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giovedì 9 novembre 2017

THE VILLAGE

26_THE VILLAGEStati Uniti, 2004;  Regia di M. Night Shyamalan.

 L’incipit del film è un funerale: la bara appare piccola, e quindi se ne deduce che si tratti di un bambino; l’inquadratura della lapide ce lo conferma e ci informa anche che siamo sul finire del 1800. Perlomeno se dobbiamo ritenere, come sarebbe logico, le incisioni sulle lapidi attendibili. Lo sviluppo del lungometraggio ci conferma che l’ambientazione è quella: ci troviamo in un villaggio americano (The village, appunto) di fine ‘800, ma saltano all’occhio alcune stranezze. Pare che il villaggio sia circondato da esseri pericolosi, le creature innominabili; gli abitanti del villaggio sono così confinati dentro il loro nucleo e intorno incombe un lugubre bosco il cui accesso è proibito. Detta così risulta un po' difficile da credere, come storia horror, ma qui entra in gioco la talentuosa mano del regista M. Night Shyamalan che, con una sontuosa regia, forse un po’ di maniera ma comunque efficace, ammalia, confonde, allude, insinua. Con l’aiuto di una fotografia poco nitida, che ad ogni inquadratura nasconde mille insidie nelle ombre e nelle nebbie, unita ad una musica appropriata, puntuale ad enfatizzare i passaggi cruciali, il cocktail è servito: un film riuscito, che mette i brividi.
Il regista di origine indiana è però di intelligenza sottile: tutte le stranezze del suo film, tutte quelle cose che riesce a farci accettare solo grazie alla maestria in regia, e questa cosa sembra quasi voler farcela notare, sono quelle che, in modo eclatante, ricostruiscono la metafora dello scenario americano/mondiale del dopo 11 settembre. Shymalan sembra dire: “è una storia bizzarra quella che vi sto raccontando, non è forse vero? Già, ma sembra la nostra realtà”. Perché per quanto strana, la storia è credibile sì per la bravura degli sceneggiatori (anche troppo bravi, nelle puntualizzazioni del finale), per l’efficacia del regista e dei suoi collaboratori o per le prove d'attori tra cui spicca la splendida Bruce Dallas Howard; ma lo è soprattutto per la somiglianza con quello che è accaduto nel nostro mondo, in quei tempi oscuri.
Al di là delle belle ed inquietanti scene, al di là dell’intensa storia d’amore, al di là delle aperture che vengono concesse nel finale, il sospetto che in quella bara di inizio film ci fossero sepolte anche le nostre speranze per il futuro, rimane fortissimo.

        



Bryce Dallas Howard






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