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venerdì 27 marzo 2020

CHIAMATE NORD 777

542_CHIAMATE NORD 777 (Call Northside 777); Stati Uniti, 1948. Regia di Henry Hathaway.

La presenza sullo schermo di James Stewart è già una buona garanzia e anche il regista Henry Hathaway non è certo un novellino, avendo diretto già diversi lungometraggi tra cui I lancieri del Bengala nel 1935 e Il bacio della morte nel 1947. Chiamata Nord 777 nasce quindi sotto i migliori auspici e non delude le attese. Il curioso titolo fa riferimento ad un annuncio pubblicato su un quotidiano: il tema è quindi il potere della  stampa che, nel corso della storia raccontata, si sostituisce alla Giustizia, rimediando con un inchiesta giornalistica del reporter P.J. McNeal (il nostro Jimmy Stewart) ad un grave torto commesso da quest’ultima istituzione. Lo stile dell’opera è consono al tema, visto che siamo assistiti da una voce fuori campo che ci guida, come fossimo in una sorta di cinegiornale, lungo le indagini giornalistiche di McNeal. La definizione dei vari protagonisti del racconto è di notevole caratura: se è prevedibile quella di McNeal a cui Stewart presta la sua enorme carica umana, lasciano favorevolmente impressionati anche gli altri personaggi. Franco Wiecek (interpretato da Richard Conte), l’orgoglioso e dignitoso innocente ingiustamente condannato; il direttore del giornale Brian Kelly (Lee J. Cobb) abile nello stuzzicare il suo reporter migliore; e a suo modo notevole è la terribile Wanda Skutnik (Betty Garde), la donna che falsamente accusa Wiecek. Compensano la brutta impressione di questa poco edificante esponente del genere femminile le altre tre donne della pellicola: l’accorata madre del Wiecek che dà il via alla storia pubblicando l’annuncio; la moglie, fedele fino al punto di prestare ascolto alla richiesta del marito divorziando per poi risposarsi (naturalmente questi stratagemmi sono fatti a ragion veduta, nello specifico per il bene del figlioletto); resta da citare Laura (una deliziosa Helen Walker) la moglie di McNeal. Un bel poliziesco, solido e divertente. A voler essere pignoli, visto il taglio realistico dell’opera, il colpo di scena finale sembra un po’ forzato, col dettaglio della data sul giornale che rimane visibile nonostante i ripetuti ingrandimenti. Ma è un dettaglio, appunto.   








Helen Walker




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