1592_JOSEF . Croazia 2011: Regia di Stanislav Tomic
Opera molto interessante, Josef di Stanislav
Tomić è un film che si pone su differenti piani di interazione con lo
spettatore. Può essere inteso come semplice racconto sulla Prima Guerra
Mondiale e soddisfare pienamente da un punto di vista squisitamente
narrativo come film bellico: una storia trascinante con una ricostruzione
ambientale fortemente evocativa. Sono infatti numerose le scene spettacolari e
dal forte impatto visivo e, tra le tante, va segnalata almeno la carica a
cavallo degli irregolari Circassi spada alla mano ai danni del reparto
austroungarico. La musica che accompagna questo passaggio è di grande efficacia
e, in effetti, tutta quanta la colonna sonora di Marko Petrović Thompson
funziona egregiamente. Ma è anche la regia di Tomić a svolgere in maniera
adeguata il suo dovere: dall’uso sapiente del rallenty alla scelta di
inquadrature di forte impatto visivo o simmetriche, tutto gira in modo
congeniale al tipo di racconto. Su un altro livello narrativo, il passaggio di
consegne della divisa, e della mostrina che ne indentifica il presunto
proprietario, ben rappresenta in modo simbolico la spersonalizzazione che un
conflitto bellico di proporzioni della Grande Guerra provocava. Un paio
di paragoni tra i soldati nelle trincee e i ratti nelle gallerie e con uno dei
protagonisti, l’ufficiale croato Tiffenbach (Alen Liveric), imprigionato in un
fetido buco messo nella stessa condizione del topo che gli portano chiuso in
una botte, forse come cibo, sono ulteriori elementi in questo senso. E quindi fin
qui potremmo godere di Josef come ottimo film bellico sulla Prima
Guerra Mondiale, oltretutto su un fronte, quello orientale in Galizia nel
1915, non frequentato quasi mai dal cinema. Ma c’è un altro elemento che è il
vero centro del discorso: la mostrina che passa di mano mano durante tutto il
film e che determina via via una serie di cambi di identità tra i vari
personaggi, che scelgono di prendere il rango di ufficiale per provare a
scampare la sbrigativa fine destinata ai soldati semplici, o anche a saltare
opportunamente barricata. Di questa piastrina non vedremo mai in azione l’uomo
a cui appartiene, visto che questi non è nemmeno il protagonista della prima
metà del film, il soldato Vodnik Josef (Neven Aljinovic-Tot), che la sfila
insieme all’uniforme ad un caduto in una trincea nell’incipit dell’opera. Questo
cadavere, a cui la mostrina appartiene, è quello di un ufficiale chiamato Josip
Broz e se il nome non vi dice ancora niente vi basti sapere che in seguito chi
lo porterà diverrà celebre in tutto il mondo col nome di Tito, il dittatore
grande artefice della Storia della Jugoslavia. Uno degli aspetti più
sorprendenti della personalità dell’autoritario politico era che, pur essendo
croato-sloveno di nascita, finì per favorire un certo centralismo serbo nella
nascente Jugoslavia. In questo senso il film va a mettere in dubbio questa
abituale considerazione: certo, il vero Josip Broz del film, quello morto nella
trincea di cui intravvediamo il cadavere all’inizio, è un ufficiale di un
reparto croato dell’esercito austroungarico e quindi la sua provenienza
d’origine non viene messa in discussione. Ma, sempre stando alla ricostruzione
storica che si potrebbe desumere dal film, Tito non fu il Jozip Broz
dell’anagrafe ma nemmeno il soldato Vodnik Josef e neppure l’ufficiale
Tiffenbach (che successivamente si appropria di divisa e mostrina in questione),
che erano croati o comunque di una delle etnie slave al tempo sotto l’Impero
Austroungarico. Infatti prima della fine del film uniforme e mostrina militare
passano ancora di mano, e stavolta finiscono addirittura addosso al capitano
Serjoza (Drazen Sivak), l’ufficiale dell’impero russo alla guida degli
irregolari Circassi che riesce così a salvarsi finendo intruppato nell’esercito
nemico, quello austroungarico. La controffensiva dell’esercito di Francesco
Giuseppe aveva infatti travolto le trincee russe, anche grazie all’uso dei
biplani tedeschi mostrati in alcune pirotecniche riprese, e il capitano russo
aveva cambiato casacca per poter scampare ai rastrellamenti finali. Difficile
stabilire, per lo spettatore occidentale, se ci sia da parte degli autori
l’intenzione di disconoscere Tito e la sua opera politica addossandole
un’origine estranea a quella degli slavi del sud (da cui il termine Jugoslavia).
Se interpretato in questa chiave, il testo di Tomić potrebbe certo rafforzare
l’impressione straniante che ha sempre fatto l’opera dello statista Tito, croato-sloveno
e nazionalista ma anche proteso ad innalzare la matrice filoserba della
Jugoslavia. Ma, in ogni caso, che Tito sia stato croato-sloveno o un ex
capitano russo in incognito poco conta: Josef è comunque un film
interessante, proprio per una certa assenza di certezze con i continui cambi di
casacca che negano, concettualmente, i principi nazionalisti che curiosamente
profileranno poi proprio in quell’area. E comunque, non deve certo essere un
film d’azione, finanche bellico di matrice storica, a dover farci cambiare
l’opinione su uno dei più importanti, nel bene e nel male, personaggi politici
del XX secolo. Per quello ci sono i testi storici attinenti la cui lettura può
essere appunto stimolata da un film a suo modo prezioso come Josef.
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