899_UN GENIO, DUE COMPARI, UN POLLO ; Italia, Germania Ovest, Francia, 1975; Regia di Damiano Damiani.
Sergio Leone, dopo aver inaugurato gli spaghetti western con la trilogia del dollaro, se l’era un po’ presa male per la deriva eccessivamente farsesca che la corrente italiana aveva preso. Il punto di svolta poteva essere considerato, in modo simbolico, dai film di Trinità con Terence Hill: da lì in poi diveniva difficile fare uno spaghetti che avesse delle pretese serie, fatto salvo le caratteristiche stilizzate che anche i film di Leone avevano avuto. Ma, di fatto, il filone italiano aveva, per così dire, rotto l’onda, e si era avvitato su sé stesso, perdendo ogni velleità autoriale. Ovviamente la cosa poteva essere accettata senza problemi da molti, ma forse a Sergio Leone doveva scocciare un po’di più che ad altri; in fondo gli spaghetti western erano considerati una sua invenzione. Così, se è vero che dal 1968 di C’era una volta il west come regista si terrà lontano dal western, (Giù la testa, del 1971 è più propriamente un film d’avventura), quasi a non voler vedersi immischiato con la moltitudine di produzioni nostrane di bassissima lega, non si darà subito per vinto. Nel 1973, nelle vesti anche di produttore, dà lo spunto per Il mio nome è Nessuno a Tonino Valerii che vede protagonista, oltre ad Henry Fonda, proprio Terence Hill, l’attore che più di ogni altro simboleggiava la risposta interpretativa italiana in chiave parodistica a Clint Eastwood. Giuliano Gemma, che era stato il Ringo dei film di Duccio Tessari, per esempio, aveva fornito anch’esso una figura ironica e scanzonata di eroe, ma era rimasto comunque entro certi limiti.
Anche per via del successo, e per il risultato del lavoro in coppia con Bud Spencer, Hill aveva invece sbilanciato totalmente sul piano comico la funzionalità del suo personaggio tipico. Nei primi anni settanta pensare ai western del tempo (non ancora noti col termine di spaghetti) voleva dire pensare prima a Trinità che non alla trilogia del dollaro di Sergio Leone. Il che era un po’ clamoroso, visto la differenza qualitativa tra i capolavori leoniani e i pur validissimi e divertenti film di E.B. Clucher. Così Leone, pur non facendosi coinvolgere in prima persona, ordisce un tentativo di riportare la vena farsesca degli spaghetti entro i limiti con non facessero sbracare completamente il genere. Nel caso de Il mio nome è Nessuno l’esperimento ha un risultato positivo e, in effetti, Terence Hill se la cava egregiamente anche se il confronto con Henry Fonda è un po’ rischioso.
Due anni più tardi Leone prova a mettere un altro tassello nel suo discorso, anche se poi, visto lo scarso risultato, eviterà di farsi menzionare nei credits. E, probabilmente, darà per morto anche il suo tentativo di reindirizzare il genere che aveva creato. Pare infatti che la prima scena di Un genio, due compari, un pollo sia stata diretta da lui in persona; per il resto del film venne ingaggiato Damiano Damiani. Il validissimo regista friulano aveva alle spalle numerosi ottimi film, tra i quali anche uno spaghetti western, Quién sabe? nel quale si poteva leggere il suo impegno civile e politico. Forse questa matrice seria, di Damiani, avrebbe dovuto garantire alla farsa di non deragliare come accadeva troppo spesso nei western all’italiana, ma le cose andarono diversamente. Damiani infatti non trova la giusta alchimia, Terence Hill sembra ormai capace di un unico registro interpretativo, e il film risulta troppo fiacco per le ambizioni che promette. Fa specie, ed è un indice della scarsa funzionalità dell’opera, vedere il personaggio di Klaus Kinski così anonimo, quando basta uno sguardo per intendere che sarebbe in grado di mangiarsi il Joe Thanks interpretato da Terence Hill stivali, speroni e cavallo compresi. Deludente anche Miou-Miou, l’attrice francese che interpreta Lucy, di cui si fatica a ricordare una scena. Insomma, non si tratta certo del peggior spaghetti western della Storia, assolutamente no; il suo problema è che, partito con ambizioni notevoli, si plafona via via sempre più al ribasso. Lasciando lo spettatore deluso, che in fondo è la cosa peggiore che può capitare ad un film. E che per un western, spaghetti o meno, è un peccato mortale.