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sabato 27 dicembre 2025
ELLIS IN GLAMOURLAND
mercoledì 24 dicembre 2025
SANDOKAN - SINGAPORE
1773_SANDOKAN - SINGAPORE , Italia, Francia 2025. Regia di Luca Bernabei e Nicola Abbatangelo
domenica 21 dicembre 2025
SANDOKAN - IN OSTAGGIO
1773_SANDOKAN - IN OSTAGGIO , Italia, Francia 2025. Regia di Luca Bernabei e Jan Maria Michelin
Se nel
primo episodio di questa nuova serie dedicata a Sandokan, al centro del
racconto c’era inevitabilmente il protagonista, la Tigre della Malesia, e nel
secondo la sua controparte femminile Lady Marianna, il terzo capitolo deve
giocoforza essere dedicato a Yanez de Gomera. In effetti, il personaggio
interpretato da Alessandro Preziosi è al centro perlomeno di un passaggio
cruciale oltre a sciorinare una serie di battute davvero memorabile, valga per
tutti quella che chiude la puntata: “Se Dio esiste, è un po’ distratto”. Preziosi,
arrivati a questo punto, s’è calato alla perfezione nel ruolo come del resto
tutto quanto il cast, che funziona infatti a meraviglia: oltre ai soliti noti,
vanno attenzionati almeno Ed Westwick nei panni di James Brooke, John Hannah in
quelli del sergente Murray e Sergej Onopko che, nel ruolo del pirata violento
Yussuf, si prende più volte il centro della scena. Il titolo dell’episodio, In
ostaggio, fa rifermento alla condizione di Marianna, tenuta prigioniera sul
praho di Sandokan, diretto alle miniere di antimonio. Sulle sue tracce Brooke,
accompagnato dal sergente Murray e da un paio di scagnozzi del sultano Muda
Hashim che hanno l’incarico di ostacolare il successo dell’operazione di
salvataggio della nobile ragazza inglese. Il sultano, infatti, è nemico di
Sandokan ma al momento ha più urgenza di mettere fuori gioco Brooke agli occhi
del console Lord Guillock. Tutti questi intarsi della trama certificano la
qualità di un soggetto che, una volta messo in moto, sembra funzionare con
grande efficacia. Due sono gli aspetti più interessanti in questa terza appassionante
puntata della serie. La prima è che il termine «fumettone» con cui qualcuno ha definito questa
versione di Sandokan, forse volendone sminuire la valenza, calza a
pennello sul racconto filmico. Sandokan è certamente un fumettone ma è
un gran bel fumettone, divertente, appassionante e godibilissimo. C’è almeno un
passaggio che mostra la consapevolezza degli autori, del tenore della serie, in
questo senso. Il praho dei pirati è arrivato alle miniere e Sandokan porge a
Marianna il canocchiale per guardare coi suoi occhi cosa combinano gli inglesi agli
indigeni e alla natura dell’isola. La notte prima, Yussuf aveva cercato di
violentare la ragazza inglese, Sandokan l’aveva salvata e si era poi battuto con
il suo sottoposto: Marianna, ancora sconvolta, aveva accusato i pirati di
essere delle bestie, suo salvatore nella circostanza compreso. La nobile giovane
guarda nel canocchiale e quello che si vede sullo schermo, in prima istanza, è
la visuale dalla riva, salvo poi, senza soluzione di continuità, passare ad una
visione completa ed esaustiva della situazione delle miniere e della condizione
in cui vengono tenuti gli indigeni schiavizzati. Una veduta panoramica e
dettagliata impossibile da cogliere dal canocchiale su una barca al largo: qui
il regista, Jan Maria Michelini, opera esattamente come in un fumetto,
tralasciando la fedeltà realistica ma approfittando di uno stratagemma
narrativo per informare rapidamente lo spettatore. Quando poi la carrellata
sull’attività mineraria si chiude, si torna sul praho e ora il canocchiale è
nelle mani di Sani: questo conferma che la sequenza non è da prendere alla
lettera, perché abbiamo appunto assistito ad una sorta di incongruenza, ovvero
il passaggio di mano sottointeso del canocchiale. Tra l’altro gli autori si
servono di questo particolare anche per un altro scopo, certificando la qualità
di un’opera densa di piani narrativi. Sani, che è un’indigena, si inserisce
nella polemica tra Marianna, che aveva accusato i pirati di essere bestie, e
Sandokan, che mostrava all’inglese le prodezze dei suoi connazionali,
accumunando gli uni agli atri quali approfittatori della vita degli isolani. L’altro
elemento importante, che apre e chiude l’episodio, è il rapporto con la fede
cristiana di Yanez. Che Sandokan fosse una serie non esattamente
politicamente corretta si poteva già capire dai cadaveri che seminano i pirati,
Tigre della Malesia in testa, durante le loro incursioni. Qui torniamo
all’altro aspetto citato, ovvero l’essere un fumettone che permette, proprio
per la leggerezza di questo tipo di racconto, di sorvolare su certi dettagli. I
morti ammazzati in un romanzo o in un film sui pirati fanno parte della
coreografia e non vanno presi alla lettera, questo è anche inutile rammentarlo.
Ma quando Yanez, in una Produzione Rai, dice ai suoi indigeni paraguayani “Dio
ci ha abbandonati”, un brivido corre inevitabilmente sulla schiena dello
spettatore italiano. La battuta finale, stempera nell’amara ironia questa
riflessione, ma ormai il dado è tratto: sarà anche un fumettone, Sandokan,
però non fa sconti a nessuno. Nemmeno all’Altissimo.
giovedì 18 dicembre 2025
IL COMMISSARIO DE VINCENZI - IL MISTERO DELLE ORCHIDEE
1772_IL MISTERO DELLE TRE ORCHIDEE , Italia 1974. Regia di Mario Ferrero
Il terzo e ultimo sceneggiato della prima serie de Il commissario De Vincenzi segue grosso modo lo schema del precedente L’albergo delle tre rose. A caratterizzare questi due episodi è infatti l’unità di luogo che, aiutata da un tempo del racconto non eccessivo, riesce a rendere più ficcanti e convincenti gli avvenimenti. In questo caso la vicenda è ambientata in una casa di moda, il che conferma anche l’attenzione alla presenza femminile di questa serie di sceneggiati. Tra i personaggi muliebri coinvolti ne Il mistero delle tre orchidee vale la pena citare una folgorante Nora Ricci nei panni della stilista madame Firmino, Lia Tanzi in quelli della modella Irma, Giuliana Calandra in quelli di Marta e Gianna Giachetti in quelli di Cristiana Bignardi, la titolare della casa di moda; questo restando alle figure di rilievo. Del resto il ricco cast di questa solida terza puntata sottolinea lo spessore del racconto: accanto a pezzi da novanta come Franco Volpi (è il commendatore), Ferruccio De Ceresa (è Prospero Durante) e Mariolina Bovo (è Virna Campbell) troviamo i personaggi ricorrenti della serie come Antonietta (Gina Sammarco), il commissario Bianchi (Giampiero Becherelli), il brigadiere Cruni (Salvatore Puntillo) e il vice commissario Sani (Franco Ferri). Senza dimenticare il commissario De Vincenzi, alias Paolo Stoppa che, con la sua proverbiale umanità unita ad un pizzico salato di sagacia, saprà districare anche questo caso meglio dello spettatore. Spettatore costretto, anche stavolta, a ammirare la complessità della trama senza aver avuto le informazioni necessarie a comprenderla veramente. Giallo un po’ singolare, quindi, ma non per questo da bocciare.lunedì 15 dicembre 2025
IL COMMISSARIO DE VINCENZI - L'ALBERGO DELLE TRE ROSE
1771_L'ALBERGO DELLE TRE ROSE , Italia 1974. Regia di Mario Ferrero
Certamente
la questione ebraica, con l’ignominia delle Leggi Razziali del 1938, rimane una
delle macchie più vergognose del regime fascista ma c’era almeno un altro
aspetto simile che lasciò pesanti strascichi nel tempo e nell’opinione pubblica
nazionale: la scarsa stima, mettiamola così, per la «perfida Albione». Questo elemento
venne successivamente superato, nel secondo dopoguerra, ma in qualche «piega»
della quotidianità, ad esempio in qualche ambito delle rivalità nazionali, tornerà
spesso a fare capolino. Il giallo, genere anglosassone per eccellenza, fu in
questo senso una cartina tornasole: emblematiche le parole del commissario
Alzani (Renato De Carmine) nella serie Aprite: Polizia! che, nel 1958, sosteneva
che “la delinquenza non latina è sempre più crudele, più cinica”. Una
quindicina d’anni dopo, il commissario De Vincenzi stigmatizzerà queste
tendenze ideologiche nel finale del secondo episodio della serie di sceneggiati
a lui dedicati. L’albergo delle tre rose, l’episodio in questione, è
giunto al termine, e le rivelazioni finali hanno fatto un po’ di chiarezza
nell’intricata vicenda sviluppatasi all’interno dell’hotel milanese a cui fa
riferimento il titolo. Ma il giornale che capita sotto mano a De Vincenzi è del
giorno prima, e il poliziotto finge di compiacersi con il suo vice Sani (Franco
Ferri), di essere finito, con le indagini, in prima pagina. Il riferimento è al
titolo dell’articolo del quotidiano che, a proposito del caso dell’albergo
delle tre rose, afferma che sia vittima che probabile assassino siano «inglesi»,
con le virgolette a sottolineare la provenienza di questi turbolenti ospiti
dell’albergo. Sani –come del resto l’altro funzionario di polizia presente nei
racconti, il commissario Bianchi (Giampiero Becherelli)– è ingenuamente
convinto dell’ideologia imperante, e lo sottolinea convintamente. Sibillina la
replica di De Vincenzi che puntualizza che i soggetti implicati nel giallo, i
presunti «inglesi», siano in realtà italianissimi: Al Miretti (Pino Colizzi) è
un italiano emigrato in America per fare il gangster, e Mary Alton Vendramin
(Anna Maria Guarnieri) ha semplicemente sposato un suddito di sua maestà. E per
ricordare come gli italiani possano vantare antenati altrettanto illustri in
materia di crimini, cita Lucrezia Borgia. Da un punto di vista della confezione
formale, L’albergo delle tre rose conferma le impressioni de Il candelabro a
sette fiamme: ben costruito e ben recitato, si lascia seguire con piacere. Il
meccanismo deduttivo non è però perfettamente funzionale o almeno non lo è
secondo gli abituali criteri: è infatti assai arduo seguire le complicate
peripezie della trama gialla e addirittura impossibile anticipare o quantomeno carpire
per tempo le intuizioni del commissario De Vincenzi. Allo spettatore non resta
che seguire passivamente lo svolgersi degli eventi che hanno comunque il pregio
di appassionarlo e incuriosirlo man mano che si dipanano.
domenica 14 dicembre 2025
IL COMMISSARIO DE VINCENZI - IL CANDELABRO A SETTE FIAMME
1770_IL CANDELABRO A SETTE FIAMME , Italia 1974. Regia di Mario Ferrero
Il primo
episodio della serie Il commissario De Vincenzi lascia lo spettatore
disorientato sin dallo spiazzante incipit e ce lo lascia a più riprese. Lo
sceneggiato comincia in modo anonimo, senza titolo o sovraimpressioni: c’è un
signore, nel buio di una strada, una scena inquietante. E a ragione: l’uomo,
che ha con sé una curiosa valigia asimmetrica, verrà ucciso da alcuni sinistri
individui. A quel punto, irrompe una musica d’altri tempi a tutto volume e
compare la scritta «Luce»,
riferimento al celebre Istituto Luce. A meno di non essersi preventivamente
informati sulla natura dello sceneggiato, si potrebbe pensare già a qualche refuso.
Poi, la sigla attacca, il bel motivo musicale di Bruno Nicolai in stile anni 30
è abbinato ad immagini dell’epoca e il tutto assume un’aria più coerente. Ma
per poco: perché la musichetta allegra cambia leggermente tono e compaiono
fotogrammi di repertorio del duce e del fascismo. Quindi è il turno di alcune simpatiche
donnine con relativa soave melodia e, a seguire, un’altra virata stavolta più cupa
accompagnata da Hitler e dalle parate naziste. Un vero frullatore che lascia
basito uno spettatore dei giorni nostri figuriamoci uno di metà anni Settanta,
ma non è ancora finita. Ecco che ricompare di nuovo la scritta «Luce» e,
perlomeno, la scritta «Milano 1933» ci dà qualche minima informazione. A questo
punto dovrebbe cominciare il film vero e proprio; invece no: assistiamo alla
divertente scena finale di Due cuori felici [Due
cuori felici, Baldassarre Negroni, 1932], sebbene lì per lì non è che sia
una cosa immediata da comprendere. Poi, sullo schermo, arrivano Paolo Stoppa e
Gina Sammarco (è Antonietta, la sua governante) che discutono del film appena
visto, con la donna che non è affatto convinta della novità rappresentata dai
film sonori, abituata com’è al cinema muto. Finalmente ci siamo: il racconto
filmico è cominciato ma, come è a questo punto facile intuire, non sarà un
racconto semplice da seguire. De Vincenzi, il personaggio interpretato da
Stoppa, è un commissario di Polizia e si trova coinvolto in un omicidio che è
parte di un gioco spionistico internazionale che introduce nientemeno la
Questione Palestine, faccenda intricata ora figuriamoci negli anni 70 e peggio
ancora negli anni 30. A testimonianza che la trama sia effettivamente difficile
da decifrare nei suoi tanti anfratti, in coda al racconto il commissario fa una
sorta di riassunto e questa è, in genere, una vera e propria ammissione da
parte degli autori che il loro lavoro è un po’ criptico. In effetti, da un
punto di vista investigativo Il candelabro a sette fiamme non entusiasma, dal
momento che l’intrico giallo è poco decifrabile, tuttavia una serie di fattori
contribuiscono a strappare una sufficienza piena. In primo luogo Stoppa, che è
perfettamente a suo agio nel ruolo; poi la scelta di alcuni attori, davvero
congeniali, come Vittorio Sanipoli nei panni del barone Von Wenzel e Walter Bentivegna
in quelli di Johan Veheran, alias il Ragno, formidabile acrobata che sfoggia un
look degno di un nemico di Batman, davvero notevole. In tema di fascino,
nessuno può sognarsi di offuscare quello di Maria Grazia Spina: l’attrice
veneziana è Virginia Olcomb, un’agente israeliana d’elegante bellezza anni 70
eppure adeguata al contesto in cui ambientata la vicenda.
Ingegnoso il lavoro di De Angelis alla base, sul quale si adeguano gli autori
dello sceneggiato, riuscendo a renderlo fruibile pur tra le troppe divagazioni.
La Questione Palestinese che aleggia su tutta quanta la faccenda, aiuta a
rendere il film interessante ma più a titolo di curiosità, considerata la
complessità dell’argomento.
venerdì 12 dicembre 2025
SANDOKAN - LA PERLA DI LABUAN
1769_SANDOKAN - LA PERLA DI LABUAN , Italia, Francia 2025. Regia di Luca Bernabei e Jan Maria Michelin
Il secondo
episodio, diretto ancora da Jan Maria Michelini, è intitolato a Lady Marianna
(Alanah Bloor) e mette in effetti al centro del racconto la figlia del console
inglese Lord Guillonk (Owen Teale). Alanah Bloor non sembra tuttavia così
convincente, come interprete; ma era una critica che, in principio, si poteva fare
anche a Carole André, tanto per insistere con il paragone con lo sceneggiato
del 1976. Fu solo con l’andar del racconto che l’attrice francese riuscì a rendere
magnetica quella che, inizialmente, sembrava una bellezza troppo acerba. Per
dire, Milla Sannoner, che nel Sandokan di Sollima era un personaggio
comprimario, aveva un appeal più immediato. Quindi, quella di apparire un po’ infantile
è evidentemente una caratteristica di Lady Marianna, che trova conferma nel suo
non sopportare le scarpe e i vestiti da donna. Intanto, accanto a lei, ne La
Perla di Labuan Sandokan tiene costantemente la scena e lo fa in modo
assolutamente carismatico, con Can Yaman che gestisce con naturalezza anche le
scene meno dinamiche nel ruolo dell’innocuo mercante. Bene anche Alessandro Preziosi,
sebbene Yanez sia relegato ferito in prigione e abbia poco spazio di manovra,
ma l’attore napoletano ha infine centrato il ruolo. La trama di questo episodio
ruota intorno alla festa di compleanno di Lady Marianna e il piano di Sandokan
per far evadere i pirati, con un valido bilanciamento tra la traccia romantica
e quella avventurosa. Tra la Tigre della Malesia e l’aristocratica ragazza si
inserisce l’insidioso James Brooke (Ed Westwick) e la tensione è mantenuta alta
su entrambe le piste narrative. Brooke ha guadagnato punti, agli occhi della
ragazza ma soprattutto a quelli di suo padre il console, con il colpo di fucile
con cui ha freddato la tigre, nel finale del precedente episodio. Il salvatore
di Marianna è quindi lui, Brooke, il cacciatore di pirati; ma il suo tempestivo
intervento sarebbe stato fatalmente in ritardo se non fosse per quel mercante
che, armato del solo coltello, si era scagliato contro la belva, ferendola e
proteggendo in modo decisivo la Perla di Labuan. Questo atto di coraggio è un
po’ sospetto, per un semplice commerciante di seta: sia Brooke, che il sergente
Murray (l’ottimo John Hannah) cominciano a sentire puzza di bruciato. Questa
costante attenzione sul protagonista in incognito alimenta la tensione narrativa
che sostiene questo episodio. Tra i personaggi che si ritagliano spazio in
questa puntata si può ricordare Sani (Madeleine Price), la cameriera indigena
di Lady Marianna che si dimostra particolarmente intraprendente. Battibecca più
volte con Sandokan, viene umiliata dal Sultano Muda Hashim (Matt McCooey), un
vero bifolco, e infine è decisiva nella liberazione di Yanez e dei pirati. La
narrativa di Emilio Salgari era un susseguirsi di azione e pregna di sentimento,
e qui va fatto un plauso a Marianna/Alanah Bloor, ed è praticamente impossibile
annoiarsi. Bernabei e Michelini, con il loro toni sempre un po’ enfatici, ne trovano
una loro efficace interpretazione.


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