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sabato 17 febbraio 2024

UN COLPO DI PISTOLA

1439_UN COLPO DI PISTOLA . Italia 1942; Regia di Renato Castellani.

L’esordio in regia di Renato Castellani è un film esemplare del Calligrafismo, la corrente cinematografica che, in Italia, si diffuse all’incirca in quel periodo compreso tra il declino del cinema dei Telefoni Bianchi e l’avvento del Neorealismo. Un colpo di pistola, innanzitutto, può vantare un’illustre origine letteraria –nello specifico Il colpo di pistola, di Aleksandr Puškin, contenuto ne I racconti del defunto Ivan Bielkine– che era una delle prerogative del Calligrafismo. La critica, al tempo, non accolse benevolmente questa nuova tendenza cinematografica, accusandola di essere un po’ fine a sé stessa, nella sua eccessiva cura formale, come si può anche intuire della definizione attribuita alla corrente, che pare venne coniata proprio con un intento non precisamente lusinghiero. Un colpo di pistola paga dazio proprio in questo aspetto, nella stucchevole ricercatezza, per la verità, riscontrabile, più che nell’aspetto visivo del film, nei dialoghi leziosi e, in qualche frangente perfino petulanti, oltre che nel tentativo di dare una forma più compiuta al racconto all’origine. In effetti, Il colpo di pistola di Aleksandr Puškin, verte su un’idea brillante e si preoccupa unicamente di metterla in forma scritta. Nello specifico, lo spunto interessante che ispirò lo scrittore russo era che i menefreghisti, coloro i quali non cercano la felicità o magari semplicemente non se ne curano, non valgono nemmeno la pallottola che serve ad ammazzarli. Nel racconto, al momento di sparare al rivale in un duello, il protagonista, vedendo che questi mangia ciliegie senza dare nessuna importanza a quello che sta per succedergli, decide che, per il momento, è meglio soprassedere. Tornerà a riscuotere il pegno, il colpo di pistola del titolo, se e quando l’uomo sarà felice. Allora, ucciderlo, avrà un senso. Attraverso questo curioso e stimolante modo di affrontare l’argomento, il padre della letteratura russa sottolineava quanto fosse importante vivere con interesse, con passione, con attenzione, la vita. Idea folgorante, certo, ma che da sola non era adeguata a reggere la dimensione di un film commerciale. Del resto, lo stesso Puškin ci aveva ricavato un racconto e non un romanzo. Per questo motivo, una pattuglia di sceneggiatori –oltre allo stesso Castellani, Mario Bonfantini, Mario Soldati, Alberto Moravia e Corrado Pavolini– si misero all’opera per imbastire una romantica storia che potesse giustificare l’ora e mezza prevista. Effettivamente, per quanto il melodramma intessuto possa essere coinvolgente, l’impressione che può sorgere, è che tutto quanto sia stato soltanto un semplice gioco delle parti. Nelle quali troviamo: Andrea Anickoff (Fosco Giachetti), il protagonista, il tiratore infallibile che rinuncia a sparare al duello; Sergio Drutzky (Antonio Centa), l’esuberante e svagato aspirante ufficiale che insidia la ragazza amata da Andrea, e per ciò viene sfidato da questi; Mascia (Assia Norris), ambito vertice del triangolo melodrammatico. La Norris è radiosa ma eccede nel civettare, così come Giachetti è troppo serioso e Centa troppo spensierato; gli autori sono bravi, e il lavoro svolto in sede di stesura si nota, per cui, nonostante questi eccessi, un punto di equilibrio si trova. Ma, appunto, l’impressione è di una ricerca calcolata di far quadrare i dettagli della trama e della struttura interna, pur cercando di non sconfessare, questo va riconosciuto, lo spirito del testo all’origine. Nel complesso, un risultato dignitoso.    



 Assia Norris 

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