631_LA PORTA SUL BUIO: IL TRAM ; Italia, 1973. Regia di Dario Argento.
Realizzato con lo pseudonimo di Sirio Bernadotte, Il
tram è un film per la televisione girato da Dario Argento per una serie
antologica dedicata al genere giallo trasmessa sulla Rai nel 1973, di
cui lo stesso regista romano era anche curatore. Argento era al tempo in
forma strepitosa: i suoi primi tre film (L’uccello dalle piume di cristallo
del 1970, Il gatto a nove code e Quattro mosche di velluto grigio
entrambi del 1971) erano notevoli e l’avevano reso già una mezza celebrità. La
sua sola presenza garantiva infatti l’effetto traino al programma La porta
sul buio, come detto un’antologia di racconti filmati del brivido in cui
l’autore romano faceva una comparsata per introdurre i vari episodi. Pare che
il soggetto per Il tram sia da ricondurre ad una sequenza tagliata da L’uccello
dalle piume di cristallo; in ogni caso il tema portante, l’indizio
rivelatore che sfugge al commissario Giordani (Enzo Cerusico), è un cliché
tipico di Argento. Nel complesso il film è piacevole, la trama essenziale
permette uno sviluppo ponderato e ben dosato anche per la durata dell’unica ora
prevista da queste produzioni televisive. Il soggetto è presto detto: su un
tram di Roma è stata trovata una donna accoltellata ma nessuno ha visto niente,
nonostante la presenza di altri viaggiatori oltre che del conducente e del
controllore.
In questo caso, poi, il regista non può calcare la mano sugli effetti visivi, limitati da budget e coordinate produttive del mezzo televisivo e, nel bilancio finale, tutto questo finisce per inficiare un po’ la completa positività dell’operazione. Che comunque nel complesso rivela comunque il momento felice di Argento: si veda, in questo senso, la caratterizzazione divertita dei personaggi e i loro siparietti umoristici, il lavoro sulle inquadrature o l’apporto della musica. Bene anche il cast, compreso Cerusico che ostenta anche eccessivamente la parlata romanesca; Paola Tedesco (è Giulia, la fidanzata di Giordani) regge in modo egregio lo schermo ma sono i poliziotti Corrado Olmi e Fulvio Mingozzi a rendere credibile, con la loro presenza scenica, un film basato prevalentemente su un’indagine. Il che ci porta ad un’ultima considerazione: forse Argento ha deciso di utilizzare uno pseudonimo per una ipotetica questione di prestigio cinematografico ma viene anche il dubbio che, non potendo ricorrere ai suoi abituali eccessi visivi, l’autore non si sia fidato delle proprie capacità prettamente narrative. Non senza qualche ragione: quello logico deduttivo non è comunque il suo miglior ambito di lavoro.
Nessun commento:
Posta un commento