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domenica 11 febbraio 2024

UN CERTO HARRY BRENT

1436_UN CERTO HARRY BRENT . Italia 1970; Regia di Leonardo Cortese.

Direttamente dal periodo aureo della televisione italiana – di stato e non – arriva lo sceneggiato Un certo Harry Brent per la regia di Leonardo Cortese. Al tempo, nel 1970, il film televisivo fu un vero successo – uno dei tanti che la Rai mise in onda – in un periodo in cui gli sceneggiati erano tra le migliori produzioni del Belpaese. Pur essendo limitata nel budget rispetto al cinema, la televisione aveva ormai consolidato i suoi stilemi e le riduzioni per il piccolo schermo sono tra le cose migliori che si possono guardare ancora oggi. All’origine di Un certo Harry Brent c’è un romanzo di Francis Durbridge, su cui si mise al lavoro il valente Biagio Proietti all’adattamento, aiutato nella sceneggiatura da Franca Cancogni. Già il termine in uso per definire queste produzioni televisive è indicativo di come la preparazione scritta di questi film fosse determinante, ma la complessità dell’intrigo in Un certo Harry Brent rende doveroso segnalare il prezioso contributo degli autori in questa fase di lavorazione. Successivamente, la regia di Cortese è discreta, come si conviene agli sceneggiati, ma attenta e, tutto sommato, attiva. In ogni caso, come da tradizione, la funzionalità del racconto visivo è affidata alla capacità degli interpreti, che anche stavolta non deludono. Considerato la complessità della trama, lo sceneggiato comincia in modo un po’ circospetto, sebbene sin dalle prime battute, con i ripetuti incontri e sguardi tra Harry Brent (Alberto Lupo, eccellente) e Barbara Smith (Stefanella Giovannini), alimentino una sottile inquietudine. Cosa c’è, tra questi due personaggi, che poi apprendiamo non conoscersi? E’ solo galanteria da blando casanova, quella di Harry? Il primo episodio, con i tanti personaggi che devono ritagliarsi il loro spazio, potrebbe scivolare via risultando più di introduzione che altro. Se non fosse che c’è subito un omicidio, a sangue freddo e totalmente inaspettato, a far esplodere quella tensione che, sottilmente, già il costante rincontrarsi nelle scene di apertura tra Harry e Barbara, aveva cominciato a seminare. SevenOakes, paesino britannico, Harry arriva nell’ufficio di Mister Fielding (Carlo Bagno), dove la sua fidanzata Susan Bates (Barbara Giannotti), si è appena dimessa. A sorpresa, torna sulla scena Barbara Smith, che, come detto, si era già incrociata più volte con Harry: è qui per fare domanda per prendere il posto di Susan, almeno così ha detto. In realtà, ha tutt’un altro intento: una volta a tu per tu con Fielding, la ragazza estrae una pistola e lo fredda senza batter ciglio. 

Il sorprendente omicidio spalanca la strada alla trama gialla, con l’ispettore Alan Milton (Roberto Herlitzka) che entra in azione e prende inevitabilmente campo. La posizione di Harry si fa via via sempre più critica: intanto perché Alan è l’ex fidanzato di Susan e, quindi, una certa antipatia per chi gli ha soffiato la ragazza è anche comprensibile. Ma poi, perché Barbara Smith, prima di uccidere Fielding, si era recata alla tomba dei genitori di Brent e questo mette Harry in una condizione poco chiara. Anche il comportamento dell’uomo, sempre misterioso, non aiuta, per la verità. Barbara viene alfine catturata e incarcerata per omicidio; ma, giusto in chiusura del primo episodio viene avvelenata. Non prima di aver rivelato, in punto di morte, le parole “un certo Harry Brent” rivelando, quindi, di conoscere il protagonista del racconto, sempre più inguaiato. Il secondo episodio proietta lo sceneggiato in orbita, sfruttando a dovere tutte le tracce imbastite nella puntata d’esordio. Come detto, la trama è particolarmente complessa ma Biagio Proietti ha fatto un lavorone adattando in modo efficace il testo di Durbridge, e poi il cast è ricco e di ottimo livello. In questa fase si lasciano ricordare le tante presenze femminili di notevole impatto scenico: a Claudia Giannotti e Anna Maria Ackermann (è Gladys, la barista), viste sin dal principio, si aggiungono Marzia Ubaldi – nel ruolo di Vera Stone – e Valeria Fabrizi in quelli di Sarah Miles. 

La Ubaldi è protagonista di alcune scene blandamente piccanti, che gestisce con fascino malizioso e un’adeguata presenza, ma purtroppo è tolta di mezzo dal colpo di scena finale, nel quale viene uccisa in chiusura di puntata, un po’ come accadeva alla Giovannini nel primo episodio. La Fabrizi è in forma smagliante, sotto tutti i punti di vista: dalla capacità di stare sullo schermo, all’interpretazione, all’esibizione canora di Fever (brano del 1956 di Eddie Cooley e John Davenport, portato al successo da Peggy Lee). Per la verità, la splendida Valeria è importante sin dal primo episodio, dal momento che è sua la sigla di chiusura, Un amico, un pezzo notevole (di Terry Reid e G. Giacobetti, cover di Friend degli Arrival), ingiustamente misconosciuto, eseguito con calore dalla polivalente artista. Intanto la traccia gialla si infittisce: i dubbi dell’ispettore Alan si concentrano sempre più su Harry, che è sempre più ambiguo, sebbene anche Albert Bates (Carlo Hintermann) e Peter Stone (Ferruccio De Ceresa) suscitino qualche sospetto. Sorretto da un’eccellente imbastitura alla base e dalla prestazione di un cast davvero eccezionale, Un certo Harry Brent dipana progressivamente la matassa narrativa, mantenendo un livello di interesse notevole. Soltanto verso la fine dello sceneggiato, quando comincia a filtrare qualche indizio sulla vera attività di Harry, fin lì apparentemente sempre più compromesso, la tensione tende un filo a scemare. Ma ormai Un certo Harry Brent, tanto il personaggio che lo sceneggiato, possono orgogliosamente dire: missione compiuta! 



Valeria Fabrizi 


Marzia Ubaldi 

Claudia Giannotti 

Galleria 


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