513_I PROFESSIONISTI (The Professionals); Stati Uniti, 1966. Regia di Richard Brooks.
The Professionals
è il curioso titolo scelto dal regista Richard Brooks per questa sua opera, una sorta di tardo western ambientato nei primi anni
del 1900 ma girato, per certi versi, come un western classico. La fotografia calda, i paesaggi assolati, il
canovaccio portante (gruppo di americani che deve liberare una donna rapita dai
messicani), il carisma dei protagonisti, (Lee Marvin, Burt Lancaster, Robert
Ryan e Woody Stroode); fin qui si potrebbe pensare ad un tipico film ambientato
nella frontiera americana. Ma abbiamo già visto come l’ambientazione sia
posteriore a quella canonica dei film sul wild
west; e, quindi, per trovare una frontiera ancora davvero selvaggia, nei primi anni del XX secolo,
bisogna infatti spostarsi nel Messico. Qui però le cose si fanno differenti
perché, se è vero che in quegli anni il Messico era in violento fermento,
quella violenza aveva però una forte matrice politica: quella della Rivoluzione
di Villa e Zapata. Ed è in questo contesto che prende significato il titolo del
film di Brooks: I professionisti. Gente cioè che fa qualcosa per professione, per essere pagata; per denaro,
insomma. Quindi Brooks spedisce i suoi professionisti,
potremmo forse definirli mercenari, ma suonerebbe troppo dispregiativo, in un
ambiente dove il tema sociale è dominante. La questione non è solo ambientale:
è vero che la scritta viva Villa!
campeggia ovunque, ma il fatto cruciale è che i due prim’attori della
spedizione, Bill (Lancaster) e Rico (Marvin) hanno combattuto per la
rivoluzione proprio a fianco di quel Raza (Jack Palance) che ha rapito la
moglie (Claudia Cardinale) di Mister Grant. La missione è: riportare Mrs. Grant dal marito. Nessun problema, il lavoro è
lavoro, sembra pensare Rico, che è il capo del manipolo di uomini, e se Raza
prima era un amico, adesso è un nemico.
L’aspetto determinante è l’impegno
preso, sebbene in cambio di un compenso economico: Bill, il meno professionale, ci prova, a far
deragliare la spedizione per cercare un carico d’oro disperso, ma Rico è
irremovibile, l’impegno è riportare la donna al marito. Una posizione, perciò,
da vero professionista, tesa ad
onorare il contratto stipulato: non sono più i doveri morali o etici, a fornire
motivazioni all’eroe, ma la sua professionalità. Almeno finché Cupido non ci
mette lo zampino: perché i nostri, gente che ammazza cavalli e cristiani,
uomini e donne, e lo fa senza battere ciglio, quando scoprono che Maria, la
moglie rapita, in realtà non è stata rapita ma è fuggita con Raza, l’uomo che
ama, rescindono unilateralmente il contratto con Mister Grant, e appoggiano la
fuga dei due amanti. E, se almeno secondo la logica dello spettatore, il loro
potrebbe sembrare un comprensibile ravvedimento, la motivazione che invece
forniscono per il loro dietro-front è
strettamente legata alle false parole di Grant nel momento di stipulare
l’accordo. Un accordo basato sulla menzogna non ha valore.
C’è forse quindi
un’etica, anche nell’essere professionisti, ossia che i patti devono essere
chiari e non ci devono essere imbrogli? Un’etica del lavoro, dell’impegno
professionale, quindi: è dunque una svolta sociale, quella che prende la storia raccontata da Brooks? E il fatto che avvenga in una storia messicana, e quindi rivoluzionaria quasi per statuto, è una sorta di augurio che anche il professionismo americano si pieghi alle istanze sociali? Sarebbe bello e sarebbe anche un bel moto di evoluzione per i nostri professionisti; e pazienza se siamo ancora rimasti un po’ straniti a fronte della
facilità con cui questi, specialmente Bill, hanno ammazzano chi gli si è parato davanti.
Ma quella di Brooks sembra anche una riflessione su come l’evoluzione degli
uomini d’armi del West, da semplici pistoleri dilettanti a professionisti, non
ne abbia diminuito l’attitudine alla violenza come sistema per risolvere le
questioni, anzi. Da qui si potrebbe anche dedurre qualche radice sulla politica
estera che assumerà l’America nel corso del tempo, basata sul principio di
forza e supportata con efficace
prontezza dall'azione militare.
Per quel che riguarda la messa in scena del film, Brook
dirige con mano sicura e decisa come le zoomate con cui rimarca alcuni
dettagli. In ogni caso, punti di ripresa sempre nel vivo e ad altezza uomo, perché si tratta di una storia soprattutto di uomini (e di una donna). Burt Lancaster è la solita faccia da schiaffi, ma scorazza
magnificamente per tutto lo schermo; Lee Marvin è un leader militare
altrettanto credibile rispetto alle sue note interpretazioni da pendaglio da
forca. Sempre valido Jack Palance, e bravo anche Woody Strode, pur con uno
spazio limitato. Relegato in secondo piano Robert Rayan, e di questo ce
facciamo anche una ragione; ma la
Cardinale forse poteva essere valorizzata un po’ meglio.
In conclusione? Un filmone.
In conclusione? Un filmone.
Claudia Cardinale
Marie Gomez
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