460_SEPOLTA VIVA ; Italia, Francia 1973. Regia di Aldo Lado.
Passaggio indiscutibilmente a vuoto nella carriera
registica di Aldo Lado, Sepolta viva
è però un’opera a suo modo interessante. Certo, quello che è rimasto sullo
schermo, tra i tagli della censura, i limiti imposti della produzione e le evidenti
mancanze degli autori, regista in testa, non è il massimo della vita per uno
spettatore, ma si è visto comunque di molto peggio. Pare, almeno stando a
dichiarazioni dello stesso Lado, che la scelta di girare questo film sia stata
una sua libera decisione, e non un prodotto imposto dall’industria
cinematografica nazionale per motivi di cassetta. E questo risulta un po’
strano, perché il film è un melodramma in costume, un’opera che sembra
inseguire i gusti di un target ben definito di pubblico. Ma, in effetti, si può
notare che il titolo dell'opera faccia riferimento anche una possibile storia
dell’orrore, più vicina ai lavori degli esordi di Lado e, nella condizione
della morte apparente che coglie la protagonista, anche una somiglianza specifica
con La corte notte delle bambole di vetro,
folgorante esordio dell’autore. In effetti Lado dichiarò che per questo film mise a
frutto (in modo non così compiuto, viene purtroppo da dire) la sua esperienza
registica: dei riferimenti vagamente horror abbiamo detto, per quelli
sentimentali si veda La cosa buffa
dell’anno precedente. E, in fondo, l’idea poteva anche essere buona: riuscire a
coniugare le atmosfere terrorizzanti o comunque inquietanti alle passioni
accese di un melodramma.
Un gioco sul doppio genere, per un regista la cui poetica era costantemente in bilico
tra due (e spesso più) elementi; l’ambientazione storica raddoppiava poi la
matrice popolare, affiancando (e forse provando a nobilitarlo) al prodotto
tipico da fotoromanzo, quale è in sostanza Sepolta
viva, la tradizione del melodramma italiano ottocentesco dell’Opera. Era
quindi un’idea ambiziosa, quella di Lado, e se ci aggiungiamo che la
protagonista avrebbe dovuto essere interpretata da Paolo Poli, attore teatrale
che del resto spesso recitava en travesti,
si capisce che quello che poi è rimasto sullo schermo è ben poco dell’audace
progetto. Non che ci si debba lamentare della protagonista poi scelta, ovvero
Agostina Belli che, per inciso, è una delle poche note liete del lungometraggio.
Beh, ad onor del vero va messa a referto almeno una discreta funzionalità della
suspense nel finale, quando le trama giunge al suo dunque e bisogna riconoscere
che è ben congegnata. Ma, se questo basta per salvare Christine (la sepolta
viva tratta appunto in salvo nel finale della storia), è davvero troppo poco
per evitare un’impressione di generale mediocrità per il film nel suo complesso.
Agostina Belli
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