438_ATTENTI ALLE VEDOVE (It Happenend to Jane); Stati Uniti 1959. Regia di Richard Quine.
Nel 1954 era uscito It
should happen to You commedia romantica di Geroge Cukor interpretata da
Judy Holliday e Jack Lemmon. Il titolo originale di Attenti alle vedeve!, commedia di quattro anni più tarda, è It happened to Jane: un po’ come dire
che se il film di Cukor ci metteva in guardia che ci sarebbe potuto capitare
anche a noi quello che capitava alla sua protagonista, La ragazza del secolo (questo il titolo italiano) interpretata
dalla Holliday, in questo caso era invece capitato a Jane (ovvero Doris Day, la
vedova del titolo italiano). Al suo fianco, giusto per rimarcare la
similitudine tra i due film, lo stesso Jack Lemmon, che in questo caso è nei
panni di Giorgio (George in origine, ma il nome è sorprendentemente tradotto nella
versione italiana), spasimante in rassegnata perenne attesa. Il rimando nel
titolo al film di Cukor è la conferma di quanto appare sin troppo chiaro
guardando poi l’opera: al netto della romantica commedia in primo piano, Quine
vuole metterci in guardia dalle insidie della democrazia. Proprio così: la
tanto osannata democrazia è ben lungi dall’essere quel metodo affidabile ed
efficace per dispensare giustizia sociale. Al contrario: nel sistema economico
americano (e per estensione di tutto il mondo occidentale) la democrazia
presenta rischi gravissimi, che già nel film di Cukor erano messi in piena
luce. In La ragazza del secolo la
protagonista diveniva famosa semplicemente facendosi pubblicità; e diveniva una
vera celebrità, pur senza aver alcuna capacità riconosciuta. Quello che il film
di Cukor esibiva era che la teoria del consenso, alla base della democrazia, si
fonda prevalentemente sulla notorietà più che sulla valutazione specifica e
meritocratica.
La traccia politica era tenuta però in controluce dal regista di
origine ungherese, sebbene questi fosse perfettamente consapevole di questa
evidente interpretazione che si poteva trarre dal suo film. Quine, nel suo Attenti alle vedove! è invece più
esplicito: prima che la tipica curva parabolica della commedia punti di nuovo
verso l’alto dell’ineludibile lieto fine hollywoodiano, c’è il momento di crisi
e in quel preciso punto è focalizzato il nocciolo del discorso del regista. La
battaglia tra la povera Jane, allevatrice di aragoste, e mister Malone (Ernie
Kovacs), magnate delle ferrovie, aveva avuto sviluppi imprevedibili (degni di
una commedia brillante, in onestà) e la donna, ora, si trova in una posizione
simile alla Gladys Glover del film di Cukor: nel suo caso la popolarità deriva
dalla simpatia che può suscitare una vedova, sola e con due figli a carico, che
si lancia in battaglia legale contro un capitalista incallito. I risvolti
rocamboleschi, che arrivano fino ad un pignoramento da parte della donna di uno
dei treni di Malone, finiscono per alimentare la fama di Jane, che si trova
quindi contesa dai giornali e dai talk show fin nella lontana New York. La
vedova, infatti, vive nel Maine, a Cape Anne; un piccolo borgo di forte
vocazione democratica, tanto che ogni anno si tiene l’assemblea generale,
vengono discussi i temi più svariati e si vota per l’elezione del sindaco.
Tutti gli anni Aaron Caldwell (John Cecil Holm), facoltoso commerciante, viene
eletto primo cittadino, mentre
Giorgio, suo unico rivale, rimane parcheggiato
anche in questo caso in attesa del suo momento di gloria.
Ed è nell’assemblea che
Quine scopre le sue carte: lo zio Otis (Russ Brown) e Giorgio propongono di
riparare il parchimetro davanti al negozio di Caldwell, il più grosso emporio
della cittadina. Sembra una proposta di buon senso: hanno appena approvato il
bilancio degli altri parchimetri cittadini e hanno avuto un buon ricavo.
Matilda (Mary Wickes), l’acida centralinista di Cape Anne, prende la parola e
spiega all’assemblea perché, al contrario, non convenga. Il tassametro fuori
dal negozio di Caldwell agevola il commercio del sindaco, che se ne fosse
ostacolato (dal fatto che i clienti debbano pagare il parcheggio) aumenterebbe
i prezzi della sua merce. Per gli abitanti, quindi, un doppio svantaggio
economico: pagare il parcheggio e pagare di più per via dell’aumento.
Ovviamente l’assemblea approva. In democrazia, niente di più facile che il
tornaconto personale (se è comune almeno alla maggioranza) prevarichi quindi
l’applicazione dell’equità e della giustizia sociale. Ma questo non è che
l’antipasto: perché a questo punto, il sindaco Caldwell, forte dell’appoggio
dell’assemblea, fa notare a tutti come la battaglia personale di Jane, che
vorrebbe solamente veder rispettati i propri diritti, abbia finito per irritare
il boss delle ferrovie con l’intera comunità a tal punto che ora sono state
soppresse tutte le fermate della linea ferroviaria a Cape Anne. Si prospettano
quindi tempi magri per tutti, d’ora innanzi: per i commercianti che non
potranno più ricevere le merci per tempo, ma anche per i clienti, che vedranno
i prezzi innalzarsi di conseguenza.
E’ la rovina economica del paese: e tutto
per i diritti di una singola persona. E’ in questo punto che il sogno
democratico va in mille pezzi, a fronte del generale disappunto per la
situazione che viene fatto gravare, senza troppi indugi, sulle spalle di Jane,
colpevole solamente di combattere per i propri diritti. Poi, per incanto tutto
si risolve, anche se occorre ricordarsi che Attenti
alle vedove! è una commedia hollywoodiana degli anni 50 e che c’è Doris
Day. Ecco quindi che proprio da questi spunti tanto critici il personaggio di
Jack Lemmon comincia una scalata che lo porterà a diventare sindaco per la
prima volta, a chiedere Jane in moglie fino addirittura a convertire l’avido Malone a divenire un magnate, tanto che il film
si chiude in pompa magna con una parata a stelle strisce. Il lieto fine è
salvo, ma la rincorsa finale generale a gambe levate, degna di una slapstick se non proprio di una comica,
ci ricorda che, perlomeno questa parte di storia, non è da prendere troppo sul
serio.
Doris Day
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