510_I TRAFFICANTI DELLA NOTTE (Night and the City); Stati Uniti, Regno Unito, 1950. Regia di Jules Dassin.
Il maestro del noir
Jules Dassin aggiunge un altro capolavoro al suo già ricco curriculum nel
genere specifico (basti citare Forza
bruta e La città nuda): I trafficanti della notte è un film che
rende merito in maniera splendida al significato del termine nero in relazione a queste pellicole. Il
protagonista della storia è Henry Fabian (un credibilissimo Richard Widmark),
un intrallazzatore che cerca di farsi strada nel sottobosco della criminalità
organizzata di una irriconoscibile Londra (a parte per qualche veduta da cartolina
con il Big Ben, della capitale inglese non si vede che buio, ombre e atmosfere
brumose). Fabian è, a conti fatti, l’eroe
della nostra storia, ed è un individuo infido, losco, disonesto, ladro,
bugiardo: ma se questi connotati possono essere anche accettabili quando si
trova alle prese coi boss della malavita come Nosseross o Kristo, lascia
davvero disarmati quando il nostro baldo giovanotto ruba i soldi risparmiati
dalla splendida Mary (nientemeno che la divina Gene Tierney) ragazza onesta che
sciaguratamente ne è innamorata. Fabian, comunque, non è proprio quello
sfaccendato che sembra e che tutti quanti credono: dimostrerà una certa abilità
nel gestire uomini e situazioni, anche se metterà in moto un meccanismo che non
sarà in grado poi di gestire. Il punto di massima tensione di una pellicola
cupissima è proprio quando i lottatori, per i quali Fabian vuole organizzare un
match ma non può farlo apertamente senza sfidare il racket di Kristo, vengono
fatti incontrare e aizzati dallo stesso Fabian: ne scaturisce un’incontrollabile
lotta cruenta e senza regole che impressiona per la violenza delle immagini
mostrate sullo schermo.
Per giunta, uno dei due lottatori è Gregorius, ovvero
proprio il vecchio padre di Kristo, che vince lo scontro ma perde la vita per
l’enorme sforzo profuso. A quel punto il ras malavitoso non ci vede più, anche
perché il padre muore senza essersi riappacificato con lui e, oltretutto,
proprio su questi dissapori tra padre e figlio circa l’etica e l’onestà della vera
lotta libera si era opportunisticamente inserito Fabian, che intendeva trovare
il suo spazio. Fabian, inoltre, non contento di essersi messo tra padre e
figlio di una famiglia mafiosa, nella continua ricerca di soldi, va ad
alimentare anche i dissidi sull’altra sponda
del Tamigi: inganna e truffa Helen, la donna di Nosseross, l’altro boss
malavitoso.
Helen acquista infatti da Fabian una licenza per un locale notturno
(che si rivela falsa), con la quale lei pensa di mettersi in proprio e
finalmente lasciare il grasso marito. Alla fine la matassa di bugie, menzogne,
imbrogli viene al pettine e sono in troppi a voler togliere dalle spese il nostro Henry Fabian: primo fra tutti Kristo
che mette una taglia sulla sua testa. Ormai senza più scampo, Fabian trova
l’ultima geniale intuizione che
possa ricompensare, almeno parzialmente, l’unica persona degna dell’intera
storia: Mary cerca di salvarlo, ma lui esce allo scoperto e la accusa
platealmente (e ingiustamente) di tradimento; che almeno le possa venir
consegnata la ricompensa per averlo scovato.
Un tentativo, certamente tardivo e che non riscatta affatto
una condotta di vita completamente censurabile, ma ci conforta almeno un poco:
anche nella notte più buia, a volte si può scorgere una piccola scintilla di
luce.
Gene Tierney
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