478_VITA IN CAMPAGNA (Them Thar Hills); Stati Uniti, 1934. Regia di Charlie Rogers.
Un cortometraggio divertente, questo Vita in campagna, che ha come pretesto narrativo
il fatto che Stanlio e Ollio devono andare fuori città per via della gotta di
cui soffre il secondo. Arrivati, non si accorgono che alcuni contrabbandieri d’alcolici in fuga hanno versato dell’acquavite nel pozzo situato nel luogo della loro sosta. Prevedibilmente, i nostri scambieranno le caratteristiche alcoliche del liquido che preleveranno dal pozzo come proprietà dell’acqua
di montagna. Del resto, da ubriachi, combineranno guai non molto differenti da quando sono sobri. Nonostante si tratti di un cortometraggio, come importanza, Them Thar Hills, questo il titolo
originale, non è un capitolo secondario nella filmografia della coppia. E’ uno
degli ultimi loro corti e in esso si possono vedere sviluppati in modo già
compiuto gli stilemi del loro cinema. Naturalmente l’aspetto più rilevante, se
si paragona il loro modo di fare cinema alla tradizione di allora,
è il cosiddetto slow-burn. Le comiche
del muto, così come le slapstick comedies,
erano spesso caratterizzate da un ritmo forsennato, che raggiunse non a caso l’apice
negli indiavolati ruggenti anni venti.
Le stesse riprese accelerate enfatizzavano l’effetto comico: il concetto era
che la velocità faceva deragliare la routine, con una perdita del controllo di
quanto andava accadendo, scatenando così l’ilarità del pubblico. Era una
comicità che consumava rapidamente gags e situazioni che, divenendo ripetitive, perdevano inevitabilmente di efficacia, essendo l’imprevedibilità degli
sviluppi il loro maggior combustibile.
Ed era per altro una comicità perfetta per
il periodo in cui si viveva a perdifiato, giusto prima del crollo del 1929 che
mise fine (almeno temporaneamente) a questo dissennato stile di vita. La
modernità del linguaggio di Stanlio e Ollio, che si affermarono come i migliori
artefici di un nuovo tipo di comicità, era che l’elemento imprevedibile perdeva
importanza. E’ chiaro sin da subito cosa potrà succedere, nel momento in cui il
personaggio di Charlie Hall lascia sua moglie (Mae Busch) in compagnia di
Stanlio e Ollio accanto ad un pozzo pieno di acquavite. Ciononostante il
racconto è spassoso, e il godimento è enfatizzato proprio dalla prevedibilità
di ciò che sappiamo, grosso modo, andrà ad accadere. Il titolo originale, Them Thar Hills, suona un po’ come tit for tat, un modo di dire in lingua
inglese che significa all’incirca occhio
per occhio o pan per focaccia. Che
è un altro dei metodi con cui si sviluppa la storiella raccontata: anche in
questo caso nel solco di una prevedibilità per cui ad un’azione è legittimo
attendersi una reazione. Questo aspetto verrà reso esplicito nel successivo
cortometraggio, intitolato appunto Tit
for tat (1935, nella versione italiana Questione
d’onore) che è una sorta di sequel di Them
Thar Hills.
Insomma, venti minuti che ne valgono almeno il triplo.
Mae Busch
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