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martedì 17 marzo 2020

LORNA

537_LORNA ; Stati Uniti 1964. Regia di Russ Meyer.

Quello che è incentrato sulla prosperosa figura di Lorna Maitland, è il film che segna una svolta nella carriera registica di Russ Meyer. Da Lorna, così si intitola l’opera con vede l’esordio come attrice della procace ballerina di Las Vegas, in poi, Meyer sfornerà una serie di titoli considerati oggi di culto, spesso apprezzati per l’esuberanza fisica delle sue protagoniste ma tra i quali alcuni anche pregevoli (Faster, Pussycat! Kill! Kill! dell’anno successivo, tanto per citare il più famoso). Precisamente, in genere, il cinema del regista californiano è ricordato per gli eccessi in tema di sesso e violenza, sebbene gli sia quasi universalmente riconosciuto un tono dissacrante ma divertito che salva i suoi film perlomeno dalle censure meno estreme. Lorna ha però un approccio meno spensierato di altre pellicole di Meyer e, anche se l’abbondante seno della protagonista è certamente uno degli architravi dell’opera, il clima della storia non è poi così leggero come ci si potrebbe attendere da un film che si presenta con una tagline come “Lorna, una donna troppo per un uomo solo!”. La presenza di un quadro morale in un’opera di un autore considerato dissacrante come Meyer può sorprendere ma, in effetti, la figura del regista è più interessante di quanto sia stato banalmente spesso considerato. In ogni caso, attenendoci a Lorna, è innegabile che il film abbia alcuni passaggi in cui la forza simbolica delle immagini sia usata più come monito che per solleticare gli istinti sessuali del pubblico. A quest’ultimo fine ci sono altri passaggi, quelli del bagno della stessa Lorna, i dettagli del suo corpo ma anche altri momenti, e questo è altrettanto innegabile, come quelli dello stupro o della violenza. 


In questo senso Meyer non è un ipocrita e sa che la scena dell’incipit con Luther (Hal Hopper) che usa violenza sulla povera Ruthie (Althea Currier) scalderà subito gli istinti del suo pubblico pagante, ironicamente e simbolicamente rappresentato sullo schermo dallo squallido Jonah (Doc Scortt) che si gode la scena, con particolare predilezione per i passaggi di violenza brutale. Del resto questi film, già all'interno di quello che era noto come sinema (contrazione di sin e cinema, peccato e cinema) erano definiti roughies, ovvero rozzi, rudi. Ma nel primissimo attacco iniziale di Lorna c’è un predicatore (James Griffith, che è anche lo sceneggiatore dell’opera) che ci blocca la strada, una sorta di via del film, dandoci subito alcune dritte per godercela. Tra le quali peschiamo un “non giudicare se non vuoi essere giudicato” che sembra particolarmente adeguato. Ci sono poi altre scene di evidente forza simbolica, la donna di sale o la morte con la falce, con lo stesso predicatore che ritorna come un novello Virgilio ad accompagnarci in questo viaggio nell’infernale sud statunitense. La storia ci racconta di una moglie, Lorna, ça va sans dire, insoddisfatta dal pur devoto marito Jim (James Rucker) che pensa solo a studiare da commercialista e a lavorare duramente nella miniera di sale. La donna è annoiata, un giorno si reca al fiume per un bagno, sopraggiunge un evaso (Mark Bradley) che la violenta: Lorna scopre così che un rapporto sessuale può darle appagamento. 




La cosa la travolge tanto da farle perdere la testa per lo sconosciuto: per lui cucina, va a far la spesa usando i pochi soldi che lei e Jim hanno in casa, insomma farebbe di tutto (soprattutto quello che ormai non fa più per il marito) per non perdere quest’uomo. Il quale approfitta palesemente della situazione visto che è in fuga e comunque Lorna è un bel bocconcino. Può sembrare che l’ottica di Meyer sia, in un certo senso, benevola nei confronti del comportamento della donna, considerato che tradisce il marito legittimata dall’inconcludenza di questi a letto. In realtà il regista non è affatto così semplicistico: le difficoltà di sintonia sessuale tra Lorna e Jim sono mostrate per quello che sono in una situazione anche tipica nella coppia uomo/donna, con i tempi e i modi di piacere diversi per natura. E’ una condizione su cui Meyer si esprime in modo chiaro e certamente audace, per l’epoca, ma il regista non si inventa niente. Su questo problema fisiologico si innesta quello morale, che non è affatto assente nel film. Le scene del rapporto sessuale tra Lorna e l’evaso sono montate in alternato con lo scontro tra Jim e Luther: mentre il marito difende l’onorabilità della moglie, la donna lo tradisce. E’ una situazione doppiamente beffarda perché, oltretutto, la donna pensa che l’uomo si sia dimenticato del loro anniversario, che cade proprio quel giorno, mentre Jim se lo ricorda e ha in mente di tornare a casa in anticipo e fare una sorpresa alla moglie. Insomma, Meyer rincara la dose e la sua condanna del tradimento è quindi ancora più lampante. Se ne rende conto anche Lorna quando, nel momento critico, dovrà scegliere se seguire l’istinto naturale (l’evaso) o la morale (il marito) e, optando per la seconda soluzione, finirà inevitabilmente per pagare (duramente) il prezzo del tradimento. E’ una storia dove siamo invitati a riflettere (in fondo in modo letterale, dal predicatore), sulle nostre debolezze, sul fascino che esercita su di noi la violenza (Jonah che guarda arrapato Luther malmenare Ruth o Lorna che si invaghisce di un bruto dal gradevole aspetto), ma anche sulle difficoltà che dobbiamo affrontare nella vita. Dall’incapacità di Jim di soddisfare Lorna, di cui manco è consapevole (e questa mancanza di attenzione è in fondo la sua colpa maggiore), alle incomprensioni tra moglie e marito che tra loro non sembrano ricercare il feeling con la giusta convinzione, lui troppo platonico lei troppo svogliata. Ma il passaggio cruciale, che rende Lorna un film certamente morale, è la confessione di Luther, del tutto inaspettata e imprevedibile, ma sorprendentemente credibile. Jim, Luther e Jonah sono quindi tornati prima dalla cava, dopo la scazzottata e mostrano evidenti i segni della zuffa. 


Lorna è preoccupata, perché non aspettava il marito così presto e l’evaso è ancora in casa. Quando esce sul molo per anticipare le mosse e fermare il marito appena sceso dalla barca, dando il tempo all’amante di squagliarsi, la ragazza nota Jim (e gli altri) visivamente pesti e malconci. Forse è solo la scusa per prendere tempo ma le sue domande sono insistenti, vuole sapere cosa sia accaduto alla cava. Di fronte a Luther e Jonah, Jim evita di raccontare a Lorna di come i suoi colleghi avessero addirittura scritto una canzone in cui lo mettevano alla berlina insultando la rispettabilità della moglie. La scena è densa di tensione, nonostante la capacità recitativa (e dei doppiaggi italiani) sia uno dei limiti più evidenti del cinema di Russ Meyer. Eppure la storia è stata così ben congegnata che il momento è delicato e non si può evitare di notarlo: Lorna è preoccupata per l’amante nascosto in casa, forse già sentendosi un po’ in colpa per il tradimento; e comunque Jim sembra essersi fatto male, la cosa pare turbarla davvero. Da parte sua Jim non vuole raccontare delle allusioni di Luther, che offenderebbero Lorna, e forse nemmeno vuole fare la spia, per una sorta di cameratismo coi colleghi di lavoro; però è palesemente in difficoltà a mentire alla moglie. Intanto l’evaso, invece di filarsela altrove, attratto della barca che gli garantirebbe una via di fuga sicura, si è portato nei pressi del molo ed è in agguato attendendo il momento propizio. Mentre tutti si aspetta che la situazione precipiti, Luther confessa alla donna i motivi della zuffa: ovvero, le sue basse e volgari insinuazioni, mettendo così in evidenza la nobiltà d’animo di Jim e la sua premura nel difenderla ad ogni costo. L’uomo, per sé, non lesina una pesante autocritica che, se sembra effettivamente sincera, fa un po’ a pugni con il comportamento dell’incipit. Quella che potrebbe sembrare una valvola di sfogo, in fondo una confessione quello è, in questo caso alimenta il carico sulle spalle di Lorna che, a questo punto non ci possono essere più dubbi, deve per forza avvertire il peso della colpa del tradimento perpetrato nei confronti del marito. La tensione è rotta dall’intervento dell’evaso armato di ascia con conseguente sacrificio di Lorna chiamata, addirittura dalla morte in persona, a pagare per la sua colpa. I personaggi principali, Lorna, Jim e Luther, compiono tutti degli sbagli ma, chi più chi meno, riescono a saldare i propri debiti. Questo in un film in cui non ci sono personaggi positivi a tutto tondo, nemmeno Jim che trascura colpevolmente i segnali della moglie, ma le figure su cui si approfondisce un po’ il discorso, i tre appunto citati, hanno comunque un moto positivo nell’evoluzione della storia.
E allora, oltre che morale, Lorna è quindi un film provvisto di una sua prospettiva ottimistica fondata sulla redenzione.
Hai detto niente per un film di genere exploitation, anzi sexploitation.


Lorna Maitland





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