495_INVITO AD UNA SPARATORIA (Invitation to a gunfighter); Stati Uniti, 1964. Regia di Richard Wilson.
Moltissimi ingredienti, ma forse poco amalgamati tra loro,
sono la caratteristica saliente di questo Invitation
to a Gunfighter del regista Richard Wilson. La situazione si presenta
caotica già di suo: una cittadina del New Mexico dove americani e messicani
vivono separati; il ritorno di un reduce sudista in una città che, a sorpresa,
è interamente unionista e gli ha espropriato la casa; una donna (Janice Rule)
che non ha aspettato il ribelle in
questione (Geroge Segal) ma si è sposata un ex combattente nordista monco, che
forse non ama, ma che l’ha impietosita per via del braccio perso in una nobile
causa (la guerra alla schiavitù). Manca da citare il tipico padrone della città, borioso come tutti
i padroni delle città del cinema western. In questa situazione arriva Jules
Gaspard d’Estaing (Yul Brinner), pistolero creolo dal nome francese ed
elegante, e che veste in modo anche più elegante, con vistosa camicia bianca e
abito scuro. D’Estaing viene assunto come sicario per far fuori il ribelle, ma
si dedica a tutt’altro; vaga per il film, familiarizza coi messicani, tratta
bene le signore e maltratta gli intermediari, evita di uccidere il ribelle
mentre si innamora della donna a cui uccide il marito (il nordista monco). Poi
demolisce mezza città, umilia il boss e, infine, leva il disturbo. Una scheggia
impazzita che, a differenza di altre storie già sentite, non capita in una
città tranquilla e sonnolenta ma già lacerata dall’odio e funge solo da acceleratore per
portarla al collasso. Insomma, una situazione forse simile a quella del genere western nel
1964: visto le contraddizioni che aveva provato a reggere da troppo tempo, era
già sul punto di implodere. Il crepuscolo del genere era già nei suoi
presupposti e gli innesti che arriveranno col tardo western o con gli spaghetti
western, potrebbero quindi essere stati anch’essi semplici acceleratori, proprio come il d’Estaing di Invito ad una sparatoria. Nell’insieme
il film si lascia vedere, ma con un pizzico di fatica, forse per il suo
procedere in modo troppo discontinuo.
Janice Rule
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