, almeno ricordando i suoi vecchi trascorsi con John Ford; ma
nella storia tutti i personaggi più altolocati (lo sceriffo, il governatore, il
dottore, il reverendo) si rivelano negativi; quelli come Deakin o il maggiore
Claremont (Ed Lauter) che inizialmente sembra un tipo ostile, sono invece dalla
parte dei buoni. Anche la
ragazza, Marica (Jill Ireland) figlia del comandante del forte verso cui si sta
viaggiando, si adegua a questa ambiguità: si presenta in modo un po’
antipatico, paventando le amicizie importanti come fonte di privilegio, ma
all’atto pratico si mostra onesta e coscienziosa. Ci sono anche altre scene che
sono poco credibili, almeno nell’ottica tradizionale western: ad esempio vedere
Charles Bronson vestito come un damerino cavalcare un pony indiano su una
distesa di neve. Oppure gli indiani che posano
i binari del «cavallo di ferro»;
o il cattivo, Levi Calhoum (Robert Tessier), lui sì per nulla ambiguo ma
cattivo a tutto tondo, fatto fuori in modo sbrigativo da una mezza tacca come
il governatore Fairchild (Richard Crenna). Insomma, nel periodo del controwestern, il regista Tom Gries gira
piuttosto un «western al contrario», dove tutto sembra funzionare un po’ alla
rovescia. E, nel complesso, riesce a portare a casa un risultato discreto.
Jill Ireland
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