386_I 4 FIGLI DI KATIE ELDER (Sons of Katie Elder). Stati Uniti 1965. Regia di Herny Hathaway.
Guardando I 4 figli di
Katie Elder viene spontaneo pensare che Henry Hathaway non fosse Howard
Hawks (e nemmeno John Ford). E’ un pensiero irriverente, e anche ingiusto, per
quello che, in fondo, è stato un importante cineasta della Hollywood classica:
quanti film appassionanti e divertenti ha girato Hathaway? Eppure un po’ sembra
esserselo cercato, il paragone scomodo; perché nel suo I 4 figli di Katie Elder si avventura troppo da vicino al tipico
terreno di Hawks (su tutti Un dollaro
d’onore, con il quale condivide anche i due attori principali, John Wayne e
Dean Martin oltre a molte situazioni) senza riuscire però a gestirlo in modo
personale. La regia è professionale, d’accordo, ma la sceneggiatura sembra andare
un po’ a braccio: la questione della
mandria di cavalli, ad esempio, sembra un escamotage rimediato all’ultimo per
risolvere gli eccessivi intrighi che i cattivi della storia imbastiscono ai
danni dei quattro figli della vedova Elder. Perché poi i cavalli vengono
abbandonati al loro destino e non se ne sa più nulla e, se questo potrebbe
anche essere realistico o plausibile in molti film, in un western classico si può quasi considerare un
errore. E non possono esserci dubbi, la colonna sonora di Elmer Bernstein con
il formidabile tema musicale, ci dice senza tema di smentita che I 4 figli di Katie Elder è un western
classico: non è un dettaglio da poco o una semplice etichetta, è una cosa che
fa la differenza. Solo in un western classico il duca può girare disarmato con un killer in agguato senza essere
minimamente scalfito da timori o paure; insomma, quando si guardano film di
quei generi che hanno consacrato la golden
age di Hollywood, ci sono le licenze poetiche che fanno parte del gioco e,
quindi, vanno rispettate dagli spettatori ma anche dagli autori.
Per quanto il
film di Hathaway è del 1965 e quindi un po’ fuori tempo, per far parte
dell’epoca dei grandi western classici: il regista sceglie però di mantenere
grosso modo la tradizionale struttura, introducendo elementi nella trama che
indichino che il momento topico della conquista del west sia già trascorso.
Innanzitutto il film si apre con un funerale; i quattro figli ritornano a
Clearwater per l’ultimo saluto alla madre Katie. La figura del pistolero John
Elder (Wayne) e del giocatore d’azzardo Tom (Dean Martin) sono viste molto male
da una città che si ritiene ormai civilizzata e nella quale il tempo per simili
personaggi è ormai scaduto. Meglio sono visti l’uomo d’affari Matt (Earl
Holliman) e lo studente Bud (Michel Anderson Jr).
Poi la storia si sviluppa in modo classico, con
Hathaway che è anche bravo a creare le situazioni tipiche (la visita al ranch
dei rivali, il duello al saloon, la prigione assediata, lo scontro finale, la
tragica morte, ecc.) ma quasi mai riesce a dare a queste scene la giusta enfasi
epica. E per la verità anche gli attori non collaborano granché: Wayne è ancora
in gamba, ma appare troppo compassato, mentre Dean Martin è un pallido ricordo
non solo del personaggio western visto in Un
dollaro d’onore, ma anche dei suoi abituali ruoli brillanti; deboli le
figure dei due Elder più giovani.
Insomma, nel complesso il film tiene comunque botta, sia
chiaro, ma è assai lontano dai vertici di quel genere a cui si ascrive di appartenere.
Martha Hyer
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