46_FAUST. Russia 2011; Regia di Aleksandr Sokurov
I rimandi visivi sono alla pittura, a Bosch, a Bruegel, quelli letterali a Dante; ma l’ambizioso Sokurov prova a lasciare una sua personale impronta, e ci riesce di sicuro soprattutto nella viscida e malformata figura di Mefistofele (un mostruoso Anton Adasinky che nel film interpreta il ruolo dell’usuraio, evidente alter ego del diavolo). Il flusso di parole concitate, i fitti dialoghi che scivolano nel grottesco, possono scoraggiare, in principio, ma poi irretiscono, complice anche la trama che viene in soccorso con un paio di avvenimenti molto terreni. Il primo è l’omicidio di Valentin da parte di Faust; il secondo è l’innamoramento dello stesso Faust, che perde la testa per la dolcissima Margarete (Isolda Dychauk). Ovviamente Valentin è il fratello di Margaret e questo complicherà le cose; a questo punto Faust si accorda con Mefistofele per suggellare il famoso patto ed avere il cuore della giovane in cambio della propria anima.
Ma il contratto alla fine va in malora, e Faust si trova senza anima e senza amore. Insomma, non solo il nostro bravo studioso non riesce a trovare l’anima vivisezionando i suoi cadaveri, ma scopre, su di sé, che nemmeno esiste: e quello che rimane, è solo carne e desiderio carnale; almeno finché resiste. E se Mefistofele cerca ancora di imbrigliare Faust, anche dopo, così come il dottore capisce rapidamente il meccanismo scientifico alla base del geyser, comprende anche gli inganni spirituali del diavolo, e può liberarsene serenamente, mettendoci, letteralmente sopra una pietra (o meglio più pietre). Non rimane più niente da fare, se non ridere all’ultima chiamata celeste, e andare oltre.
Nessun commento:
Posta un commento