493_SIERRA CHARRIBA (Major Dundee); Stati Uniti, 1965. Regia di Sam Peckinpah.
Il regista Sam Peckinpah, dopo un paio di interessanti
western (La morte cavalca a Rio Bravo
e Sfida sull’Alta Sierra), cerca di
mettere la sua prima vera firma ad una pellicola, evitando quelle ingerenze
produttive che hanno contraddistinto le sue due prime opere; e lo fa, e viene
spontaneo dire ‘ovviamente’, con una
pellicola anch’essa di genere western. La forte volontà di autonomia autoriale
si traduce in un film, Sierra Charriba,
che parte a cannone, mette tantissima carne al fuoco e, per la prima oretta di
visione, tiene tremendamente botta. Protagonista del film è il Maggiore Dundee
(a cui è intitolato il film nella versione originale) interpretato dal
granitico Charlton Heston, che attraversa spedito il lungometraggio come Mosè
attraversa il Mar Rosso o, per attenerci all’opera, come lo stesso maggiore
passa in mezzo ai detenuti sudisti del campo di prigionia. Il personaggio
interpretato da Heston è un ottuso militarista vittima della propria
determinazione più che della fame di gloria e, sia per il contesto generale,
sia per il riferimento insistito al trombettiere della truppa, sembra fare il
verso al celebre generale Custer (la cui condotta scriteriata lo portò con il
proprio reparto al disastro del Little
Big Horn, da cui si salvò appunto il solo trombettiere). L’antagonista di
turno è, o dovrebbe essere, un indiano, Sierra
Charriba (Michael Pate), a cui il distributore italiano del lungometraggio
ha malamente intitolato il film. ‘Malamente’
perché il predone apache si vede davvero poco, ed è presto soppiantato
nell’economia del film da un rivale ben più presente e partecipe nello sviluppo
della trama: il drappello di nordisti all’inseguimento di Sierra Charriba è
affiancato, infatti, da volontari sudisti che sperano di ottenere così il
condono, capeggiati dal tenente Tyreen (Richard Harris).
Tyreen e Dundee sono
vecchi amici ma ora su sponde diverse della Guerra Civile e hanno tra loro trascorsi
burrascosi a complicare ancora di più le cose: sarà quindi l’ufficiale
confederato a contendere il centro della scena al maggiore nordista. Ma le
insolite unioni non sono ancora
finite: al manipolo si uniscono i soldati di colore del carcere militare,
desiderosi di passare all’azione diretta e, per fare numero, vengono assoldati
anche volgari criminali. Insomma, una spedizione punitiva che si pone come
delicato obiettivo di recuperare tre bambini rapidi dagli indiani, oltre ad eliminare
Sierra Charriba, è composta da nordisti, tra cui alcuni soldati di colore, sudisti
e perfino banditi. Non contento, Peckinpah conduce il suo manipolo in caccia
oltre il confine messicano, senza tutti quegli scrupoli politico/geografici che
in genere siamo abituati a vedere nei film western.
In Messico viene liberato
un piccolo villaggio, e quindi la storia ha un suo momento rivoluzionario, nel quale il nostro drappello ingaggia addirittura
battaglia contro le truppe francesi dell’Imperatore Massimiliano. Mentre
Charriba rimane costantemente latitante dalla storia, arriva sulle scene la
folgorante Teresa Santiago, una a dir poco splendida e assolutamente fuori luogo
Senta Berger, che va ad imbastire un’ulteriore traccia, quella sentimentale,
che fin’ora mancava. E’ difficile capire, stando alle voci, chi abbia messo
tutti questi ingredienti, ma è certo che Peckinpah non ha potuto poi cucinarli
come avrebbe potuto o saputo, perché, tanto per cambiare, i problemi con la
produzione sono stati notevoli.
Pare che il vulcanico regista avesse approntato
in origine un piano di lavoro di oltre quattro ore e, se questo fosse vero,
allora si possono spiegare la quantità di elementi profusi. Una simile mole di
materiale narrativo sarebbe potuto certamente diventare una sorta di monumento
al genere western sebbene, visto i presupposti, piuttosto dissacrante. Quel che
rimane è un film che inizia in modo notevole per poi procedere a fiammate, spesso
tremende, come nella scena in cui viene riportato al campo il disertore
sudista. Peckinpah non solo è abile nel mostrare la violenza in modo esplicito,
ma dimostra, in quel passaggio, di saperla gestire a piacimento: creata una
tensione narrativa estrema, la fa sfociare nell’uccisione del soldato e, a
questo punto, sfrutta abilmente il clima più stremato che rilassato che ne è
derivato, per la scena del romantico bagno tra Dundee e Teresa.
Nel complesso Sierra
Charriba rimane un film molto interessante, ma parzialmente inespresso;
anche la forza del finale, con il sacrificio di Tyreen, non riesce a
trasmettere tutto il suo potenziale. Alla fine lo spettatore, seppure si possa
essere divertito dal film, in fondo in fondo rimane con la voglia non
soddisfatta; un po’ come Teresa, il personaggio interpretato dalla Berger,
quando va a trovare Dundee e lo trova insieme alla ragazza messicana.
Senta Berger
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