509_LA PATTUGLIA SPERDUTA (The Lost Patrol); Stati Uniti, 1934. Regia di John Ford.
A guardarlo oggi, La
pattuglia sperduta, film di John Ford del 1934, è davvero strano. Chissà se
gli intenti del regista, al tempo, fossero quelli che, a vedere l’opera quasi
un secolo dopo, sembrano ora evidenti. La
pattuglia sperduta ha infatti le caratteristiche di un film quasi
sperimentale. Intanto il protagonista, Victor McLaglen, è un noto caratterista
e non il tipico eroe di una storia avventurosa; manca quindi, in un film
d’azione, il perno su cui la vicenda deve sorreggersi. Tra l’altro, il
personaggio di McLaglen non ha nemmeno il nome ma per tutto il film è chiamato
semplicemente col suo grado militare, sergente.
Quindi non ha nemmeno i gradi militari tipici del personaggio protagonista,
dove, in questo senso, andrebbe bene una qualsiasi scelta tra quelli degli
ufficiali. Per contrapposizione, altre volte, al centro della scena nei film di
guerra vengono messi i soldati semplici, ma ben raramente i sergenti che, per
vocazione narrativa, sono in genere figure di supporto. Insomma, in una storia
che racconta di una pattuglia perduta, abbiamo perso anche il protagonista
tipico: che nel film potrebbe essere rappresentato dall’ufficiale ucciso in
avvio. A questo proposito, in quell’inizio c’è anche una breve didascalia che
ci dà le istruzioni minime, ma davvero minime, per ambientare la storia del
film. Deserto della Mesopotamia, prima guerra mondiale, soldati inglesi e
nemici arabi. Le informazioni della missione le ha l’ufficiale che, come detto,
muore senza avere il tempo di fare o dire qualcosa di significativo: e così il
sergente, come lo spettatore, non sa nulla dell’obiettivo militare
dell’operazione. Non sa nemmeno dove si trovano, del resto il film si intitola La pattuglia sperduta.
Da un punto di
vista narrativo, è evidente l’intenzione di Ford di spogliare di tutto quanto,
ma davvero tutto, il suo racconto. Il che è già un bel modo per mostrare
l’insensatezza della guerra, in modo intrinseco al racconto filmico: i soldati
sono mandati a combattere, ma non sanno niente delle motivazioni né delle
strategie. Nel film, e in questo Ford è davvero sperimentale, di fatto manca
anche il nemico, con gli arabi che incombono come presenza minacciosa e letale
ma si palesano solo drammatico nel finale. E il loro esiguo numero, sono in netta
inferiorità rispetto alla pattuglia che hanno decimato, toglierà anche il manto
di eroicità a cui i soldati inglesi potevano ambire.
Questo utilizzo del nemico
come presenza che aleggia minacciosa, più che come avversario concreto da
affrontare, tornerà in Ford nel capolavoro Ombre
Rosse e, La pattuglia sperduta,
sembra in effetti una sorta di studio
in quell’ottica. Sotto questo aspetto c’è però la vera natura del film, che si
basa sui rapporti tra i membri della pattuglia, messi sotto pressione e in
costante tensione dalla situazione. Anche questo è una sorta di anticipo di
quello che accadrà ai protagonisti del capolavoro con John Wayne coi personaggi
in viaggio nella diligenza: sembra mancare però, in La pattuglia sperduta, un’organizzazione così studiata delle varie
personalità dei membri del racconto. Ma del resto si è detto che è un film che
si fonda sull’assenza, su qualcosa che si è sperduto.
Manca il protagonista, manca la storia, manca il nemico, e mancano anche i comprimari
che si fanno piuttosto notare per stupidità.
Il sergente, no, per la verità,
lui è soltanto un omaccione burbero ma bonario chiamato a recitare il ruolo di
leader che però non gli è congeniale. Qui va, per onor di verità, aperta una
parentesi. Questa è l’impressione che si avverte oggi, ovvero che McLaglen non
avesse le stigmate dell’eroe. E, volendo, c’è da credere che John Ford, che di
personaggi eroici del cinema dimostrerà di intendersene, l’avesse capito. Però
va detto che McLaglen, al tempo, era forse ancora ad un bivio: nel successivo Il traditore, sempre per la regia di
Ford, il simpatico Victor sarà ancora al centro della scena del film,
guadagnandosi persino l’Oscar come attore protagonista. Forse Ford con McLaglen
stava cercando il suo eroe americano,
quello che poi sarà incarnato da John Wayne? O l’utilizzo di McLaglen, in La pattuglia sperduta, prevedeva di
sfruttarne proprio l’inadeguatezza al ruolo di protagonista? Sembrano valide entrambe le ipotesi.
Non ci sono dubbi,
invece, che il resto della truppa della pattuglia inglese sia tratteggiato in
modo non troppo benevolo da Ford: certo, c’è dispiacere per il ragazzo giovane
e impreparato, mandato a morire per l’insensatezza della guerra, ma dalla
follia religiosa del personaggio di Boris Karloff alle battute razziste un po’
troppo gratuite, personaggi memorabili tra i soldati inglesi non se ne contano.
Da questo punto di vista l’esperimento di Ford sembra quindi avere un esito
negativo: si può togliere tutto alla storia di un film, ma non i personaggi
carismatici. Detto questo, va comunque sottolineato che il film è di buonissimo
livello; notevole, ad esempio, la musica di Max Steiner, e comunque anche gli
interpreti coinvolti fanno la loro parte in modo professionale. Lo stesso
McLaglen, in ogni caso, non ne esce affatto male: anzi, viene un po’ il
sospetto, confermato poi da successivi occasioni in cui l’attore recita per
conto di Ford, che il regista lo maltratti
un po’ troppo, destinandogli ruoli eccessivamente macchiettistici. McLaglen non sarà stato John Wayne, ma era
comunque un validissimo interprete e lo dimostra anche nello scomodo ruolo del
sergente de La pattuglia sperduta.
Nessun commento:
Posta un commento