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sabato 16 dicembre 2023

KOLIYIVSHCHYNA

1407_KOLIYIVSHCHYNA . Unione Sovietica, 1933; Regia di Ivan Kavaleridze.

Prima che regista, Ivan Kavaleridze, ucraino con origini georgiane, fu un importante scultore dell’Unione Sovietica, le cui opere ornano ancora le piazze e le strade di molte città del paese. Non si tratta di sculture di poco conto: tra queste, si possono citare la statua della principessa Olha a Kiev e i suoi tributi a Taras Scevchenko –poeta, scrittore, pittore, ritenuto un pilastro della stessa lingua ucraina– ancora a Kiev, e poi a Sumny, a Romny e, soprattutto, a Poltava, dove è più evidente l’influenza cubista. Anche se, forse, l’opera che meglio esprime l’arte scultorea di Kavaleridze si trova nei pressi di Donetsk: a Sviatohirsk, dal 1927, troneggia un gigantesco Artem, il primo eroe bolscevico. Qui, le influenze cubiste, più evidenti nel monumento di Poltava, sono meglio coinvolte nell’anatomia della imponente e stilizzata figura umana. Questi dettagli artistico biografici non sono solo mere curiosità, in quanto la poetica cinematografica di Kavaleridze è fortemente influenzata dalla sua capacità di scultore come è già evidente dai suoi primissimi film. Tra questi, Koliyivshchyna, uscito nel 1933, era pensato come la prima parte di una trilogia storica che, pur avendo il seguito nel successivo Prometheus (1936), non verrà mai interamente conclusa. Da un punto di vista prettamente storico, Koliyivshchyna fa immediatamente riferimento alla grande ribellione Haidamaky, scoppiata nella Ucraina della Riva Destra nel 1768. Gli Haidamaky erano formazioni paramilitari composte da contadini e nobili locali decaduti che insorsero contro gli invasori polacchi che governavano la citata Riva Destra Ucraina, ovvero i territori a ovest del fiume Dnipro. A fomentare la rivolta c’erano anche i russi, interessati ad estendere la loro influenza oltre il grande fiume, che alimentavano l’ostilità dei cosacchi e della popolazione locale contro la dominazione polacca; un’ostilità già provata, tra le altre cose, dai contrasti di matrice religiosa tra quella cattolica degli occupanti e quella ortodossa degli occupati. 

I pogrom, le violente sommosse, travolsero il paese, dando vita a massacri a cui vennero sottoposti polacchi, ebrei, cattolici romani e bizantini. Il film di Kavaleridze esce nel 1933, nel pieno della propaganda cinematografica sovietica, e l’autore ha il suo bel d’affare a trovare la quadra tra la realtà storica, che gli interessa poco, e una narrazione epica che celebri le origini del suo popolo, l’Ucraina, senza indispettire troppo le autorità sovietiche che hanno altri intenti. Sulla scarsa attinenza storica di Kavaleridze non c’è da scandalizzarsi: l’epica non è mai Storia, a partire dai poemi dell’Antica Grecia fino al cinema Western americano e, oltretutto, l’autore sembra ispirarsi prevalentemente a Haidamaky, poema di Taras Schevchenko e opera teatrale di Les Kurbas. Kavaleridze riesce pienamente a conferire al suo lavoro la ricercata matrice epica, con gli scultorei personaggi che si stagliano sullo schermo in tutta la loro potente presenza scenica. 

Il suo protagonista, Semen Nezhivoy (Aleksandr Serdyuk), è un eroe monumentale, una figura mitica, mentre più controversa la rappresentazione di Ivan Honta, noto anche come Gonta, (Ivan Maryanenko) e Maksim Zaliznyak (Daniil Antonovich). Questi sono due eroi del folclore popolare ucraino, in genere considerati positivamente anche per via del loro ruolo di difensori della chiesa ortodossa nel confronto con quella cattolica della dominazione polacco-lituana. Lo sguardo di Kavaleridze, ad esempio nella sua attenzione alle differenti lingue parlate nel racconto filmico, non lascia intendere un utilizzo strumentale del cinema, se non nel senso epico del termine. Riguardo al trattamento riservato dal suo film ai due personaggi storici citati, stando alle parole di Lisnevska Alina Leonidivna (vedi nota 1), Kavaleridze si lamentò del fatto che gli storici che gli erano stati assegnati dalla apposita Commissione rielaborarono a loro convenienza le immagini dove erano protagonisti Gonta e Zaliznyak. Va precisato che un testo fortemente simbolico come quello di Kavaleridze, potrebbe risultare particolarmente soggetto a questo tipo di manipolazione; e i dialoghi, per quanto fossero presenti –si era agli arbori del cinema sonoro– non vennero utilizzati in senso moderno per dettagliare ogni risvolto della trama, ma lasciarono più che altro spazio alla capacità figurativa dell’autore, fungendo più che altro da supporto. Una soluzione pregevole, che però offrì il fianco al movimento che, negli anni Trenta, in Unione Sovietica, riteneva di utilizzare il cinema come strumento per uniformare il paese alle dottrine dettate da Mosca. 

In questo senso l’Ucraina rappresentava storicamente un problema: alla base della popolazione vi erano i contadini, e non il proletariato caro ai comunisti, e le teorie irredentiste, diffuse nel paese, erano dure a morire e andavano costantemente combattute. Stando ad interpretazioni comunemente accettate, l’Holomodor, la carestia che travolse l’Ucraina nei primi anni Trenta del XX secolo, è appunto il frutto di una di queste battaglie. Nell’intento di pianificare l’intero territorio dell’Unione delle Repubbliche secondo le proprie direttive, il governo Sovietico collettivizzò l’agricoltura ucraina, deportando coloro i quali opponevano resistenza, e mise infine in campo manovre per aggravare deliberatamente la carestia, causando qualche milione di vittime. Per quanto la questione possa essere dibattuta, in numerosi paesi e secondo risoluzioni da parte di organizzazioni internazionali, a questo proposito si parla esplicitamente di Genocidio. 

Proprio in quegli anni, Kavaleridze si propose con il suo Koliyivshchyna: se a prima vista avrebbe potuto sembrare inopportuno, considerato che raccontava una vicenda in grado di dare nuova linfa al nazionalismo ucraino, fu invece un’occasione colta al volo dal potere sovietico per un abile manovra propagandistica. L’interpretazione in chiave epica di Kavaleridze, con il suo simbolismo stilizzato, si prestò bene a queste manovre da parte della Commissione, come visto già denunciate dallo stesso autore nelle sue memorie. In quest’ottica, la lotta contro gli oppressori polacchi divenne la lotta di classe, mentre la Chiesa Ortodossa, al tempo contrapposta a quella Cattolica degli invasori, perse la sua valenza positiva, in nome del laicismo di Stato obiettivo dei bolscevichi. Allo stesso tempo, l’Impero Zarista, che era stato uno dei motori, almeno dal punto di vista economico, della ribellione, divenne un nemico più insidioso dell’occupazione polacca, dipinta come ormai decadente e anacronistica. Secondo il citato studio di Lisnevska Alina Leonidivna, nel 1968, le autorità sovietiche rimontarono completamente il film di Kavaleridze, in modo che rispettasse appieno i loro convincimenti e sostanziali differenze esistono, sempre secondo Leonidivna, tra la versione del 1933 e quella di 35 anni dopo. Sia come sia, la potenza figurativa della poetica cinematografica delle immagini di Ivan Kavaleridze è rimasta intatta anche su quelle versioni di Koliyivshchyna, onestamente non proprio impeccabili, che si possono trovare in rete. Mentre, se per la Storia ci si può rivolgere agli appositi manuali, per le manovre strategiche propagandistiche, che sono uno dei punti cruciali della stessa, nulla come il cinema può rivelarcene la potenza. Anche quando ne è lo strumento non del tutto consenziente.
Note:
1. Lisnevska Alina Leonidivna
Università Borys Grinchenko di Kiev
Professore Associato del Dipartimento di Giornalismo e Nuovi Media
Dottorato di Ricerca in Pedagogia
Interpretazione degli eventi storici come strumento di propaganda (sull'esempio del film "Koliivshchyna" di Ivan Kavaleridze, 1933). Pagina 4. 



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