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domenica 15 dicembre 2024

JOSEF

1592_JOSEF . Croazia 2011: Regia di Stanislav Tomic 

Opera molto interessante, Josef di Stanislav Tomić è un film che si pone su differenti piani di interazione con lo spettatore. Può essere inteso come semplice racconto sulla Prima Guerra Mondiale e soddisfare pienamente da un punto di vista squisitamente narrativo come film bellico: una storia trascinante con una ricostruzione ambientale fortemente evocativa. Sono infatti numerose le scene spettacolari e dal forte impatto visivo e, tra le tante, va segnalata almeno la carica a cavallo degli irregolari Circassi spada alla mano ai danni del reparto austroungarico. La musica che accompagna questo passaggio è di grande efficacia e, in effetti, tutta quanta la colonna sonora di Marko Petrović Thompson funziona egregiamente. Ma è anche la regia di Tomić a svolgere in maniera adeguata il suo dovere: dall’uso sapiente del rallenty alla scelta di inquadrature di forte impatto visivo o simmetriche, tutto gira in modo congeniale al tipo di racconto. Su un altro livello narrativo, il passaggio di consegne della divisa, e della mostrina che ne indentifica il presunto proprietario, ben rappresenta in modo simbolico la spersonalizzazione che un conflitto bellico di proporzioni della Grande Guerra provocava. Un paio di paragoni tra i soldati nelle trincee e i ratti nelle gallerie e con uno dei protagonisti, l’ufficiale croato Tiffenbach (Alen Liveric), imprigionato in un fetido buco messo nella stessa condizione del topo che gli portano chiuso in una botte, forse come cibo, sono ulteriori elementi in questo senso. E quindi fin qui potremmo godere di Josef come ottimo film bellico sulla Prima Guerra Mondiale, oltretutto su un fronte, quello orientale in Galizia nel 1915, non frequentato quasi mai dal cinema. Ma c’è un altro elemento che è il vero centro del discorso: la mostrina che passa di mano mano durante tutto il film e che determina via via una serie di cambi di identità tra i vari personaggi, che scelgono di prendere il rango di ufficiale per provare a scampare la sbrigativa fine destinata ai soldati semplici, o anche a saltare opportunamente barricata. Di questa piastrina non vedremo mai in azione l’uomo a cui appartiene, visto che questi non è nemmeno il protagonista della prima metà del film, il soldato Vodnik Josef (Neven Aljinovic-Tot), che la sfila insieme all’uniforme ad un caduto in una trincea nell’incipit dell’opera. Questo cadavere, a cui la mostrina appartiene, è quello di un ufficiale chiamato Josip Broz e se il nome non vi dice ancora niente vi basti sapere che in seguito chi lo porterà diverrà celebre in tutto il mondo col nome di Tito, il dittatore grande artefice della Storia della Jugoslavia. Uno degli aspetti più sorprendenti della personalità dell’autoritario politico era che, pur essendo croato-sloveno di nascita, finì per favorire un certo centralismo serbo nella nascente Jugoslavia. In questo senso il film va a mettere in dubbio questa abituale considerazione: certo, il vero Josip Broz del film, quello morto nella trincea di cui intravvediamo il cadavere all’inizio, è un ufficiale di un reparto croato dell’esercito austroungarico e quindi la sua provenienza d’origine non viene messa in discussione. Ma, sempre stando alla ricostruzione storica che si potrebbe desumere dal film, Tito non fu il Jozip Broz dell’anagrafe ma nemmeno il soldato Vodnik Josef e neppure l’ufficiale Tiffenbach (che successivamente si appropria di divisa e mostrina in questione), che erano croati o comunque di una delle etnie slave al tempo sotto l’Impero Austroungarico. Infatti prima della fine del film uniforme e mostrina militare passano ancora di mano, e stavolta finiscono addirittura addosso al capitano Serjoza (Drazen Sivak), l’ufficiale dell’impero russo alla guida degli irregolari Circassi che riesce così a salvarsi finendo intruppato nell’esercito nemico, quello austroungarico. La controffensiva dell’esercito di Francesco Giuseppe aveva infatti travolto le trincee russe, anche grazie all’uso dei biplani tedeschi mostrati in alcune pirotecniche riprese, e il capitano russo aveva cambiato casacca per poter scampare ai rastrellamenti finali. Difficile stabilire, per lo spettatore occidentale, se ci sia da parte degli autori l’intenzione di disconoscere Tito e la sua opera politica addossandole un’origine estranea a quella degli slavi del sud (da cui il termine Jugoslavia). Se interpretato in questa chiave, il testo di Tomić potrebbe certo rafforzare l’impressione straniante che ha sempre fatto l’opera dello statista Tito, croato-sloveno e nazionalista ma anche proteso ad innalzare la matrice filoserba della Jugoslavia. Ma, in ogni caso, che Tito sia stato croato-sloveno o un ex capitano russo in incognito poco conta: Josef è comunque un film interessante, proprio per una certa assenza di certezze con i continui cambi di casacca che negano, concettualmente, i principi nazionalisti che curiosamente profileranno poi proprio in quell’area. E comunque, non deve certo essere un film d’azione, finanche bellico di matrice storica, a dover farci cambiare l’opinione su uno dei più importanti, nel bene e nel male, personaggi politici del XX secolo. Per quello ci sono i testi storici attinenti la cui lettura può essere appunto stimolata da un film a suo modo prezioso come Josef



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