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venerdì 1 novembre 2019

CHANGELING

435_CHANGELING (The Changeling); Canada 1980Regia di Peter Medak.

Classico horror impostato sulla casa infestata da una presenza legata ad un episodio criminale tenuto nascosto, Changeling è un onesto film che riesce a reggere i due piani su cui il regista Peter Medak ne intavola la struttura. In qualità di film dell’orrore, l’opera assolve il suo scopo, con una serie di scene molto efficaci, giocate sui classici espedienti connessi alle vecchie ville misteriose, con porte che si aprono e chiudono da sole o rumori improvvisi e inspiegabili; non mancano le dolci melodie, come quella del carillon, che prese fuori del loro contesto e innestate su una impossibile coincidenza (il protagonista del film, un musicista, ne compone una musica identica senza averla mai ascoltata) mettono i brividi per davvero. Il protagonista citato è John Russel (un appesantito ma ancora valido George C. Scott) un musicista che vede morire, travolte da un camion, moglie e figlioletta, e si ritira in una gigantesca villa abbandonata da tempo. Per la scelta poco plausibile dobbiamo considerare che l’agente immobiliare che la consiglia al vedovo, ha le decisamente attraenti fattezze di Claire (Trish Van Devere), onestamente nel film chiamata unicamente a metter un po’ di grazia e bellezza. La morte della piccola figlia funge, in un certo senso, come sorta di medium per instaurare un legame particolare con il bambino ucciso nel passato nella casa e che, reclamando giustizia, crea i fenomeni di poltergeist. La trama è piuttosto complessa e non tutti i passaggi sono comprensibili al volo, ma il film si lascia seguire grazie alle riuscite atmosfere gotiche e tenebrose. In controluce a questa che è una classica storia di case infestate, si può leggere una metafora politica che utilizza l’horror per una critica sotterranea alla moderna società; come del resto accadrà sempre più spesso nel decennio appena avviato. 

Joseph, il bambino ucciso, era l’erede designato di una fortuna ma era al contempo gravemente malato e paralitico, probabilmente destinato a morire presto; al che, per via del particolare testamento del nonno materno, il padre del bambino avrebbe perso l’intero patrimonio. Così il genitore escogitò un tremendo delitto, uccidendo il figlio malato, prelevandone uno di pari età da un orfanotrofio per poi spedirlo subito in svizzera, con la scusa di curare il piccolo dalle malformazioni. L’avvento della prima guerra mondiale costrinse il bambino a rimanere in Europa più del previsto, ma questo fece il gioco del padre che, quando il nuovo Joseph fece ritorno perfettamente guarito, non dovette giustificare eventuali differenze morfologiche, essendo passati molti anni. 

Il giovane, una volta ereditato a sua volta la ricchezza, divenne quello che, ai tempi della storia narrata nel film, è un senatore democratico noto per la sua filantropia (Melvyn Douglas). Il povero Joseph originale fu così, non solo ucciso dal padre, ma anche derubato dell’identità, della vita, e della possibilità di essere ricordato, e di qui la sua insoddisfazione manifestata coi fenomeni paranormali. In soldoni, la questione è che l’odierna ricchezza, spesso anche ostentata in virtù di una presunta magnanimità, può fondarsi sull’ingiustizia e sul sopruso che, non essendo la vita un film horror, finiscono prevedibilmente per passare in cavalleria. Ma almeno non al cinema, o almeno non sempre.
      





Trish Van Devere




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