463_SITUAZIONE IMBARAZZANTE (Bachelor Mother); Stati Uniti, 1939. Regia di Garson Kanin.
Il regista di Situazione
imbarazzante, Garson Kanin, non è un nome molto noto, perlomeno al grande
pubblico. In effetti i suoi lavori dietro la macchina da presa non sono poi
molti e nemmeno di grande richiamo. Ma Kanin, spesso in coppia con la moglie
Ruth Gordon, è stato un formidabile sceneggiatore di commedie, all’opera sui
lavori del maestro del genere George Cukor e tra i quali vale la pena ricordare
almeno La costola di Adamo (1949) e Nata ieri (1950). Nel 1939 Kanin era
ancora agli inizi della sua carriera cinematografica, ma il talento,
soprattutto nella capacità di imbastire con semplicità le ricche trame fatte di
equivoci tipiche della commedia, c’era già tutto. Già lo spunto su cui si fonda
il film rivela la genialità dell’autore: volendo architettare una storia che si
basa su un elemento immorale e scabroso (giova ricordare che siamo nel 1939),
ovvero la maternità prematrimoniale, Kanin se ne inventa uno che di fatto non
c’è. In sostanza l’equivoco, vero asse portante di ogni commedia, è già nelle
fondamenta della Situazione imbarazzante
(per citare il titolo italiano): perché Polly Parrish (una Ginger Rogers
adorabile, come sempre, del resto) non è la ragazza
madre che tutti credono. Il piccolo John non è suo figlio; e che ad
affibbiarglielo sia un istituto caritatevole, per nulla caritatevole in quegli
ostinati passaggi in cui non vuole credere alla ragazza, è un graffio sociale
tipico della migliore tradizione della commedia americana. Kanin, mentre tesse,
con tutta la nonchalance necessaria, una storia davvero imbarazzante (soprattutto
per l’epoca), si prende anche il lusso di sbertucciare un istituto che si
occupa di bambini abbandonati, con la sana irriverenza di chi non si cura delle
convenzioni sociali ma va a mettere il dito proprio nella piaga.
La critica di
Kanin agli organi dell’assistenza sociale ci sta tutta, anche perché, fatta
nella bonaria ottica della commedia, non scalfisce l’opera meritoria di queste
organizzazioni ma prende di mira soltanto certi comportamenti di quegli
impiegati che, con zelo malriposto, ne tradiscono gli intenti. E tutto questo è
soltanto inerente allo spunto che dà origine alla concatenazione di eventi che
si svilupperanno poi nel solco collaudato della commedia americana, trascinando
lo spettatore nelle bizzarre vicissitudini dei protagonisti. Prima di parlare
dei quali, che va detto sono uno dei cardini portanti su cui poggia la
funzionalità della pellicola, va ancora dato merito al regista che imprime
subito un carattere ironico ma al contempo acuto al suo film. Il lungometraggio
si apre su una ripresa aerea che poi si scopre essere semplicemente un vista su
una sorta di plastico: come dire, attenti a quello che guardate, non sempre le
apparenze sono veritiere.
Cosa confermata pochi istanti dopo quando il vecchio industriale J. B. Merlin (il solito
grande Charles Coburn) annuncia il regalo di Natale per i propri dipendenti,
insieme al quale fa però recapitare la lettera di licenziamento per alcuni di
loro, tra cui la povera Polly. E, al di là del messaggio sulla ingannevole
natura del pacco dono, nel gioco ad incastri della commedia, questo elemento ha
una sua funzione anche narrativa, a testimonianza del raffinato lavoro in sede
di scrittura del testo. Coburn fornisce una prestazione da par suo e, seppur
latitando nella fase centrale del lungometraggio, è fondamentale nel forzare lo
stallo e far concludere la storia.
Prima della prevedibile e lieta soluzione
finale, infatti, gli equivoci e gli scambi di ruolo si sono sommati a tal punto
che, se per tutto il film non si sa chi sia il padre del bambino (e anche la
madre naturale, in ogni caso), nel finale abbiamo due padri dichiarati, un padre
inevitabilmente predestinato (David Niven nei panni di David Merlin) e un nonno (Merlin senior) ostinatamente
convinto. Tutti logicamente falsi. Niven,
nemmeno trentenne, era già il David Niven che tutti conoscono e la sua
prestazione in Situazione imbarazzante
è esattamente quella che ci si può aspettare da lui, (considerando la giovane
età). Merlin jr è un elegante borghese di ispirazione aristocratica, che ama
spendere il suo tempo divertendosi piuttosto che aiutare il più pragmatico
padre a far funzionare l’azienda di famiglia. E, soprattutto, non pare per
nulla intenzionato a mettere la testa a posto, ovvero farsi una famiglia con
tanto di erede maschio per il patriarca di casa Merlin.
Se Coburn è il solito
asso e Niven svolazza per la pellicola, il vero perno del film è però Ginger
Roger. Ginger è un’attrice certamente professionale ma, più che altro, unisce
fascino e bellezza (elementi indispensabili al cinema) ad una carica umana e
umoristica che la rende perfetta per la commedia. La sua gamma espressiva, i
suoi sguardi, le sue alzate di spalle, le sue battute spesso taglienti, le
permettono di passare attraverso ogni situazione (anche quella imbarazzante del film) senza perdere un
filo di eleganza. Ma Ginger Rogers, come del resto la Polly del film, non è una
bellezza aristocratica; la sua è l’eleganza più vera, quella più autentica e
meno sofisticata. Quella della classe operaia che, nel suo caso, sembra davvero
aver trovato alloggio in paradiso.
Ginger Rogers
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