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venerdì 5 settembre 2025

IL TENENTE SHERIDAN - MORTE DI UNA SPIA

1724_IL TENENTE SHERIDAN - MORTE DI UNA SPIA, Italia 1959. Regia di Stefano De Stefani

Dopo l’esordio in Qualcuno al telefono, il tenente Sheridan (Ubaldo Lai) ritorna all’opera in Morte per una spia, episodio che, pur se godibile, non manca di lasciare ben più di qualche perplessità. Che si possono intuire già nella scelta del titolo: sul momento verrebbe infatti da chiedersi come un tenente della Squadra Omicidi di San Francisco, possa essere coinvolto in un caso di spionaggio, ma è appunto un errore in cui si può essere indotti dal nome equivoco dell’episodio. La “spia”, citata nel titolo, non è, infatti, un “agente segreto” ma un “informatore” della polizia: che gli autori, esattamente come il loro protagonista, lasciano intendere di disprezzare definendolo con il termine poco lusinghiero di chi, nei vari ambiti della vita quotidiana, rivela la verità a chi è incaricato di accertarla, sia esso un genitore, un insegnante, il datore di lavoro, un poliziotto –appunto–  e via di questo passo. Il voto di omertà, a cui ogni buon cittadino italiano sembra dover sottostare, tanto per capirci, è lo stesso che le organizzazioni mafiose poi sfruttano a dovere ma, anche senza scomodare Cosa Nostra, è curioso che in un poliziesco la figura del “soffia” sia trattata in modo simile. Sheridan, non solo disprezza apertamente Tom Bates (Tonino Pierfederici), ma sottovaluta i rischi che l’informatore corre, tanto che, sostanzialmente, la missione del tenente fallirà, visto che l’uomo finirà poi ucciso dai sicari incaricati di fargli la pelle. Di fronte alla sconsolata vedova di Bates, Brenda (Liliana Tellini), il tenente non ha il minimo moto di umanità ma si compiace con sé stesso nel dimostrare la propria abilità, scoprendo facilmente l’identità del colpevole, inevitabilmente da cercare nel pugno di personaggi presenti nel motel in cui è avvenuto l’omicidio. La scena è godevole, con tutti i sospettati presenti e con Sheridan che elenca i passaggi della sua indagine, tendendo poi una trappola in cui il sicario finisce per cascare. Nel far questo, si ricordi che lo sceneggiato è del 1959, gli autori inseriscono un paio di curiosità tecnico-investigative, come le impronte digitali e il guanto di paraffina, quest’ultimo spiegato con dovizia di particolari. Trovato il colpevole ed erroneamente convinto di aver fatto “il suo” –in realtà il compito del tenente era quello di proteggere Bates– Sheridan se ne va, mentre Brenda continua a piangere sconsolata. Tipo ambiguo, questo Sheridan, e basterebbe il ghigno di Lai per capirlo, ma c’è qualcosa anche di più del sorriso inquietante che non va, nel tenente. Qualcosa le cui tracce si possono trovare anche in passaggi di minore importanza, ma rivelatori del pensiero, probabilmente, non tanto del personaggio, ma, piuttosto, degli autori alle sue spalle. Quando vede per la prima volta la più giovane delle sorelle della temperanza, Jeanne (Rosa Maria Rocchi), Sheridan si volta sornione a darle uno sguardo alla figura, sorridendo compiaciuto. Quando poi nota il sergente Howard (Carlo Alighiero), fare lo stesso, lo redarguisce subito: coerenza questa sconosciuta, d’accordo, ma per un tipo che si spaccia per essere tutto d’un pezzo suona un po’ più che ipocrita. Tuttavia questa caratterizzazione del protagonista tutt’altro che edulcorata, promette di essere il vero piatto forte della serie.     


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