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martedì 23 settembre 2025

PIOMBO ROVENTE

1734_PIOMBO ROVENTE (Sweet smell of success), Stati Uniti 1957. Regia di Alexander Mackendrick

Prima di argomentare a proposito del film di Alexander Mackendrick, occorre una piccola precisazione utile, se non a giustificare, almeno a trovare una motivazione per la scelta del titolo Piombo rovente, in luogo dell’originale Sweet Smell of success, operata dagli ineffabili distributori italiani. Nonostante il titolo italiano sembri echeggiare un gangster movie se non addirittura un western, e il piombo rovente sarebbe quindi quello delle pallottole, il riferimento tutto sommato legittimo è alla «lega tipografica». In tipografia, infatti, i blocchetti che costituiscono i caratteri con cui si compongono le parole e quindi gli articoli dei giornali, sono realizzati in piombo, antimonio e stagno. In sostanza, i distributori italiani, scegliendo Piombo rovente, hanno voluto sottolineare come l’ambiente della stampa americana, vero fiore all’occhiello della società yankee, possa essere paragonato a quello della malavita. Del resto, quello di Mackendrick è in genere classificato come noir ma potrebbe essere un gangster movie a tutti gli effetti, con tanto di boss malavitoso senza scrupoli, J. J. Hunsecker (Burt Lancaster, granitico come suo solito) e il coprotagonista aspirante tale, con ancora meno scrupoli, Sidney Falco (Tony Curtis). Hunsecker è in realtà un famoso editorialista che ha anche una rubrica televisiva quotidiana, ed è talmente influente da determinare il destino delle persone su cui disserta; Falco è un giovane e cinico addetto stampa che procaccia le notizie che sottopone poi allo stesso Hunsecker. La trama del film è relativamente importante: il nocciolo della questione è che Hunsecker non gradisce che la sua giovane e innocente sorellina, Susan (Susan Harrison), frequenti o peggio si fidanzi con il musicista Steve Dallas (Martin Milner). Il ragazzo è un giovane chitarrista jazz ma Hunsecker probabilmente ritiene i 19 anni di Susan troppo pochi per mettersi a fare sul serio. Il problema è che quando Hunsecker parla esige essere ascoltato e, soprattutto, obbedito, cosa che, al contrario, Susan e Steve continuano ad ignorare di fare. 

Il compito di far desistere il musicista è affidato a Falco che, dal suo punto di vista, vede quindi essere messo a rischio la carriera dai capricci di due innamoratini troppo ostinati. Il soggetto è tutto sommato tutto qui, ma è scritto da un califfo quale Ernst Lehman, Mackendrick in regia parte a cannone sin da subito e non molla mai, le musiche sono di Elmer Bernstein, il bianco e nero è opera di James Wong Howe, insomma, la confezione formale è di prim’ordine. I dialoghi sono ficcanti e gli scambi taglienti e anche il cast, è quasi banale dirlo, non delude. Lancaster è praticamente impossibile lo faccia, Curtis rivela come la sua faccia simpatica possa essere presa a schiaffi con piacere e, in merito a interpretazioni un po’ stereotipate, è da segnalare quella di Emile Meyer nei panni del tenente di polizia Harry Kello. Un vero brutto ceffo: perché in un film che critica aspramente la stampa non è che la polizia possa sperare di farci bella figura. Troppo critico, Mackendrick? Macché. Al contrario, ben centrato sulla questione.
E allora cos’è che non va in Piombo rovente? Perché fu un fiasco al botteghino? E perché ancora oggi è misconosciuto? Intanto va detto che la critica lo accolse subito benevolmente e anche oggi il film ha un’ottima reputazione. E giustamente, perché come detto Piombo rovente è un film eccellente che parla chiaro e mette spalle al muro la società americana (e quindi occidentale in generale) prendendosela proprio con il «quarto potere», che dovrebbe essere piuttosto l’ultima garanzia di giustizia. Ma sembra non ci sia verso di risolvere il problema dei problemi che stava tanto a cuore all’ideale democratico: l’indipendenza del potere giudiziario ha semplicemente creato un nuovo centro di potere e anche la libera stampa, che dovrebbe ulteriormente sorvegliare con un occhio imparziale, si è rivelata già da tempo, come dimostra appunto Piombo rovente, un’altra fonte di potere con cui chi comanda deve semplicemente fare i conti. Espressioni artistiche –come appunto il cinema– a parte, per cercare un minimo di verità, sebbene possa sembrare assurdo, i vituperati social media paiono poter essere l’ultima risposta. Un nuovo potere, forse già a sua volta asservito, ma la cui natura anarchica può lasciarci un minimo di speranza.        






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