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domenica 15 settembre 2024

AMICHE ALL'IMPROVVISO

1546_AMICHE ALL'IMPROVVISO (The time of their lives)Regno Unito 2017; Regia di Roger Goldby

Dopo l’intrigante ma prevedibile ruolo nel fantasy Molly Moon e l’incredibile libro dell’ipnotismo e un cameo in Absolutely fabulous – il film, nel 2017, a quasi ottantaquattro anni, Joan Collins ritorna al cinema da protagonista. Nel film Amiche all’improvviso di Roger Goldby è Helen, una diva di Hollywood di cui ormai non si ricorda più nessuno, o quasi. Priscilla (Pauline Collins, stesso cognome di Joan, nessuna parentela), una comune casalinga con una tragedia nel suo passato, ad esempio, se la ricorda eccome. In effetti, la vita di Priscilla è ferma da una quarantina d’anni, da quanto il suo figlioletto sfuggì al suo controllo finendo annegato nel fiume. Suo marito Frank (Ronald Pickup) non l’ha ancora perdonata e non perde occasione di maltrattarla. Queste sono le due attempate donne che diverranno «amiche all’improvviso», come recita il titolo italiano del film di Goldby. Quello originale, The times of their lives, cerca invece di focalizzare l’attenzione sul fatto che queste due donne, che può sembrare non abbiano più molto da chiedere alla vita, siano giunte ai loro migliori momenti. Lo dice anche esplicitamente Helen: “voglio un’altra opportunità, e la voglio in questa vita”. Entrambe hanno rimpianti pesanti, Priscilla il figlioletto morto, Helen una figlia che ha abbandonato, ma, se il film è anche un percorso di espiazione, in realtà è perlopiù un viaggio verso il futuro. Del resto Amiche all’improvviso è prevalentemente un road movie che parte dall’Inghilterra e finisce nel sud della Francia, su un’assolata spiaggia del Mediterraneo: un sostanziale ritorno alla vita, giacché il Mare è il simbolo più potente in tal senso e non solo al cinema. Il tono del film è quello della commedia divertente e divertita, soprattutto per i sorprendenti rimandi metalinguistici che Goldby scandisce nel suo racconto. Del fatto che Helen fosse una grande attrice si è detto, ma non è l’unico: il viaggio verso il sud della Francia, ha come meta «ufficiale» il funerale di un regista cinematografico, il che non è troppo ottimista, per la verità, almeno da punto di vista metalinguistico. Helen verrà comunque soddisfatta, nel suo pretendere una nuova opportunità: quello che non aveva previsto è che l’avrà fuori dal mondo del cinema. 

Ma quello di Goldby non è certo un testo contro la Settima Arte, anche perché da un film metalinguistico sarebbe paradossale, è questo è reso evidente dallo specchiarsi delle vite delle due protagoniste. Che sono certamente diverse e opposte, come i loro caratteri, al punto da essere una il riflesso dell’altra. Non a caso, probabilmente, sono state affiancate due attrici con lo stesso cognome –ricordate? Siamo in campo metalinguistico, quindi si può utilizza il cinema in modo esplicitamente strumentale– seppure abbiano curriculum diversissimi. Ma tutte e due sono «utilizzate» dal regista non solo in fase recitativa ma anche per i significati che il loro pedigree porta in dote. Joan è l’ultima diva di Hollywood e richiama inevitabilmente il passato, la Golden Age del cinema. Pauline, assai più prosaicamente –all’opposto, insomma – ricorda qualcosa di più circoscritto, nello specifico il suo più grande successo, Shirley Valentine – La mia seconda vita, di cui Amiche all’improvviso può anche essere inteso come una sorta di remake. Lo specchiarsi delle due protagoniste del film di Goldby –due donne anziane deluse dalla vita, con un grande rimpianto nel passato e zero prospettive di felicità– ci dice di non arrenderci al pessimismo e di provare sempre a reinventarsi. Se lo fa il cinema, e l’opera ci offre alcune testimonianze –dal film stesso che è un rifacimento riuscito e diverso di un lungometraggio vecchio di quasi trent’anni, alla ottima interpretazione di due attrici non più giovanissime– a maggior ragione questo deve essere il nostro obiettivo nella vita quotidiana. E la parrucca di Helen che finisce nel mare –le parrucche sono uno dei simboli della «diva» Joan Collins– è un chiaro invito a liberarsi dei propri cliché. Nel film c’è anche Franco Nero, nei panni di Alberto, facoltoso vecchio artista italiano: oltre ad aggiungere un po’ di pepe alla vicenda, la sua presenza, e la morte del suo personaggio che sopraggiunge giusto dopo una notte romantica con Priscilla, ribadisce come anche la terza età sia un tempo per godersi la vita. E poter morire felici, come Helen cerca di convincere la compagna di viaggio che si sente di nuovo in colpa –ricordando la vicenda del figlioletto. Priscilla è una donna morigerata e coscienziosa; perfino troppo, viene da pensare. Con gli anni, questo atteggiamento diligente nei confronti della vita finisce per divenire remissivo, ingrigendo la propria esistenza. Helen ha il problema opposto: egocentrica, opportunista e scaltra al punto di divenire quasi cleptomane, la vecchia star del cinema deve cercare di tornare un po’ umana. 

Una volta espiato il suo grande rammarico –trovando per altro il rifiuto da parte di quella figlia a lungo trascurata– Helen riuscirà a cambiare vita; a suo fianco, Priscilla, che si è scrollata di dosso la sua opprimente famiglia. Questa istituzione finisce maltrattata dal racconto di Goldby, ma forse, come per il cinema, il regista suggerisce solo di non farsi schiacciare degli schemi precostituiti e di essere in grado di rinnovarla: in fondo Helen e Priscilla possono anche rappresentare un nuovo tipo di nucleo famigliare. In tutto questo, Joan Collins è ancora una volta strepitosa. Ironica, ma soprattutto autoironica, si prende in giro e prende in giro il suo cliché di mangiauomini –il personaggio di Franco Nero le preferisce l’amica, in realtà assai meno appetibile– giocando sempre «sporco» approfittando senza ritegno della propria condizione di anziana. Non è semplice valutare gli attori: ci sono interpreti capaci di trasformarsi completamente da un ruolo all’altro, e in genere questi sono molto apprezzati dalla critica. Altri, godono di una reputazione meno lusinghiera, perché il loro registro è molto simile in ogni loro interpretazione: in realtà ci sono tantissimi casi di attori bravi anche in questa categoria, ad esempio John Wayne –che nei suoi film era John Wayne e non il suo personaggio– e non venne mai molto considerato per le sue qualità di recitazione. Perfino di Clint Eastwood, ai tempi dei suoi primi western, ci fu chi disse che aveva due espressioni: col cappello e senza cappello. Per Joan Collins è stato spesso così, quando non veniva denigrata per i suoi ruoli spregiudicati, le si imputava di non fare mai niente di diverso dal suo standard. In realtà, è vero che Joan sullo schermo è sempre Joan Collins, ma è in grado di declinare il suo personaggio in modo adeguato al ruolo che deve interpretare, uscendone come sempre alla grande. In Amiche all’improvviso ne dà l’ennesima prova, riuscendo, ancora una volta, nonostante debba interpretare il non semplice ruolo dell’inacidita e egoista diva in declino, a rendere adorabile e simpatica –in una parola, attraente– una donna di ottantaquattro anni. La classe non ha età.    



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