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sabato 7 dicembre 2019

GLI ULTIMI GIGANTI

465_GLI ULTIMI GIGANTI (The Last Hard Men); Stati Uniti, 1976Regia di Andrew V. McLaglen.

Il regista Andrew V. McLaglen, non poteva che essere uno specialista del genere western, essendo figlio di quel Victor McLaglen che ricordiamo, tra gli altri ruoli, come il sergente Quincannon nei film della cavalleria di John Ford. E pare che fu appunto frequentando i set del grande maestro americano che il giovane McLaglen fece conoscenza con il mondo del cinema, per arrivare alla sua prima regia, un western, manco a dirlo, Il vendicatore dell’Arizona, nel 1956. Per completare il pedigree western di questo regista bisogna anche aggiungere che diresse nientemeno che cinque film di John Wayne, di cui quattro ambientati nell’epoca della conquista del west. Insomma, Andrew V. McLaglen non era uno sprovveduto, in fatto di western, sebbene vada riconosciuto che non abbia mai dimostrato una stoffa d’autore particolarmente pregiata. In ogni modo, con i presupposti elencati, e con le sue indubbie qualità professionali, questo figlio d’arte era in grado di cavar fuori quasi sempre un film onesto e godibile. L’impostazione classica, che gli derivava dal suo trascorso, rimarrà comunque in parte visibile anche in film tardi, per il genere, come Gli ultimi giganti, perlomeno nella messa in scena o nella scelta della fotografia. Quello che verte sullo scontro tra il capitano Burgade (Charlton Heston) e Provo (James Coburn) è un western crepuscolare dove lo stadio ormai terminale del genere è incarnato dalle figure dei protagonisti che sono due vecchi nemici decisi a saldarsi il conto reciprocamente. 

La violenza di alcune situazioni e la presenza di personaggi davvero sgradevoli tiene conto delle innovazioni degli spaghetti western nel genere, ma McLaglen si mantiene, in definitiva, entro canoni abbastanza consoni alla tradizione. Già l’impostazione che poggia su due attori come Heston e Coburn è una garanzia: se il primo è il solito eroe del west tutto d’un pezzo che non si rassegna alla vecchiaia, il secondo è uno spietato mezzosangue che trasuda malsano carisma da ogni poro della pelle. 

La presenza di Barbara Hershay (è Susan, la figlia di Burgade), con la sua bellezza moderna, è un elemento che fa deragliare un po’ la storia oltre i limiti, quando Provo la concede in pasto ai suoi scagnozzi per provocare e far uscire allo scoperto il rivale. Tuttavia il regista se la cava col mestiere e le scene, pur se piuttosto violente e scabrose, non scadono mai nel gratuito. Nel finale, in ossequio all’istruzione classica di McLaglen, tutto si ricompone, ma non certo senza profonde cicatrici. Ma è il meno che possa capitare al western e in un western nel 1976. 




Barbara Hershey







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