435_CHANGELING (The Changeling); Canada 1980. Regia di Peter Medak.
Classico horror
impostato sulla casa infestata da una presenza
legata ad un episodio criminale tenuto nascosto, Changeling è un onesto film che riesce a reggere i due piani su cui
il regista Peter Medak ne intavola la struttura. In qualità di film
dell’orrore, l’opera assolve il suo scopo, con una serie di scene molto
efficaci, giocate sui classici espedienti connessi alle vecchie ville misteriose,
con porte che si aprono e chiudono da sole o rumori improvvisi e inspiegabili; non
mancano le dolci melodie, come quella del carillon, che prese fuori del loro
contesto e innestate su una impossibile coincidenza (il protagonista del film,
un musicista, ne compone una musica identica senza averla mai ascoltata) mettono i
brividi per davvero. Il protagonista citato è John Russel (un appesantito ma
ancora valido George C. Scott) un musicista che vede morire, travolte da un
camion, moglie e figlioletta, e si ritira in una gigantesca villa abbandonata
da tempo. Per la scelta poco plausibile dobbiamo considerare che l’agente
immobiliare che la consiglia al vedovo, ha le decisamente attraenti fattezze di
Claire (Trish Van Devere), onestamente nel film chiamata unicamente a metter un
po’ di grazia e bellezza. La morte della piccola figlia funge, in un certo
senso, come sorta di medium per
instaurare un legame particolare con il bambino ucciso nel passato nella casa e
che, reclamando giustizia, crea i fenomeni di poltergeist. La trama è piuttosto complessa e non tutti i passaggi
sono comprensibili al volo, ma il
film si lascia seguire grazie alle riuscite atmosfere gotiche e tenebrose. In
controluce a questa che è una classica storia di case infestate, si può leggere
una metafora politica che utilizza l’horror per una critica sotterranea alla moderna
società; come del resto accadrà sempre più spesso nel decennio appena avviato.
Joseph, il bambino ucciso, era l’erede designato di una fortuna ma era al
contempo gravemente malato e paralitico, probabilmente destinato a morire
presto; al che, per via del particolare testamento del nonno materno, il padre
del bambino avrebbe perso l’intero patrimonio. Così il genitore escogitò un
tremendo delitto, uccidendo il figlio malato, prelevandone uno di pari età da
un orfanotrofio per poi spedirlo subito in svizzera, con la scusa di curare il
piccolo dalle malformazioni. L’avvento della prima guerra mondiale costrinse il bambino a rimanere in Europa più
del previsto, ma questo fece il gioco del padre che, quando il nuovo Joseph fece ritorno perfettamente guarito, non dovette giustificare eventuali
differenze morfologiche, essendo passati molti anni.
Il giovane, una volta
ereditato a sua volta la ricchezza, divenne quello che, ai tempi della storia
narrata nel film, è un senatore democratico noto per la sua filantropia (Melvyn
Douglas). Il povero Joseph originale fu
così, non solo ucciso dal padre, ma anche derubato dell’identità, della vita, e
della possibilità di essere ricordato, e di qui la sua insoddisfazione
manifestata coi fenomeni paranormali. In soldoni,
la questione è che l’odierna ricchezza, spesso anche ostentata in virtù di una
presunta magnanimità, può fondarsi sull’ingiustizia e sul sopruso che, non
essendo la vita un film horror,
finiscono prevedibilmente per passare in cavalleria.
Ma almeno non al cinema, o almeno non sempre.
Trish Van Devere
Nessun commento:
Posta un commento