Translate

mercoledì 29 novembre 2017

FAUST

46_FAUST. Russia 2011;  Regia di Aleksandr Sokurov

Il regista russo Aleksandr Sokurov ha mostrato, nel 2002 con Arca russa, una padronanza assoluta dei mezzi tecnici cinematografici. Con la trilogia sul potere (Moloch, del 1999 su Hitler, Toro, del 2001 su Lenin, e Il sole, del 2005 sull’imperatore Hiroito) ha ulteriormente dimostrato la sua dimestichezza ad affrontare temi complessi ed elaborati. Il suo Faust suggella definitivamente l’argomento sul potere chiudendo quella che adesso è da considerare una tetralogia. In questo caso, non è però un protagonista storico, sotto la lente deformante del regista russo, ma un personaggio letterario: il Faust di Goethe, che viene pesantemente tradotto dalla personalissima mano dell’autore, per un’opera nel complesso assai originale. Il film ha una forza espressiva spaventosa, e ci rimanda un mondo maleodorante, puzzolente, sporco. Il senso oppressivo è accentuato da un formato 4:3, i cui angoli stondati sottolineano la scelta del regista, e contribuiscono a tenere sempre viva l’attenzione sulla limitazione dello spazio visivo. Non che ci sia molto da guardare in giro, in questo Faust, le cui scene sono compresse in luride e fatiscenti abitazioni, tuguri, sotterranei, vicoli. Non è tanto all’esterno, infatti, che bisogna guardare, ma dentro. D'altronde, il film comincia con una discesa dal cielo fino alle viscere del corpo umano, con una autopsia d’epoca vista nel dettaglio. E’ il dottor Faust (Johannes Zeiler) al lavoro, alla ricerca dell’anima, una ricerca che lo porta a scavare, rovistare, fino a dentro le interiora del corpo umano.
I rimandi visivi sono alla pittura, a Bosch, a Bruegel, quelli letterali a Dante; ma l’ambizioso Sokurov prova a lasciare una sua personale impronta, e ci riesce di sicuro soprattutto nella viscida e malformata figura di Mefistofele (un mostruoso Anton Adasinky che nel film interpreta il ruolo dell’usuraio, evidente alter ego del diavolo). Il flusso di parole concitate, i fitti dialoghi che scivolano nel grottesco, possono scoraggiare, in principio, ma poi irretiscono, complice anche la trama che viene in soccorso con un paio di avvenimenti molto terreni. Il primo è l’omicidio di Valentin da parte di Faust; il secondo è l’innamoramento dello stesso Faust, che perde la testa per la dolcissima Margarete (Isolda Dychauk). Ovviamente Valentin è il fratello di Margaret e questo complicherà le cose; a questo punto Faust si accorda con Mefistofele per suggellare il famoso patto ed avere il cuore della giovane in cambio della propria anima.


Ma il contratto alla fine va in malora, e Faust si trova senza anima e senza amore. Insomma, non solo il nostro bravo studioso non riesce a trovare l’anima vivisezionando i suoi cadaveri, ma scopre, su di sé, che nemmeno esiste: e quello che rimane, è solo carne e desiderio carnale; almeno finché resiste. E se Mefistofele cerca ancora di imbrigliare Faust, anche dopo, così come il dottore capisce rapidamente il meccanismo scientifico alla base del geyser, comprende anche gli inganni spirituali del diavolo, e può liberarsene serenamente, mettendoci, letteralmente sopra una pietra (o meglio più pietre). Non rimane più niente da fare, se non ridere all’ultima chiamata celeste, e andare oltre.    







 Isolda Dychauk











Nessun commento:

Posta un commento