Translate

domenica 21 gennaio 2024

GLI IMPLACABILI

1425_GLI IMPLACABILI (The Tall Men). Stati Uniti 1955; Regia di Raoul Walsh.

L’avvento degli anni Cinquanta aveva segnato una svolta nel genere western, che si manifestava ora nella sua forma classica. Il western romantico, legato al decennio precedente, andava quindi in archivio, ma, evidentemente, queste sono generalizzazioni buone per uno sguardo complessivo; le eccezioni c’erano e una di queste è proprio Gli implacabili di Raoul Walsh. Per quanto il titolo italiano faccia pensare a protagonisti eroici ed invincibili, propri del periodo aureo del genere, a tenere il centro della scena è piuttosto una giunonica Jane Russell nei panni di Nellie, un’intraprendente fanciulla. Per dovere di cronaca –almeno stando al titolo originale The Tall Men [gli uomini alti]– i protagonisti dovrebbero essere Clarke Gable, è il capitano Allison, e Robert Ryan, è mister Stark, effettivamente due spilungoni. Il tema dell’altezza è evidenziato dal paragone con Cameron Mitchell, sensibilmente più basso dei due, che interpreta Clint, fratello un po’ infantile del capitano. La sua presenza, nel racconto, sembra quasi un pretesto per enfatizzare la statura del capitano e di mister Stark, ma anche Nellie, narrativamente, se ne serve per mostrare tutto il suo peso. In effetti, se i protagonisti del film sono uomini alti, la donna che tiene loro testa si rivela essere un personaggio di un certo cabotaggio. La Russell era una bellissima donna, per carità, oltre che eccellente interprete, eppure, forse, non riuscì mai a divenire “la” diva per antonomasia, nonostante l’ottimo inizio di carriera e il fisico da pin-up. Chissà se, a nuocerle un poco, non fu, nel 1953, la partecipazione a Gli uomini preferiscono le bionde, regia del diabolico Howard Hawks, dove il confronto con Marilyn Monroe le fu effettivamente poco agevole –ma lo sarebbe stato per chiunque. 

L’anno successivo Marilyn fu splendida protagonista ne La magnifica preda, dove Otto Preminger riuscì ad inserire la sublime prestazione della bionda diva all’interno del momento classico di un genere che, in quei frangenti, non stava peraltro dando più tutto questo spazio alla componente femminile. Soprattutto le canzoni della Monroe sono tra i momenti più intensi del film, che si lascia ricordare anche per la sua straordinaria performance canora, oltre che scenica. Guarda caso, l’anno successivo, la Russell tornerà al western –Gli implacabili, appunto– genere con cui aveva prepotentemente debuttato e che frequentava abbastanza abitualmente. In questo senso potrebbe sembrare, in effetti, un po’ forzato cercare per questo motivo un collegamento tra le carriere della Monroe e della Russell – ma che dire, allora del successivo film di Joan, Gli uomini sposano le brune (1955, di Richard Sale) che sembra una risposta, più che un seguito, a quello citato di Hawks? Conoscendo Hollywood e lo star-system, non è difficile immaginare, tutto sommato, che qualche connessione in effetti ci sia. Fatto sta che, leggendola in questo senso, Joan prova a rispondere a Marilyn sul proprio terreno, il western, il genere che, nel 1943, l’aveva lanciata con Il mio corpo ti scalderà (di Howard Hughes), ma è tradita, forse da Walsh più che dalle proprie capacità. La Russell ha una bella voce ed è intonata, ma l’idea di farle cantare tre volte la stessa pur bella canzone –The Tall Men, di Ken Darby e Victor Young– non è esattamente il massimo. Oltretutto, sempre senza accompagnamento musicale o comunque ridotto al minimo: d’accordo il realismo, e nel selvaggio west non si pretende certo un’orchestra, ma al cinema, nell’utilizzo della musica, qualche licenza poetica è concessa. Inoltre, Walsh, forse perché si rende conto che una storia romantica con un’attrice come la Russell avrebbe bisogno di una controparte forte –un Clark Gable un po’ più arzillo, magari– stempera la traccia sentimentale con un umorismo poco generoso, nei confronti della sua protagonista. 

Del peso della donna si è detto, ma è un tema troppo ricorrente e, addirittura, ad un certo punto è persino corretto al rialzo dalla stessa, in un tentativo, forse, di fare dell’autoironia. In seguito la donna finisce impantanata nel fango del fiume, con annessa specifica che non si tratta di sabbie mobili: come dire che lo sprofondamento è dovuto proprio alla stazza eccessiva della Russell. Inoltre, nel corso del film, c’è un’attenzione costante verso i piedi della protagonista, il che sarebbe anche lusinghiero, se non fosse evidenziato che non si tratta esattamente di una misura da Cenerentola; e, ancora, la si vede in grande difficoltà nell’indossare i vestiti troppo stretti e c’è perfino qualcuno che ironizza sul fatto che, stando alle dimensioni, la donna possa entrare nella vasca da bagno che si porta appresso per tutto il film.  Al di là di questo aspetto “fisico” dei personaggi, che fa da sfondo alle vicende, il film si presenta come un elegante western classico. Regia comunque di mestiere di Walsh, musiche evocative di Victor Young, fotografia calda di Leo Tover e il CinemaScope esaltato dagli scenari meravigliosi e dalla sterminata mandria assemblata per l’occasione. Insomma, se non fosse per la Russell, ostacolata se non dileggiata dalla regia, e da una Clark Gable, effettivamente, un po’ troppo imbolsito per reggere un western epico, si potrebbe anche essere soddisfatti. 






Jane Russell


Galleria








Nessun commento:

Posta un commento