1037_ACCADDE AL COMMISSARIATO . Italia, 1954; Regia di Giorgio Simonelli.
Commedia che può stiracchiare l’assoluzione puntando al ribasso, ovvero per il suo essere talmente all’acqua di rose da risultare innocua, Accadde al commissariato di Giorgio Simonelli è una sorta di inno all’italico modo di soprassedere su qualunque cosa. Il commissario (Nino Taranto) del commissariato di Roma in questione, è preoccupato unicamente della sua auto nuova, una splendida Fiat 1100 nero fiammante, e i casi che gli capitano durante la giornata sono visti dal tutore dell’ordine come una perdita di tempo che lo separano dal poter andare a fare un giretto alla guida della vettura. Certo, trattandosi di una commedia è ovvio che si tratti di situazioni-limite; in ogni caso dovrebbero costituire l’oggetto del lavoro del commissario. Il quale, al contrario, li vede unicamente come intoppi che gli impediscono di andare dalla moglie per farle provare l’auto nuova: la signora verrà avvertita più volte telefonicamente, uno dei tormentoni della pellicola, per i continui contrattempi causa dei ripetuti rinvii dell’appuntamento tanto agognato. Oltretutto, in una delle beghe da sbrogliare, il commissario si inventa una parentela con un cantante di spettacolo per convincere l’impresario del teatro a farlo riassumere: l’intento sarà anche positivo, ma indice di come in Italia tutto si aggiusti con le conoscenze (anche fittizie, come in questo caso) e non andando a fondo delle questioni. Non certo un esempio edificante; si è detto, è una commedia e allora si potrebbe chiudere un occhio, d’accordo.
La cosa che, al solito, stride, nella classica commedia all’italiana, è però la pretesa da parte di questi personaggi alquanto discutibili in fatto di propria moralità, di assurgere a dispensatori di lezioni di etica. Cosa che il suddetto commissario fa praticamente per tutto il film. La presenza del bambino, deprecabile in tutta onestà al di là dell’innocenza del piccolo, serve a ammantare il tutto di luce positiva: in sostanza, gli italiani saranno lazzaroni – sì, anche il commissario che in fondo non fa che pensare alla sua auto invece che al lavoro da fare – ma hanno un cuore d’oro. Oltre a questi tarli che sono presenze costanti nella nostrana commedia, la storia manca di mordente, essendo grosso modo tutti quanti gli episodi abbastanza edulcorati. A conti fatti la figura peggiore la fanno i due agitatori dell’azienda dei tram, Riccardo (Riccardo Billi) e il suo collega (Mario Riva), che altro non sono che due volgari imbroglioni che incitano allo sciopero generale per organizzare trasporti sostitutivi abusivi. Ma se la cavano con una mano di botte da parte dei crumiri e la sostanziale impunità da parte dell’autorità. L’unico a finire al gabbio, che simbolicamente concretizza di fatto l’esiguo lavoro svolto dal commissario, è Antonio Badimenti (Carlo Dapporto) che peraltro si è costituito nella previsione di una amnistia in procinto di essere approvata. Divertenti le barzellette di Dapporto che, in definitiva, è una delle figure più riuscite del film. La star della pellicola è però Alberto Sordi: l’Albertone nazionale compare verso il finale, sommergendo di assurdità il commissariato senza peraltro riuscire ad incidere più di tanto. Tuttavia non si risparmia, questo gli va riconosciuto. Continuando con le vedette della pellicola, va malino anche Walter Chiari, mentre Lucia Bosè è al solito elegante, ma stavolta nulla più; Per Lauretta Masiero una semplice comparsata e, a questo punto, chiudiamo con Mara Berni che mostra le voluttuose grazie giusto per pochi istanti. Niente di trascendentale, per la verità, ma comunque tra i migliori di questa mediocre commediola.
Lucia Bosè
Mara Berni
Lauretta Masiero
Andreina Paul
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