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sabato 15 marzo 2025

DAYS OF HOPE

1637_DAYS OF HOPE . Regno Unito, 1975. Regia di Ken Loach

Primo episodio di una serie di quattro, Days of hope: 1916 Joining Up, già a partire dalla sua considerevole durata, può essere considerato un vero e proprio film, con una sua propria autonomia. Nei 95 minuti a disposizione il regista Ken Loach si prende il tempo necessario per approfondire le tematiche che va ad affrontare in questa sorta di primo episodio di una panoramica che si estende, per utilizzare le parole della didascalia introduttiva al lungometraggio, dalla Grande Guerra allo Sciopero Generale. Si tratta di eventi che coprono la durata di dieci anni, dal 1916 al 1926: fu una fase della storia britannica molto importante che finì, nel 1927, con il divieto di scioperare per solidarietà verso altri lavoratori. In questo senso vanno intese le parole del titolo della miniserie Giorni di Speranza, in quanto per quel decennio di battaglie sindacali ovviamente gli attivisti si auguravano una conclusione ben diversa per la loro lotta. Gli anni settanta, in cui la serie televisiva Days of hope venne prodotta, erano anni difficili dal punto di vista economico e riprendere moti o ideali di battaglie sociali del passato può essere inteso come un tentativo di ridare slancio alla lotta sindacale, riprendendone le radici. La matrice ideologica di Loach è presto identificabile e, in onestà, permea tutto il racconto filmico: ma questo non impedisce certo una visione che provi ad essere obiettiva e personale del testo dal punto di vista dello spettatore. Lo stile visivo del film è televisivo ma Loach, pur non disponendo dei mezzi propri del cinema autentico, riesce a fare di necessità virtù confezionando un prodotto notevole anche dal punto di vista formale. La messa in scena sembra quindi volutamente dimessa, i dialoghi sono spesso gergali, le inquadrature sobrie e il tutto concorda per un’impressione informale, in sostanza uno stralcio di vita quotidiana della classe media inglese in quei tribolati giorni. E’ un primo capitolo, si è detto, tuttavia Days of hope: 1916 Joining Up si presenta come un lavoro organico e che trova pieno sviluppo anche nel racconto che ci propone. Siamo in un’area rurale dell’Inghilterra, nel 1916 e l’esercito ha bisogno di rincalzi per le truppe al fronte: Philip Hargraves (Nikolas Simmond) è stato chiamato alle armi ma rifiuta di arruolarsi, in quanto socialista e cristiano. La polizia fa irruzione nella fattoria dove vive ma Philip si dilegua: quando rientra ha un bel daffare a spiegare a Tom, suo suocero (Clifford Kershaw ), i motivi che sono alla base dei problemi che sta creando. L’anziano è un uomo risoluto ma, pur non comprendendo le ragioni del genero, gli da 10 sterline con l’unica raccomandazione che si prenda cura di sua figlia Sarah (Pamela Brighton), moglie del giovane. C’è quindi una forma di comprensione, da parte di Tom, verso l’atteggiamento di Philip; suo figlio Ben (Paul Copley) sospetta più semplicemente che il cognato sia un codardo. Le cose precipitano di li a poco: durante una parata militare nel paese, Philip e Sarah, invece di partire per Londra, si sono fermati ad un convegno di pacifisti dove la polizia fa irruzione catturando il giovane che viene sottoposto a processo. Beffardamente la pena comminata a Philip è l’arruolamento e l’invio al fronte. Fuori dall’aula si è nel frattempo assiepata una folla che accusa tutta la famiglia di Philip di essere sostenitori della Germania: Ben finisce coinvolto in una rissa e, per una sorta di ripicca, corre ad arruolarsi nonostante i suoi soli 17 anni. Loach orchestra con calma e precisione lo sviluppo dei fatti, dando modo ai vari elementi di emergere dai dialoghi tra i protagonisti. Philip è un socialista, crede nell’internazionalità della classe operaia e non vede quale vantaggio ci sia ad andare ad uccidere altri lavoratori come lui. Inoltre ha un approccio genuino e privato alla religione cristiana e non può, naturalmente, trovare nelle sacre scritture qualcosa che contraddica i suoi convincimenti. C’è, in quest’ottica, un divertente sberleffo di Loach alla religione come istituzione: alla parata, un sacerdote ribadisce come nella Bibbia ci siano parole che possono essere intese come sprone alla battaglia. Un gregge di pecore è inquadrato dal regista mentre la platea risponde con un amen alla predica del prete. Tornando alla polemica tra Tom e Philip, il suocero aveva argomentato su come l’intervento dell’Inghilterra sia stato reso necessario dall’invasione del Belgio da parte tedesca. Qui Loach esagera, nella sua tesi che è in modo esplicito allineata su quella di Philip, perché, come obiezione, il giovane ricorre al fatto che quella riportata dal suocero sia tutta propaganda bellica. A parte che non è vero che fu solo propaganda in quanto l’Impero Tedesco invase davvero con metodi violenti il povero Belgio, successivamente Loach dà una ben più motivata risposta a questo passaggio. E’ altresì vero che quello citato è un dialogo tra due personaggi e non del punto di vista controfirmato dall’autore ma la prospettiva dell’opera induce a pensarlo: il che finisce per indebolire il discorso di Loach, anziché rafforzarlo. Per contrastare la presunzione che porrebbe l’Inghilterra ad un livello morale superiore alla Germania, nello specifico della Prima Guerra Mondiale, Loach si affida con profitto più redditizio alle vicende che occorrono a Ben dopo l’arruolamento. Il suo reparto, infatti, anziché in Francia, come era logico pensare visto il momento storico, viene spedito in Irlanda, a sedare gli animi dei locali ribelli che si stavano organizzando nell’IRA. 

E’ la sorella Sarah a far notare a Ben come l’Irlanda avesse gli stessi diritti del Belgio nei confronti di una nazione occupante. Philip, intanto, dopo un durissimo trattamento subito durante l’addestramento, che il suo atteggiamento ostile non fa che aggravare, viene spedito al fronte. Ora se continuerà a disobbedire agli ordini, potrà venire fucilato. Il passaggio in cui viene legato ad un palo, fuori dalla trincea, alla mercé del fuoco nemico è stato criticato in quanto non verosimile. Loach ha in seguito ribadito che ebbe conferme anche successive alla realizzazione del film che eventi del genere accaddero e le inesattezze dell’opera gli erano state segnalate per elementi assai marginali come le formazioni durante la marcia o amenità simili. Tuttavia lo stesso regista, nella storia raccontata dal film, non fa finire Philip davanti al plotone, nonostante l’indisciplinato soldato alla fine venga condannato effettivamente alla pena capitale. In questo passaggio il film ricorda un caposaldo del cinema inglese inerente alla Grande Guerra, ovvero Per il Re e per la Patria (1964, di Joseph Losey) con la differenza che, in questo caso, al soldato sotto processo la sentenza di morte venga commutata in dieci anni di carcere. Evidentemente una certa sensazione di estraneità alla Prima Guerra Mondiale da parte del popolo inglese è confermata dall’insistenza su questi temi, meno frequenti in cinematografie di altri paesi coinvolti dall’argomento. Il passaggio migliore dell’opera è però un’altra citazione di un grande classico del cinema dedicato alla Prima Guerra Mondiale. In una fattoria irlandese si è insediato il reparto di Ben; i soldati sono stanchi e hanno voglia di scherzare. La figlia del contadino è una bella ragazza e i giovani la prendono subito di mira, con scherzi anche pesante a cui la poveretta non può sottrarsi. Niente di eccessivamente volgare, sia chiaro, Days of hope: 1916 Joining Up è un prodotto della BBC, la TV di stato inglese. Ma la situazione è chiara: una bella ragazza di un paese occupato viene a trovarsi in mezzo ad un nugolo di militari dell’esercito invasore, non occorre scendere troppo nei dettagli. In ogni caso prima che la situazione degeneri qualcuno la invita a cantare per la truppa. La situazione che va in scena ricalca l’emozionante finale di Orizzonti di Gloria, capolavoro di Stanley Kubrick del 1957. Là la ragazza era tedesca in mezzo a militari francesi, qua è un’irlandese tra gli inglesi; l’emozione è identica. La canzone, una canzone irlandese, oltre che una dolce melodia, è un atto d’accusa che inchioda il Regno Unito alle medesime critiche mosse dagli stessi inglesi ai tedeschi.  




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