514_LO SCERIFFO SENZA PISTOLA (The Boy from Oklahoma); Stati Uniti, 1954. Regia di Michael Curtiz.
Curioso western che si tinge dei toni di placida commedia
per ragazzi, Lo sceriffo senza pistola
vede al centro della scena Will Rogers Jr., due anni dopo che l’attore di
sangue cherokee aveva interpretato il più celebre padre in The Story of Will Rogers. Il regista di questa simpatica biografia
dedicata all’umorista conosciuto come il
figlio favorito dell’Oklahoma, era Michael Curtiz che, evidentemente,
dovette trovarsi particolarmente a suo agio con Will Rogers Jr., tanto da
tornare a lavorarci in tempi brevi. La cosa non deve sembrare così scontata,
visto che Will Rogers Jr. non fu un attore a tempo pieno, quanto piuttosto un
politico, e le sue interpretazioni cinematografiche o televisive furono davvero
sporadiche. In Lo sceriffo senza pistola
viene veicolato un messaggio pacifista, incarnato appunto da un tutore
dell’ordine che rinuncia al ferro di
quel mestiere per antonomasia. Allo stesso tempo, questo particolare narrativo,
permette di sfruttare l’abilità di Rogers Jr. con il lasso, che Tom, lo
sceriffo in questione, utilizza in luogo delle armi da fuoco. C’è una traccia
gialla da seguire, all’interno della tipica impostazione western con la
cittadina in mano al potente di turno; Michael Curtiz sa il fatto suo e la complessiva
mancanza di pretese, sotto un certo aspetto, agevola la scorrevolezza del
testo. A duettare con Rogers Jr. è chiamata Nancy Olson, attrice di levatura
superiore ma senza un carisma tale da offuscare la scena al protagonista. Volendo,
in quest’ottica ci sarebbe Lon Chaney Jr., ma il vecchio leone del cinema
horror nel western non riuscì mai a ripetere le interpretazioni che lo avevano
reso celebre. Per la verità Curtiz prova a ritagliargli un ruolo abbastanza
adatto, quello di Charlie il pazzo,
ma si tratta di una semplice comparsata.
Insomma, questo Lo sceriffo senza pistola non è niente di che, più che altro un prodotto adatto ad ingannare la noia. Ed
è un fatto anche sorprendente, da un certo punto di vista, perché, pur essendo
un film apertamente disimpegnato, veicola, come già accennato, alcuni messaggi
politici in modo piuttosto esplicito. Non solo la politica è parte integrante
della trama, visto che il film si apre con la rielezione del sindaco corrotto,
ma si insinua anche in una serie di altri elementi. Dal protagonista che rinnega l’uso
della violenza e studia legge, al suo
senso civico nel voler compiere il proprio dovere di sceriffo in modo
scrupoloso, al fatto, analizzando l’opera anche fuori dallo schermo, che l’attore in questione è di origine pellerossa
e che, oltre che attore, è un uomo politico egli stesso. Ma più di ogni altra
cosa è messa al centro della scena più volte la questione femminile.
Nei confronti di Katie, il personaggio
interpretato dalla Olson, il film insiste in più di un’occasione per
sottolineare il suo uscire dai consueti ruoli femminili. Katie si presenta infatti
vestita da uomo alla gara di corsa a cavallo, nella quale si dimostra più
valida dei suoi avversari maschi; poi batte anche Tom, il personaggio di Rogers
Jr., in una gara di tiro con la pistola. Il quale accetta la sconfitta di buon
grado, non avendo dimestichezza con le armi da fuoco, ma ne critica l’abitudine
ad andarsene in giro vestita da cowboy e, piuttosto, in seguito ricorre alla
sua bravura come cuoca. Come dire, la donna ha un suo ruolo e sta bene in
cucina con un bel vestito a fiori.
Poi, però, nel momento cruciale, per avere
un intervento più pragmaticamente efficace, sprona la ragazza a rimettersi i
calzoni in luogo della gonna. La questione del vestiario di Katie è davvero
piuttosto dibattuta, anche perché si presta ai toni leggeri da ironica commedia
sentimentale che aleggiano sul film ma, visti anche gli altri rimandi, sembra
avere il suo perché. In definitiva la ragazza opta per una via di mezzo, abiti
da cowboy con cappellino da dama: è davvero un film politico, Lo sceriffo senza pistola, se alla fine
la via trovata è quella del compromesso.
Nancy Olson
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