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domenica 7 giugno 2020

MISSOURI

580_MISSOURI (The Missouri Breaks); Stati Uniti, 1976. Regia di Arthur Penn.

Sei anni dopo Il piccolo grande uomo, Arthur Penn torna al genere western e anche stavolta dirige un film anticonvenzionale, che potrebbe lasciare anche un po’ interdetti se non ci fosse la vena ironica che aiuta ad accettare alcune scelte dell’autore, altrimenti difficilmente plausibili. La principale delle quali è la ripetuta e continua insistenza sulle scene scatologiche. Per quanto possano sembrare quasi gratuite se non con il lasco intento di rendere più realistica l’epopea western rispetto ai canoni classici, questi momenti fisiologici, a cui Penn decide di concedere la ribalta cinematografica, sono la vera chiave di lettura del film. C’è un racconto, quasi una barzelletta, ma dicevamo del tema farsesco dell’opera, che lo dichiara in modo emblematico; Tom Logan (Jack Nicholson) sta raccontando di quando ha conosciuto Sandy, suo compagno di furti di bestiame: la prima volta che conobbi Sandy, rubava bestiame per conto suo, aveva un cavallo rubato all’esercito e aveva anche un cane, continua Tom, appena uccideva una bestia gli tagliava il marchio e lo dava in pasto al cane. Diceva che, per trovare le prove per condannarlo, dovevano rinchiudere il cane e frugare nella sua merda per una settimana prima di trovare il marchio! Le parole, sono scherzose è evidente; ma questo è comunque una sorta di epitaffio funebre, perché Sandy è stato appena impiccato. E’ chiaro che, in un certo senso, sono parole anche sentite e significative,visto il momento in cui vengono pronunciate, al di là del loro significato burlesco. E comunque per lo spettatore sono scherzose fino ad un certo punto, visto che sono le esplicite istruzioni per guardare Missouri; ovvero: cercando negli escrementi troverete le prove della colpevolezza. 

La prima parte della frase si concretizza guardando appunto il film: a partire dalla storiella che parla della cacca del cane, nella pellicola si vedono un sacco di servizi igienici dove c’è sempre qualcuno che deve urinare o l’ha appena fatto; poi c’è Clayton (Marlon Brando) che si concede un sonoro peto (spaghetti western a parte, il primo peto western?), infine uno dei ladri di bestiame viene ucciso mentre è intento, in una della citate latrine, a fare il bisogno grosso. E’ chiaro quindi che, nella trasposizione metaforica, gli escrementi del cane del racconto di Tom sono rappresentati dal film stesso: manca da capire chi siano i colpevoli. Nel film si parla di ladri di bestiame e questi non possono essere certo innocenti; ma nel letamaio in cui ci costringe a cercare Penn, innocenti non ce ne sono. Braxton, il pezzo grosso della zona, si erge a giudice, paventando ordine e pace, ma in realtà altri non è che uno spietato carnefice, come dimostra la suggestiva iniziale scena con l’impiccagione di Sandy. E certo non può essere giudicato innocente Clayton, uno psicopatico che approfitta del lavoro di regolatore per uccidere a sangue freddo. Ci sono solo un paio di personaggi che appaiono meno colpevoli degli altri: Kathleen, la figlia di Braxton, è giovane, idealista, contestatrice e desiderosa di trasgressione. La sua voglia di infrangere la legge è più che altro rivolta alle bigotte convenzioni sociali legate al sesso, niente di particolarmente serio. 

Più rilevante la sua opposizione all’uso gratuito della violenza a cui ricorre facilmente il padre. L’altro personaggio che ha degli sprazzi positivi è il protagonista della storia, Tom Logan: è vero che è un ladro di bestiame e rapinatore di treni, ma appena può si compra un ranch e si mette a lavorare. Ma, anche nella valenza positiva, il suo è comunque un comportamento in opposizione al genere western, visto che si mette a fare il contadino piuttosto che il cowboy. Perché in fondo il discorso di Penn è semplice: il west fu una latrina, dove di persone giuste e corrette non ce n’erano, e alcuni fuorilegge potevano essere migliori dei tanti uomini che si vantarono di aver civilizzato l’ovest. Insomma, cogliendo probabilmente lo spunto dall’western all’italiana, vero apripista in tal senso, il riferimento scatologico messo in piedi dal regista sembra dirci che il genere western è davvero arrivato alla fine del proprio ciclo vitale. Difficile dire se Penn abbia ragione; certo è che se si intende rivitalizzare il genere occorrerà un approccio diverso. Qui siamo davvero agli sgoccioli; e non di acqua limpida.




Kathleen Lloyd

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